VIAGGIANDO


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Reportage di Viaggio
per interposta persona:

L’Indonesia è l’occasione per un reportage per interposta persona, un breve sguardo sul paese asiatico, realizzato cucendo le impressioni e le fotografie di Daniela Zeggio con alcune informazioni tratte dal web.

 

INDONESIA: UNA JUNGLA DI INDUSTRIE

Nel sud-est asiatico l’industria tessile è uno dei punti di forza della Cina e dell’India, ma entrambi i paesi ripongono nell’Indonesia la capacità di fornire manodopera a buon mercato. Curiosa situazione per delle nazioni che forniscono prodotti a basso costo per il mercato europeo e statunitense.

Un’industria, quella tessile, che si sviluppa in Indonesia in due ambiti: uno lindo ben organizzato e l’altro quasi clandestino, rispecchiando le contraddizioni e i conflitti del Paese, dove l’opulenza si coniuga alla povertà, la bramosia della modernità con la salvaguardia delle tradizioni.

L’Indonesia non è soltanto il più grande paese che si sviluppa su di una miriade di isole, ma è anche il più popoloso a maggioranza musulmana, senza vincolare la costituzione ai dettami dell’Islam, nonostante la presenza di gruppi terroristici legati anche ad Al Qaeda, come la Jemaah Islamiyah, fondata tra gli altri da Abu Bakar. Una minaccia, quella terroristica, presa molto seriamente dai grandi alberghi, stando alle imponenti misure di sicurezza che hanno adottate e che ha portato il governo indonesiano a voler costituire il National Board on Antiterrorism (Consiglio nazionale antiterrorismo), un organismo che dovrebbe essere in funzione entro il 2010, realizzando anche una scuola di riabilitazione per riportare sulla retta via i fondamentalisti islamici, contrapponendosi ai campi d'addestramento terroristico, come quelli scoperti nella provincia di Aceh, unico territorio indonesiano dove si può applicare la sharia grazie allo statuto di autonomia.

Le contraddizioni si riscontrano anche nell’ambito economico e non solo la disparità tra ricchi e poveri, ma dal fatto che l’Indonesia è uno dei paesi del CIVETS, un acronimo coniato dalle iniziali dei nomi dei sei paesi in lingua inglese (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sud Africa), accodandosi, ad una certa distanza, al BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), evidenziando l’incoerenza di un paese che è tra le nazioni emergenti e contemporaneamente offre manodopera a buon mercato, soffre della concorrenza di altre realtà nel sudest asiatico (Cambogia, Vietnam e Laos) nel campo del piantagioni di gomma e della produzione delle scarpe da ginnastica.

Contrasti che a qualche ora di auto da Giacarta, inoltrandosi nella giungla su strade asfaltate, si possono incontrare diverse attività industriali che forniscono prodotti non solo per il mercato Occidentale, ma anche per quello cinese e indiano. Agli incroci degli improvvisati poliziotti si sbracciano per alleggerire il traffico immaginario, ma quando c’è è una vera baraonda e l’occasione di guadagnare qualche rupia indonesiana. Strade che conducono a delle industrie moderne, apparentemente all’avanguardia nella prevenzione degli infortuni quelle legate all’India e a gruppi taiwanesi, ma ci sono anche quelle occultate dalla vegetazione. Luoghi simili ad un antro infernale, sembrano usciti dalla pittura di William Blake, dove i cinesi fanno grossi affari. Fatiscenti costruzioni, dove i malpagati operai lavorano, con i piedi immersi in quattro/cinque dita di discutibile liquido, su macchinari elettrici.

Entrambe sono imprese impegnate nell’industria tessile. Filare mille tipi di tessuto dalle metrature chilometriche, tinture ed essiccazioni, orditi raffinati nel loro sovrapporsi per fantasiosi arabeschi che acquistano, attraverso la lavorazione in ambienti accoglienti, una patina asettica.

Mentre il prodotto finito nei malsani luoghi, con i vapori tossici, possono forse essere scambiati per lavorazione artigianale.

Prodotti industriali in entrambi i casi che solitamente sono il frutto di macchinari europei, con una predilezione per quelli italiani e tedeschi, ma non vengono dimenticati quelli giapponesi.

I contrasti non hanno fine e sembra consequenziali, per chi visita l’Indonesia, tra interminabili ingorghi stradali a Giacarta e la voglia di modernizzare la rete dei trasporti pubblici, tra le foreste lussureggianti e l’implacabile attività di disboscamento dell’APP (Asia Pulp and Paper), campione della deforestazione e il più grande produttore di carta del Paese e il secondo a livello mondiale, tra i gli orti urbani per contribuire al bilancio famigliare, messo a dura prova dalla disoccupazione, tra il rigogliosi parchi tropicali nelle città e gli orti urbani in giardini e cortili condominiali per contribuire al bilancio famigliare, messo a dura prova dalla disoccupazione, tra il risolvere ogni problema di Giacarta, edificando una nuova capitale amministrativa stile Brasilia o Canberra, e il volersi sdraiare sulla sabbia delle spiagge incantate di Bali o del Kepulauan Seribu Marine National Park, per dimenticarsi di tutto, anche della proposta del Parlamento di Jambi, una provincia dell’isola di Sumatra, di sottoporre le studentesse ad un test di verginità prima di ammetterle a scuola.

Gianleonardo Latini

  http://www.agoravox.it/Indonesia-una-giungla-con.html