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LA MEDUSA DEI TABACCAI Nei Musei Capitolini è vietato fumare ma il tabacco è riuscito ad entrarvi grazie alla sponsorizzazione da parte della Federazione Italiana Tabaccai del restauro di un’opera celebre: la Medusa. Si tratta di un busto rappresentante una donna con una selva di serpi al posto dei capelli ed è l’effigie della celebre Gorgone che aveva la capacità di impietrire coloro che la guardavano. Secondo la mitologia Perseo la indusse a specchiarsi in uno scudo bronzeo levigato e così Medusa si trasformò in pietra e l’eroe greco gli tagliò la testa fissandola come insegna sul suo scudo. L’episodio è stato rappresentato innumerevoli volte in dipinti, bassorilievi, vasi dall’arte greca quasi ai nostri giorni, un esempio è la celebre Medusa del Caravaggio, ora agli Uffizi, dipinta su un grande scudo. Nel nostro caso si tratta di un’opera attribuita concordemente al Bernini sia pure in completa assenza di fonti documentarie che lo provino. La scultura appare citata per la prima volta nel 1734 in un inventario dei Musei Capitolini come dono da parte del Marchese Francesco Bichi Conservatore nel 1731 e marito di una nipote del Papa Clemente XII Corsini. Solo nell’inventario del 1817 di Agostino Tofanelli viene indicata come opera del Bernini e da allora così conosciuta in tutte le guide. E’ ignoto come sia pervenuta al Bichi anche se si pensa che possa aver fatto parte del patrimonio familiare. Il busto accompagnato da un bellissimo piedistallo in marmi antichi colorati reca la data 1731 ed un’aulica iscrizione che lo dice opera di un celeberrimo, sia pur ignoto, scultore. Da allora la scultura fu sistemata nella Sala ora detta “Delle Oche”, un tempo “dell’Udienza”, con altre celebri opere, un dipinto allora ritenuto di Raffaello e un busto creduto autoritratto di Michelangelo, in realtà la critica moderna valuta il quadro come copia da Francesco Penni e attribuisce il busto a Daniele da Volterra; in ogni caso l’aver situato la Medusa in quella sala dimostra la considerazione in cui era tenuto all’epoca l’autore. L’attribuzione al Bernini nasce dall’analisi stilistica dell’opera che richiama fortemente il modo di scolpire del grande artista; c’è incertezza sulla datazione in quanto alcuni la individuano nella metà del ‘600 allorché il Bernini, durante il pontificato di Papa Innocenzo X Pamphilj, fu allontanato dalla grande committenza, avrebbe quindi scolpito la Medusa per diletto, “per suo uso e gusto”, e non su commissione. Secondo altri la datazione dovrebbe essere anticipata agli anni trenta del ‘600 e la Medusa avrebbe costituito una coppia, come l’Anima Dannata e l’Anima Beata ora all’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, con un busto, ora al Bargello, di Costanza Bonarelli, amante poco fedele dell’artista, rappresentanti rispettivamente la bellezza e l’orrore. E’ comunque un lavoro stupendo in cui l’artista coglie l’attimo in cui la Gorgone capisce di stare per trasformarsi in pietra e la sua smorfia di angoscia si manifesta attraverso la bocca semi spalancata e le ciglia fortemente aggrottate. Si tratta sicuramente di una delle più belle opere che giunsero agli appena costituiti Musei Capitolini grazie all’opera del Papa, del Cardinal Nipote Neri Corsini e del loro consulente culturale Giovanni Gaetano Bottari animatore dei circoli artistici della Roma dei primi decenni del ‘700. Il busto era integro ma completamente ricoperto da strati di polvere e di cere applicate in vecchi restauri rimossi con applicazioni di acqua mineralizzata e con appositi solventi. Si è tornati così all’antica cromia rinvenendo lievi tracce di patinatura su alcune zone del modellato. Per tutto il mese di dicembre la Medusa sarà esposta nella Sala degli Arazzi in modo da poter essere osservata anche dal retro, successivamente tornerà al posto assegnatole quasi tre secoli fa. E’ stato un brillante restauro finanziato dalla FIT e segue e sicuramente precede molti altri, in questo caso si può affermare che “Il fumo non nuoce gravemente alla salute”. Roberto Filippi |