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PERSONALI RIFLESSIONI DI:
LE RIFLESSIONI DI
MARCO
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Emanuela Orlandi
Come dal nulla salta
ora fuori una testimonianza sulla sorte di Emanuela Orlandi, i cui
manifesti ancora ricordo affissi ai muri di Roma molti anni fa. Si
tratta di una testimonianza da prendere con le pinze: la donna che fu
amante di uno dei boss della banda della Magliana è comunque una
tossicomane neanche più giovane: ha ormai il cervello mezzo fuso e mette
insieme due crimini avvenuti a distanza di anni uno dall'altro (la
sparizione del figlio del boss Nicitra è roba di dieci anni dopo). Il
racconto però è interessante lo stesso. Intanto, viene dall'interno
dell'ambiente criminale che verosimilmente ha gestito materialmente il
sequestro. La banda della Magliana all'epoca faceva tutto, lavorarava
per tutti ed era un punto di riferimento per gli aspiranti criminali
romani; da qui l'organico gonfiato, causa non ultima del suo declino. A
Roma infatti il crimine non è mai stato gestito da una sola
organizzazione e il controllo del territorio è quasi impossibile.
Conviene quindi a bande diverse - italiane e/o immigrate - spartirsi una
torta dove c'è da mangiare per tutti, visto che la Grande Roma ha 5
milioni di abitanti e qui si bada solo ai soldi: dell'Onore alla mala
romana non gliene può fregare di meno. La banda della Magliana volle
estendere troppo il suo operato: trafficava con le armi, con le
estorsioni, ma soprattutto fece i soldi con la droga e voleva gestire
come intermediaria i contatti - sempre per la droga - con i calabresi.
Ma finì male, anche perché la Squadra Mobile romana non trovò certo
quell'omertà mafiosa che porta a un vicolo cieco le indagini al Sud. La
banda della Magliana aveva rotto le scatole a troppa gente e i suoi boss
si erano montati la testa.
Ma torniamo ad Emanuela Orlandi. Ho conosciuto persino una sua amica, ma
questo è ininfluente per ricostruire una storia misteriosa, ma chiara su
almeno due punti: la ragazza è stata rapita perché cittadina vaticana e
per scambiarla su ricatto con Alì Agca, a cui avevano promesso una
rapida liberazione. Quando si è visto in galera, il turco ha cominciato
da quel giorno le sue sceneggiate, ma sempre pronto a ritrattare alla
prima minaccia seria di finire ammazzato. Ci siamo fatti prendere in
giro per anni da un millantatore senz'altro coinvolto in un gioco più
grande di lui.
Ma quella che è ancora più fantasiosa è la serie di ipotesi e
"testimonianze" sulla sorte di Emanuela Orlandi: madre di famiglia in un
ambiente protetto musulmano, in Svizzera o preferibilmente in Libano o
comunque in Medio Oriente. Chi ha sposato? Una persona importante.
Quanti figli ha? Almeno tre o cinque. E perché non ha mai mandato almeno
un messaggio al padre? Chi dice che era nei patti con il Vaticano, chi
non dice niente. E cosa si sono detti a suo tempo il Papa e il Turco?
Che sta bene, ovvio. Ma erano solo indiscrezioni, perché il contenuto
del dialogo è rimasto riservato, com'è nelle abitudini vaticane. Ma è
proprio sull'identità di Emanuela Orlandi che circola ancora una
clamorosa indiscrezione: la ragazza è stata fatta sparire perché figlia
di Karol Wojtila: le somiglia nel cranio e negli occhi, e Karol
l'avrebbe concepita quando era un giovane bel cardinale a Roma. La madre
essendo una inserviente del Vaticano, la tresca era facile ma finì in
modo inaspettato. Una volta divenuto Papa, troppo facile sarebbe stato
un ricatto da parte del KGB. Sia chiaro che queste indiscrezioni non me
le invento io né le ha suggerite Dan Brown: la storia della paternità
polacca me l'ha riferita una matura ed esperta giornalista iscritta
all'albo, anche se dovrei chiederle almeno la fonte di quella che sembra
una leggenda metropolitana. Naturalmente negli ambienti vaticani
escludono tale ipotesi.
Ma a questo punto, la versione testimoniata ieri da una donna
cocainomane e amante di un criminale dell'epoca ha una sua valenza:
nella sua cruda realtà e nei dettagli precisi - il sacco, il cantiere,
la betoniera e i dialoghi riferiti - perlomeno questa storia è più
realistica delle stronzate sentite finora. E pochi si ricordano che Paul
Getty jr. - sequestrato dalla 'ndrina calabrese - fu trasportato da un
luogo all'altro proprio all'interno di una betoniera.
Marco
Pasquali
24 giugno 2008
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