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Beni Culturali - Storia Curiosità Miti e Leggende
INDICEsommario




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San Filippo Neri - san Trofimo
Via Giulia

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Chiesa sant'Eligio degli Orefici
Via di sant'Eligio, 8/A

È possibile visitare la chiesa di Sant’Eligio degli Orefici
sede dal 1509
dell’Università degli Orefici Argentieri dell’Alma Città di Roma.

Dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle ore 13
previa prenotazione allo 06/6868260

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Museo Criminologico

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ITINERARI
Due chiese “minori” abbandonate all’incuria

I ponteggi che sono serviti per il restauro delle otto arcate del Colosseo, che guardano verso via Labicana, non ci sono più. Il lavoro d’iniezioni a base di resine e l’inserimento di tiranti e barre d’acciaio è terminato. Si è concluso anche il lavoro di consolidamento e protezione dell’Arco degli Argentari, dei Templi di Vespasiano e di Saturno, della Colonna di Foca e di altri monumenti: il «maquillage» è terminato.
Ma molti altri edifici hanno bisogno di immediati lavori di consolidamento per non mandare perduto un patrimonio architettonico «minore».
La chiesa dedicata a san Filippo Neri (chiamata san Filippino per le sue piccole dimensioni) è una di queste sfortunate testimonianze. Una chiesa del 1728 con una superba facciata rococò del Raguzzini (l’influenza borrominiana è lapalissiana) in via Giulia, quasi di fronte alle Carceri «Nuove», ora Museo Criminale, dedicata in origine a san Trofimo ed in seguito al compatrono di Roma san Filippo Neri.
La chiesetta è parte integrante di un edificio che in tempi remoti ospitava il conservatorio (convitto) delle povere zitelle ed un piccolo ospedale per sacerdoti infermi e indigenti.
Tutto il complesso architettonico fu voluto e finanziato da in guantaio fiorentino, Rutillo Brandi, penitente e devoto prima di san Trofimo poi di S. Filippo Neri.
L’edificio, mutilato posteriormente forse per far posto all’ambizioso progetto di un’asse di transito tra il Gianicolo e la chiesa Nuova con una scalinata che abbatteva Regina Coeli per poi aprire un varco tra i palazzi sino alla chiesa Nuova, servito in seguito solo come deposito per il mercato rionale, ora appare con il portone seminascosto da una cortina di mattoni e attraverso le finestre, che non sono murate, si possono intravedere tendaggi laceri, finestre in bilico, persiane cadenti, il solo atterraggio di un piccione può provocare l’inatteso rotolare di calcinacci sul selciato.
Un triste futuro prospetta questo piccolo gioiello rococò, che dovrebbe ancora conservare l’immagine di un crocifisso in rilievo dell’arte medioevale proveniente dalla basilica vaticana e che sicuramente ospita gatti, topi e alberi.
Proseguendo per via Giulia si incontra sant’Eligio degli Orefici, una piccola chiesa che rischia di condividere il destino del san Filippino.
È una chiesa rinascimentale che vanta nobili padri, Raffaello la progettò e iniziò i lavori e Baldassare Peruzzi la portò a termine insieme a Aristotele da Sangallo. La facciata originaria crollò nel 1601 e fu rifatta nel 1620 da Giovanni Maria Bonazzini, completando i disegni di Flaminio Ponzio.
Una pianta a croce greca e l’area della cupoletta piena di luce, gli archi e la splendida nudità delle pareti, sono l’esaltazione dell’ingegno architettonico dl Raffaello. È l’umidità il nemico di questa piccola chiesa.
L’essere adiacente al Tevere ha reso necessario molti interventi di restauro. Se si vuole che il destino di sant’Eligio sia diverso da quello di una chiesetta abbandonata e dimenticata, sarà necessario un’ulteriore ed energico intervento di restauro per arginare l’umidità e le infiltrazioni d’acqua.
Per visitarla basta suonare al portone a fianco tutti i giorni feriali, tranne il mercoledì e il sabato, dalle ore 10 alle ore 12 e un gentile custode vi esaudirà.

di Gianleonardo Latini
da il manifesto – cronaca romana
del 21 settembre 1986

Epilogo
Sono passati degli anni e il transito dal Lungotevere a via Giulia è ostruito da interminabili lavori per un parcheggio sotterraneo ed ora il complesso del san Filippo Neri (san Trofimo) è stato trasformato in un condominio di lusso, mentre la chiesa ospita lo studio d’architettura Magnaghi.