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2003

Beni Culturali - Bordline
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Sommario


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INDICE


PERSONALI RIFLESSIONI DI:

LE RIFLESSIONI DI MARCO



DOPO ARAFAT… ARAFAT!

Com’è andata è noto: Abu Mazen è stato estromesso e al posto suo è ora insediato Abou Ala, un fedelissimo di Arafat, il quale avrebbe teoricamente il controllo delle forze dell’ordine palestinesi, ma si guarda bene dal disarmare le milizie. Nel frattempo Sharon neanche aveva fatto finta di fermare i cantieri del muro e delle case dei coloni, mentre gli attentati suicidi non si fermano. Come finirà, non si sa neanche stavolta. Qualche nostalgico ha ricordato intanto l’anniversario degli storici accordi di Camp David (17 settembre 1978). Storici solo perché ormai si studiano nei libri di scuola. Il testo è anche disponibile in italiano:

http://www.geocities.com/wcdproject/html/camp_david.html

Si può solo ricordare che al momento della firma di quegli accordi i coloni ebrei delle zone occupate erano 4000 e non 400.000 come adesso, e che del terrorismo suicida neanche si paventava la possibilità. Ma c’era anche molta ingenuità sulla reale volontà delle parti di giungere ad un accordo serio: la realtà dei fatti ha dimostrato che nessuno dei due contendenti vuole o può cedere sulle questioni sostanziali e che non esiste un reale controllo sugli estremisti. Se questi poi sfuggano sempre di mano o siano un comodo strumento di pressione politica è questione tuttora attuale.

Ma chi pensava ingenuamente che amare i palestinesi fosse ormai l’unico modo legale per odiare gli ebrei, si deve ricredere: l’antisionismo sta risorgendo indipendentemente dalla politica di Israele, ora visibilmente sulla difensiva: costruire mura – Roma e Bisanzio insegnano – è l’inizio della fine.

Cominciamo dal Mistero della Sinagoga Bendata di Enrico Maria Radaelli, prefazione di Antonio Livi, editore Effedieffe di Roma. La tesi è assurda e antistorica: in trecento pagine si parte dal deicidio per giungere alla Shoàh, vista come una sorta di piano provvidenziale divino che sconfessa di fatto il Concilio Vaticano II. Ma per i tipi dello stesso editore segnaliamo altri due classici dell'antisemitismo: Oro di H. Wast e I segreti della dottrina Rabbinica. Cristo e i cristiani del Talmud di I. B. Pranaitis.

Radaelli è "autore tradizionalista di solido spessore" (Sandro Magister, vaticanista dell'Espresso). Suo principale obiettivo è Giovanni Paolo II, reo di aver chiesto scusa a tutti e di aver osato visitare il Muro occidentale del Tempio di Gerusalemme rispettando le tradizioni ebraiche. Seguono quei teologi ed ecclesiastici che cercano di tenere aperti i rapporti tra le diverse fedi religiose; tutti colpevoli di vendere la verità cattolica ad un dialogo interreligioso che inquina fede e verità. Principale punto in discussione sono i rapporti con l'ebraismo e gli ebrei, che neanche hanno il diritto di chiamarsi così: tali sono i cattolici, eredi dell'allenza e Nuovo Israele: loro son solo giudei che hanno rifiutato Gesù come messia e a causa di tale rifiuto sono condannati. Il piano storico e quello teologico non sono mai tenuti separati: "Sembra però che le profezie di Gesù su Ierusalem diroccata nei secoli e sul tempio per sempre deserto non siano vere, perché da sessant'anni i giudei hanno riconquistato la terra dei loro avi [...] Come tutti i profeti ebrei che l'hanno preceduta, supra richiamati, essa vaticina la definitiva dispersione d'Israele, che per sempre rimarrà schiavo di Cesare, dei re del mondo, del mondo stesso, come da sé scelse in odio a Dio, salvo finale pentimento". La ripulsa del Cristo quindi condiziona ancora il destino del popolo ebraico accusato non solo di deicidio ma anche di odiare i cristiani e la Chiesa "vedi anche il Talmud, cioè la molto violenta e blasfema tradizione rabbinica post cristiana".

Lo sterminio nazista non è storicizzato, ma metafisico: "Noi abbiamo ragione di ritenere che l'assillo con cui alcuni giudei oggi in tutti i modi cercano di accaparrarsi il concetto di shoah, di `olocausto', sia dovuto al perseguimento di un fine ben determinato: togliere al Cristo di Nazareth la sua specificità di unica grande vittima, e unica vittima atta a placare lo sdegno del Padre offeso dall'uomo, addossandola a sé.". Nel pur vasto dibatto tra gli ebrei osservanti sul significato da dare allo sterminio, non c’è relazione fra la Shoah (in ebraico: annientamento, tùrbine) e la crocifissione: dal punto di vista teologico tra i due eventi non esiste nessun rapporto. L'autore accusa l'ebraismo di appropriarsi del termine per sostituirsi al Cristo e suggerisce ai sopravvissuti di riconoscere la grandezza del Signore e convertirsi al cristianesimo. "Vi sembra smisurato il male subìto [...] Quello che è stato compiuto da voi su mio Figlio supera la grandezza della prova che avete passata. [...] Io vi perdonerò, Io vi accoglierò subito nel mio seno di Padre, non voglio che questo". Sono dunque le vittime a doversi accollare la responsabilità dell'accaduto: dei carnefici si tace. Più avanti nel testo, Radaelli, convinto di aver dimostrato un nesso tra la morte di Gesù e lo sterminio, scrive che "la natura di questo legame è ben altra, cioè è l'ennesima riprova dell'infinita misericordia di Dio che, pur essendo stato rinnegato e ucciso dal popolo da lui eletto [...] cerca in ogni modo, buono com'è, di riannodare un legame con l'amato: con l'amato popolo e con l'amato singolo". Con buona pace dell’enciclica Noi Ricordiamo, dove la Chiesa tentava di fare i conti con l'antisemitismo cristiano e il suo ruolo nello sterminio, la Shoah diviene un provvidenziale atto d'amore del Signore nei confronti del suo popolo (!).

Ma questo libro ha l’imprimatur: il prefatore Antonio Livi è docente della Pontificia Università Lateranense. Resti pure un dibattito tutto interno alla Chiesa sui limiti del dialogo interreligioso, elogiare la coerenza interna e la plausibilità teologica di un libro simile è una responsabilità. Ma nessuno scrive in quel modo senza avere le spalle coperte.

Marco Pasquali
9 ottobre 2003