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2003

Beni Culturali - Bordline
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Sommario


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INDICE


PERSONALI RIFLESSIONI DI:

LE RIFLESSIONI DI MARCO






 

MARE CRUDELE

Nel mare di sciocchezze e provocazioni che si sentono in questi giorni, c'è il fondato dubbio che pochi conoscano le leggi che regolano il soccorso in mare e le procedure d'ingaggio della Marina. Proviamo pertanto a fare un po' di chiarezza.

Le leggi del mare, prima ancora di essere state formalizzate e ratificate dai moderni stati nazionali, risalgono a consuetudini antiche e per la loro stessa natura internazionali. Prevedono in sostanza l'obbligo di aiutare una barca in difficoltà e salvare le vite a bordo. Il soccorso in mare, se fatto da una barca privata, prevede anche il diritto ad una parte del carico della nave in difficoltà, secondo un uso vecchio quanto la marina. Ma, a parte questo aspetto secondario, l'obiettivo principale del soccorso in mare è il salvataggio di vite umane. Quindi, accogliere uomini in mare in difficoltà è un preciso obbligo morale del marinaio e la solidarietà fra gente di mare è indiscussa. E si dà per scontato che una carretta piena di migranti va comunque aiutata, anche se qualcuno magari spacca il timone per obbligare l'altro al soccorso in mare. Se poi una nave del genere entra in acque territoriali, non è considerata ostile e rimandarla in alto mare è un crimine internazionale riconosciuto come tale e di cui la nazione in questione si assume per intero la responsabilità giuridica. E' chiaro a questo punto il vantaggio offerto dall'immigrazione clandestina via mare: se uno straniero varcasse un confine di stato via terra, sarebbe immediatamente fermato per ingresso illegale in uno stato nazionale, mentre la violazione di sovranità in mare avviene soltanto entro le 12 miglia dalla costa. Ma con carrette quali vediamo in televisione, si rientra automaticamente nelle modalità previste dal soccorso in mare.

Esistono invece casi precisi in cui una nave della Marina militare (o della Guardia costiera o della Guardia di Finanza o simili) può intervenire con la forza, sia in acque territoriali, sia addirittura in acque internazionali: esattamente quando la natura del carico o l'atteggiamento dell'equipaggio o la riduzione in stato di schiavitù dei passeggeri violano le leggi internazionali che regolano il diritto marittimo. In questo modo è stata bloccata ieri in Grecia una nave carica di esplosivo (con documentazione evidentemente sospetta), ma le cronache della Rivista marittima (SMM) sono molto più ricche di notizie dei nostri quotidiani: qualche mese fa i marines portoghesi hanno abbordato in alto mare una nave carica di droga, mentre i francesi hanno fatto lo stesso in situazione analoga al largo della Nigeria, sparando anche i famosi colpi di avvertimento (uno in mare a prua, uno in mare a poppa, eventualmente un terzo all'albero dell'antenna).

E' chiaro a questo punto che una carretta di migranti non è formata da gente ridotta in schiavitù (le leggi del mare sono in questo caso un retaggio della caccia alle navi negriere!), né ostile né tanto meno armata; né il carico è tale da suggerire un pericoloso abbordaggio in mare, anche se non è raro che i gommoni albanesi portassero anche armi e droga. Ma un controllo può e deve essere fatto almeno al momento dello sbarco, non fosse altro per identificare e arrestare gli scafisti.

Marco Pasquali
26 giugno 2003