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LE FORZE ARMATE NELL’ANTICA ROMA 4
L’ultimo esercito che può definirsi romano fu quello di Giustiniano,
imperatore d’Oriente di stirpe illirica e di lingua latina, che con i
generali Belisario e Narsete riconquistò all’impero l’Africa del Nord e
l’Italia; poi sopravvenne la grande crisi del VI secolo con le invasioni
di Arabi e Longobardi. Da esse l’impero d’Oriente riemerse, sia pure
molto ridimensionato ma ormai era bizantino e non romano. Le legioni
ormai marciavano nei cieli della gloria e della memoria.
Accanto a loro vanno ricordati altri corpi militari: i pretoriani, al
comando del praefectus praetorii, furono la guardia imperiale a piedi,
costituiti da Augusto con elementi di origine italica, furono alloggiati
da Tiberio nei Castra Praetoria, ebbero dagli imperatori privilegi e
buoni stipendi ma più volte si rivelarono infidi ribellandosi ed
uccidendo il loro sovrano; all’inizio del III secolo Settimio Severo vi
arruolò anche i provinciali ma nel 312 d.C., avendo parteggiato per
Massenzio, furono sciolti da Costantino che li sostituì con i
protectores domestici; analoga sorte toccò alla guardia a cavallo, gli
equites singulares.
Per la sicurezza di Roma, Augusto costituì alcune coorti urbane con
compiti di polizia e dipendenti dal praefectus urbis e sette coorti di
vigiles dipendenti dal praefectus annonae con compiti corrispondenti a
quelli dei nostri vigili urbani e vigili del fuoco; erano sparsi nelle
14 regioni in cui era divisa Roma, ed un loro excubitorium, corpo di
guardia, è stato ritrovato in Trastevere. Questi corpi non sono più
citati dalle fonti nel tardo impero.
Per quanto riguarda la marina possiamo constatare che ebbe una storia
intermittente in quanto ci furono periodi in cui prese parte ad eventi
di grande importanza strategica e periodi in cui la sua attività fu
modestissima. Livio ci parla di due trattati con Cartagine nel 509 e nel
348 a.C. segno che un’attività marittima romana già esisteva; i primi
scontri navali si ebbero con Anzio intorno al 338 ed i rostri delle navi
catturate furono collocati nel Foro in una tribuna che ebbe poi il nome
di Rostra. Nel 312 furono creati i duumviri navales e nel 280 ci furono
scontri con Taranto; nel 264 iniziarono le Guerre Puniche che videro uno
sviluppo eccezionale della flotta romana che raggiunse le dimensioni di
centinaia di unità. Per centoventi anni Romani e Cartaginesi si
affrontarono duramente sino al completo annientamento della città
punica.
L’imperialismo romano cominciò a dilagare nel Mediterraneo, supportato
validamente dalla flotta, e ben presto Spagna, Provenza, Nord Africa,
Illiria, Grecia, Asia Minore caddero sotto il dominio di Roma. Però la
città dovette, intorno al 70 a.C., sopportare l’umiliazione di essere
tenuta in scacco dai pirati, specialmente cilici. Abili marinai,
provenienti da paesi rivieraschi poveri, si annidavano nelle isole e in
baie remote uscendone per saccheggiare flotte mercantili e città
costiere. Pompeo Magno li affrontò e li sconfisse anche se la pirateria,
allo stato endemico, non scomparve dai mari, intensificandosi anzi nei
momenti di crisi. L’ultimo periodo di grande importanza della marina fu
quello delle Guerre Civili, alla metà del I secolo a.C.; Cesare e Pompeo
utilizzarono più volte la flotta, Ottaviano sconfisse ad Azio, nel 31,
Antonio e Cleopatra e poco dopo a Nauloco Sesto Pompeo.
In occasione di quest’ultima campagna fu militarizzata la costa campana
vicino a Pozzuoli; un complesso navale di grande importanza fu
impiantato tra i laghi di Lucrino e d’Averno nei Campi Flegrei: furono
costruiti magazzini, banchine, arsenali, cisterne in parte ancora
riconoscibili. Ristabilita la pace Augusto riordinò la marina formando
due flotte, una con base a Capo Miseno per il controllo del Mediterraneo
Occidentale, l’altra a Classe, vicino Ravenna, per quello Orientale.
Circa il tipo delle navi non abbiamo notizie certe anche se disponiamo
di immagini in bassorilievo e in dipinti. Evidenti errori di prospettiva
e di proporzioni ci impediscono di farci un’idea chiara sulla tipologia
dei natanti; è singolare poi che, mentre sono stati ritrovati relitti di
navi da carico, onerariae, non sono mai stati trovati resti di navi da
guerra. Gli autori antichi parlano di biremi, triremi, quinquiremi, di
navi leggere dette lembi e liburniche, ma non sappiamo come fossero
sistemati i vari ordini di remi e come fossero disposti i rematori alla
voga. La propulsione a vela, una sola, piccola e a forma quadrata, era
usata per la navigazione; per il combattimento la spinta era a remi con
voga sforzata tentando di speronare la nave avversaria o di fracassarne
i remi; in molti casi si giungeva all’arrembaggio con combattimenti
corpo a corpo.
Gli equipaggi erano costituiti da tre diverse categorie di uomini: i
rematori, generalmente schiavi, i marinari addetti alla manovra sotto la
guida del navarco e di altri ufficiali, un reparto di soldati di
fanteria di marina, i classarii, considerati di rango inferiore rispetto
alla fanteria legionaria. La navigazione era generalmente a breve raggio
in quanto era impossibile conservare a bordo acqua e provviste a
sufficienza per l’intero equipaggio per molti giorni.
Mancando di avversari la marina imperiale andò perdendo la sua
importanza riducendosi ad una forza di appoggio tattico dell’esercito e
ad un compito di polizia marittima; furono costituite flottiglie
fluviali su Reno e Danubio per sorvegliare e contrastare i barbari e
piccole flotte nel Mar Nero e nel Mare del Nord per impedire scorrerie
di Sassoni e Frisoni contro Britannia e Gallia del Nord. Nella generale
decadenza del V secolo la marina, molto costosa, lentamente disparve ma
le sue tradizioni furono riprese dalla flotta bizantina e da quelle
delle città marittime dell’Italia Meridionale che fino all’XI secolo
dominarono il Mediterraneo in continuo contrasto con gli Arabi. Per
tredici secoli forse qualche milione di uomini si fregiò dell’onorato
titolo di “soldato Romano” e molti di loro caddero combattendo, per
malattie, per disagi, per tener fede al loro giuramento. Le Forze Armate
Romane, soprattutto l’esercito, sono state per secoli oggetto di grande
stima per la loro disciplina, organizzazione, amor patrio e fra tutte
quelle dell’antichità hanno lasciato il ricordo più imperituro e
ammirato.
Roberto Filippi
(fine)
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