RIFLESSIONI
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Nel settembre 1996, il gruppo P.A.U.
(progetto arte urbana) intendeva organizzare un intervento sul
ter-ritorio, precisamente nella zona di via Capo d’Africa, denominata
Rione Celio a Roma, per portare all’attenzione della collettività e
della Amministrazione Municipale il degrado urbano di elementi
abitati-vi, architettonici e storici. Giorgio Fiume, come altri artisti,
fu invitato a partecipare all’operazione e pre-sentò al gruppo il suo
progetto di intervento che aveva denominato "Concerto per un Muro",
ponendo l’attenzione su un muro risalente all’epoca romana, tuttora muro
di cinta del Parco del Celio, dimenticato al caotico traffico
quotidiano. Questo progetto si sarebbe articolato in tre azioni
principali: prima gli arti-sti del gruppo P.A.U. avrebbero composto in
una Coopera con i loro lavori una cornice che delimitasse un confine
immaginario del muro (la memoria contemporanea delimita la memoria
storica divenendo-ne parte e testimone), mentre i musicisti avrebbero
preso posizione nella scena, rivolti verso di esso con gli spettatori
alle spalle; poi, terminata la collocazione delle opere effettuata dagli
stessi artisti (come performance e presenza dell’artista in prima
persona), avrebbe letto la poesia "ode al muro", e, infine, sarebbe
iniziato il concerto (l’idea era di un concerto da camera per
sottolineare un senso d’intimità umano). Il desiderio era di rendere
omaggiata attenzione al Muro, inteso come testimone vivente della
storia, delle passioni umane, del Tempo, testimone silenzioso e passivo,
custode di prove, di avvenimenti, diario o quaderno per mani con la sola
voce di ogni scrittura. Per una serie di circostanze, tutti gli
inter-venti progettati per la zona del Celio furono rinviati, quindi
egli ripropose il progetto nel maggio del ’97, in occasione di una
rassegna d’arte multimediale che l’ass. MassenzioArte gli chiese di
progettare e cura-re in collaborazione per la terrazza en plain air del
Cafè Caruso nel quartiere storico di Testaccio a Ro-ma. Nel frattempo,
gf aveva apportato al progetto due cambiamenti: il primo riguardava la
musica perchè riteneva che dovesse appartenere al presente del progetto
quindi propose al suo amico compositore Max Alviti di partecipare al
progetto con le sue musiche e il quartetto (Max Alviti Quartet:
chitarra, clarino, contrabbasso e pianoforte), risultando un intervento
di musica contemporanea d’autore. Il secondo, di fondamentale
importanza, fu che il muro si trasformò in una INSTALLAZIONE MODULARE.
Fiume invitò gli artisti del gruppo PAU ed altri, anche di nazionalità
diverse, ad elaborare uno o più mattoni-moduli o-gnuno, attenendosi a
delle indicazioni precise sulle misure e i materiali di supporto.
Era l’8 maggio 1997, aria calma, cielo incerto, la solita tensione della
prima, e la serata del "Concerto per un Muro" iniziò con l’azione
performativa degli artisti partecipanti che portavano i mattoni sul
palco e ponendoli uno sopra l'altro costruivano il Muro, nel contempo si
confrontavano nelle diverse estetiche o tecniche, sia sulla collocazione
migliore di ciascun modulo, ecco così la necessaria presenza
dell’Artista in prima persona nella trasformazione di una società più
attenta all’importanza di una giusta armonia tra essenza individuale e
sociale, (rappresentava al momento il fine prioritario per molti
artisti), ed a confer-ma di questo, nel piccolo set della terrazza del
Caffè Caruso fu il Caos totale: grida, bisbiglii, risate, mo-duli che
cadevano, discussioni, un calpestio continuo. Poi nella confusione che
andava diminuendo, i mu-sicisti presero posto, il silenzio fu quasi
improvviso, fu letta Ode al Muro, quindi iniziò la musica. Il momento
era emotivamente carico: dopo il Caos era Armonia. E’ stato proprio un
bel momento. Oggi sono previste tre possibilità di esposizione a Roma,
ma sarebbe desiderio, esporre il Muro (nella sua forma completa di
performance "Concerto per un Muro") in altre città d’Italia e d’Europa
in modo che ad ogni esposizione possa aumentare la valenza
multi-espressiva con l’apporto di altri artisti, a testimoniare
dell’unione di energie che nella loro stessa diversità, possono
contribuire affinché l’Essere Umano tenti ancora di ricondursi ad un
giusto equilibrio con il Tutto e di credere maggiormente nella pro-pria
capacità di amare nel giusto.
Roberto Piada, (Roma
maggio 1997)
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