ex-@rt magazine |
|
|
LIBRIDINE Il successo di PiùLiberiPiùLibri, il salone della piccola e media
editoria che si tiene a Roma a dicembre da cinque anni
(http://www.piulibripiuliberi.it), oltre ad essere di per sé una
stupenda notizia, suggerisce una serie di riflessioni, suffragate non
solo da statistiche aggiornate, ma dall’intenso lavoro elaborato in loco
quei giorni in mezzo a convegni, trasmissioni radio, presentazioni di
libri, incontri fra professionisti. Ne viene fuori l’immagine di uno
strano paese in cui si stampano quasi cinquantamila titoli all’anno fra
ristampe e novità, ma dove il 20% della popolazione non legge libri,
legge solo quelli di scuola o è addirittura semianalfabeta. Anche se il
numero dei titoli comprende i manuali, gli scolastici e i romanzetti, fa
effetto notare che il numero dei libri in commercio sia in vent’anni
raddoppiato, ma non certo quello dei lettori. Se ne dovrebbe quindi
dedurre che a gonfiare la produzione siano stati l’abbattimento dei
costi dovuto alla composizione elettronica e l’aumento della
scolarizzazione. Resta cioè la situazione di sempre: non tanti lettori,
ma piuttosto poche persone che leggono molto. Ma anche la situazione
degli editori è bizzarra: due o tre grossi gruppi editoriali detengono
il 90% del mercato, il resto agli altri. Ma gli altri sono circa 2500
editori medi, piccoli o minuscoli, con un’alta mortalità infantile ma
anche un sorprendente tasso di natalità. Molti lo fanno per passione, ma
esistono da sempre centinaia di editori di storia locale, di poesia, di
esoterismo, di arte e quanto ha il suo mercato di nicchia. Resta da
decidere se i manuali per i concorsi siano libri o utensili, ma il mondo
della piccola editoria presenta comunque una fantasia e una varietà
inesauribili, come ho visto p.es. nel settore dei libri per bambini.
Motivo in più per aiutare dunque la piccola editoria. Ma i problemi sono
tanti. Primi fra tutti il costo della distribuzione, la diseguale rete
di vendita e l’oligopolio dell’informazione specializzata. Questo
significa che un piccolo editore, anche se non pagasse i suoi
collaboratori e non avesse una tipografia propria, non può comprimere le
spese della distribuzione (pari a metà del prezzo finito); non può
contare su una rete uniforme di librerie vere e proprie su tutto il
territorio nazionale. Infine, un libro si vende se gli altri ne parlano,
ma il circuito dell’informazione (o meglio: della promozione) è gestito
da una lobby multimediale che controlla editoria, televisione e possiede
catene di librerie proprie. Parliamo del gruppo BOL-Mondadori e di
Mediaset, parliamo del gruppo RCS. I loro libri sono continuamente
reclamizzati nelle trasmissioni televisive, venduti nelle loro librerie
ai loro prezzi e recensiti sui loro giornali. Su 1200 librerie vere e
proprie, 558 (cioè il 47%) sono in catena. Né è sempre consigliabile
aprire nuove librerie, vista l’alluvione di libri rilegati venduti in
edicola a prezzi scontati dagli stessi gruppi editoriali di cui sopra.
Se a Roma, p.es., sono state aperte librerie in periferia, questo si
deve ad una precisa politica del Comune di Roma e delle sue biblioteche.
Morale della favola: i piccoli editori non possono accedere ai
mass-media e neanche alla metà delle librerie italiane. Marco Pasquali |