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2005

Bordline - Riflessioni
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Sommario


LE RIFLESSIONI DI MARCO






 

CORAZZE

In una lettera ad un giornale (Metro, 28.1.05) avevo fatto notare che sull’elicottero AB-412 dove il mar. Cola è stato colpito a morte, la mitragliatrice di bordo non era scudata. Non era cioè protetta da una comune piastra di acciaio saldata normalmente al supporto dell’arma. Ed essendo l’elicottero in questione tutto aperto nella parte centrale, come ai tempi del Vietnam, la posizione del mitragliere è molto esposta. E’ vero che le scudature pesano e in clima caldo un elicottero ha lavoro maggiore, ma per salvare la vita al nostro soldato sarebbe bastata una normale piastra di acciaio. Tutto questo prescindendo dall’arrivo dei due costosissimi elicotteri da combattimento Mangusta, che rispetto al vecchio AB-412 sono dei carri armati volanti. Ma vengo ora a sapere dal forum dei carristi italiani (www.ferreamole.it) che le blindature supplementari del nostro carro armato Ariete in Iraq sono state aggiunte artigianalmente in loco dai nostri soldati. Non che l’Ariete sia un cattivo mezzo, ma evidentemente era stato pensato per una guerra offensiva, non di logoramento. Ma siccome chi sta al fronte deve pur sopravvivere, allora si chiama il fabbro o ci si arrangia. Ma guai a dirlo: gli elicotteristi che alcuni mesi fa si erano lamentati di alcune carenze tecniche nella strumentazione sono stati puniti e il ministro della Difesa, on. Martino li aveva definiti “cattivi soldati”.

Ma si dirà: l’esercito italiano vive al di sopra dei propri mezzi e la nostra missione in Iraq è un buco nero. Ebbene, anche l’esercito americano – il più potente della terra – ha problemi simili. Un’unità della Riserva si lamentava per la mancanza di blindature supplementari che i soldati dovevano applicare ai carri da soli, recuperando i pezzi dalle discariche e dallo sfascio di altri mezzi corazzati. E’ vero che di regola un reparto di riservisti è armato meno bene di un reparto di linea, ma allora perché mandarlo proprio al fronte? Perché le forze non bastano mai. Tutto questo è venuto a galla perché un soldato americano in Iraq – un riservista - ha direttamente affrontato la questione davanti al segretario di Stato Rumsfeld. Orgogliosa e sprezzante la frase di quest’ultimo: "You go to war with the Army you've got..." ("La guerra si fa con l'esercito che ci si trova"), pronta e coraggiosa quella del Riservista: "YOU go to war with the army we've got" ("Falla TU la guerra, con l'esercito che ci troviamo") .

A ben vedere, c’è sempre un motivo. Anche supponendo che il legame operativo fra forze militari sul terreno e burocrazia militare sia ottimo (cosa che di regola non è mai), la forte richiesta di acciaio balistico per la guerra in corso non può essere soddisfatta interamente e in tempi brevi dall’industria siderurgica americana. Le motivazioni sono varie e riguardano un po' tutto il meccanismo (piuttosto complicato) dell'approvvigionamento di materiali militari da parte degli USA. Non ultimo, gioca anche un suo ruolo la carenza di acciaio speciale per le corazzature. L'unico produttore rimasto negli USA (tutti gli altri hanno chiuso per via della concorrenza estera) lavora pare a pieno ritmo, cosa che non è sufficiente a coprire la domanda attuale. Si deve quindi recuperare sul mercato estero l'acciaio necessario, cose che non è sempre facile né veloce. In questo caso ci si rivolge alla più tradizionale industria canadese. Il settore siderurgico è infatti un comparto non più d’avanguardia, lo dimostra da noi la crisi delle acciaierie di Terni. Il risultato finale è la carenza di materiali relativamente economici e di lavorazioni a bassa tecnologia. Come si vede, i nostri soldati sono in buona compagnia.

Marco Pasquali
3 febbraio 2005