LE RIFLESSIONI DI
MARCO
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SIMBOLI DI GUERRA E INTERNET
Al di là di un giudizio morale, le ultime immagini dall’Iraq e dintorni
hanno un fortissimo valore simbolico. Parlo di due immagini
assolutamente emblematiche: la soldatessa americana che porta al
guinzaglio l’iracheno nudo e il cittadino americano decapitato. In
entrambe le immagini c’è un palese intento esibizionistico e nulla è
stato fatto di nascosto: anche quella che si riteneva una bravata da
caserma si è rivelata invece una tessera di un sistema di potere
generalizzato e tollerato, se non addirittura incoraggiato. Entrambe le
immagini sono forti ed hanno provocato un impatto emotivo difficilmente
valutabile oggi, ma sicuramente devastante e duraturo. Ma quello che più
sorprende è che anni di cultura dei mezzi di comunicazione di massa
abbiano invece generato un tale analfabetismo di ritorno. Come non
mettere in conto la possibilità che le stesse immagini, una volta
diffuse, abbiano su culture diverse un impatto totalmente diverso e si
rivelino un boomerang? Com’è possibile tanta irresponsabilità?
Analizziamo le due serie di immagini. La soldatessa Lynndie è
visibilmente soddisfatta, il prigioniero umiliato. Di lei conosciamo le
origini e la storia, è una ragazzotta del West Virginia (come dire da
noi l’Abruzzo degli anni Trenta) che neanche era assegnata a quel
reparto. Poco invece sappiamo dei suoi ufficiali che non hanno voluto o
saputo controllare o semplicemente approvavano il Sistema: al Washington
Post sono arrivate almeno 12.000 immagini, più i video. Su certa stampa
americana la foto è stata addirittura definita femminista: l’ultima
vittoria della donna sul maschio padrone? Sicuramente c’è una parte
dell’America che approva quella foto o semplicemente non ne prova
disgusto, ma per i più quell’immagine rappresenta solo il peggio di noi
stessi. Ma se noi ci sentiamo a disagio, un musulmano è più che
angosciato: per noi la nudità è ormai quasi normale, ma l’idea che un
uomo resti nudo è offensiva per la dignità islamica molto più che per la
nostra. Ancora: esser menati a guinzaglio ricorda pure qualcosa a
società che hanno praticato ancora in tempi recenti lo schiavismo. Ma
soprattutto, che a farlo sia una donna scatena nel cervello di un
maschio islamico un’angoscia di castrazione difficilmente valutabile con
i nostri parametri culturali. Ricordo ancora nel 1991 alla Mostra del
cinema di Venezia l’impatto emotivo che ebbe sul pubblico islamico un
documentario sull’addestramento delle soldatesse americane. La sola idea
che una donna invece che debole e sottomessa facesse invece la guerra
era per loro uno shock. Per questo è facile dire con certezza che la
soldatessa Lynndie incomberà come uno spettro per gli anni a venire in
entrambe le culture, sia pure con motivazioni diverse.
E passiamo invece alla decapitazione del cittadino americano, pendant di
un’analoga esecuzione di un russo a colpi di ascia. Trovo emblematico
che Al-Jazeera, in genere così generosa di foto di civili uccisi dagli
alleati, non abbia voluto divulgare il video che invece abbiamo
recuperato via internet da altri siti, come non ha divulgato le immagini
dell’esecuzione del nostro cittadino italiano. Ma chi ha visto quel
video, prima ancora di inorridire, si è meravigliato di come si taglia
una testa con la scimitarra. Normale: quello che viene mostrato sulla
pubblica piazza nello Yemen o in Arabia Saudita è per noi un’esperienza
di cui si è persa anche la memoria. Ma chi ha tagliato quella testa non
si è sentito un barbaro, anzi è fiero di quello che ha fatto. Si è fatto
riprendere proprio perché quell’immagine venga diffusa in un ambiente
per lui è ricettivo. Ma esattamente come la soldatessa Lynndie, la corda
se l’è fabbricata da solo.
Infine un’ultima considerazione: la centralità raggiunta da Internet. I
giornali e le televisioni di entrambe le parti hanno cercato di
censurare le immagini per loro controproducenti, ma chi ha voluto e
saputo cercare in rete le immagini proibite o tremende lo ha fatto senza
troppa fatica, rimbalzate com’erano da un sito all’altro senza che
partissero denunce dal Garante. Ma siamo appena agli inizi.
Marco Pasquali
14 maggio 2004
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