Roma
Museo Storico della Liberazione
via Tasso 145
Orario:
martedì – giovedì - venerdì
dalle 16.00 alle 19.00
sabato e domenica
dalle 9.30 alle 12.30
Informazioni:
Tel. 06/7003866
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VIA TASSO 145
A Roma vi è stato un periodo, tra i primi di ottobre del 1943 e la fine
maggio del 1944, in cui il solo nominare via Tasso creava sgomento o
addirittura terrore. E un nome scritto col sangue nella storia della
Resistenza romana. Questa nacque il 9 settembre 1943 allorché, a seguito
dell’Armistizio le truppe tedesche iniziarono ad attaccare i reparti
italiani, questi sebbene numerosi furono così mal comandati che in
breve, dopo violenti e sanguinosi scontri a cui presero parte molti
civili, si sbandarono; parte dei militari fu catturata, gran parte
riuscì a raggiungere i propri luoghi di origine ma molti si
organizzarono per continuare la lotta contro i Tedeschi e il nuovo
regime Fascista appena ricostituito. Gruppi di varia provenienza si
collegarono nella lotta antinazista, ci fu il Fronte Clandestino
Militare, un altro costituito da appartenenti alla Regia Aeronautica, la
Banda Caruso formata da Carabinieri, la solidissima struttura del
Partito Comunista forgiata in anni di clandestinità, gruppi minoritari
aderenti al Partito Socialista, a quello d Azione, ai repubblicani, ai
cattolici, ai monarchici; particolarmente attiva una formazione chiamata
Bandiera Rossa di impostazione trotkzista. I patrioti effettuarono
attentati alle persone, sabotaggi ad impianti e mezzi militari, raccolta
informazioni per gli Alleati, copertura di ricercati e di Ebrei,
propaganda anti tedesca a mezzo giornali clandestini e manifesti. Da
parte loro gli occupanti predisposero una dura repressione a mezzo di
reparti speciali; i Fascisti utilizzarono solo in parte la Pubblica
Sicurezza di cui non si fidavano e costituirono gruppi autonomi quali la
Banda Koch che aveva base nella Pensione Jaccarino a via Romagna e la
Banda Bardi-Pollastrini istallata a Palazzo Braschi; queste formazioni
si segnalarono per violenze ed eccessi al punto da essere sciolte dagli
stessi Tedeschi. Costoro a loro volta si basarono su un efficiente
apparato operativo facente capo alla Gestapo comandata dal Ten.Col.
Kappler che pose il suo comando in via Tasso in due stabili ai civici
145 e 155. La via è nelle vicinanze della Basilica del Laterano, in un
tranquillo quartiere piccolo borghese e nell’anonima edilizia umbertina
della via spicca l’aspetto delle due palazzine fatte costruire nei tardi
anni Trenta dai Principi Ruspoli; alcuni appartamenti erano già da tempo
affittati all’Ambasciata Germanica. A fine settembre i due stabili
furono fatti sgombrare dagli inquilini ed occupati dal Kappler che
istallò al 155 alloggi, magazzini ed uffici per il suo personale e nel
145 la vera e propria prigione murando porte e finestre e sbarrandone
altre. Subito cominciarono ad affluire prigionieri, per lo più scoperti
per delazione, ed iniziarono gli interrogatori e le torture che in tanti
casi giunsero sino alla morte, comunque anche per chi scampò fu una
esperienza terribile, fame, freddo, promiscuità, bastonature,
umiliazioni. Molti uscirono soltanto per recarsi davanti ai plotoni
d’esecuzione. Per nove mesi via Tasso significò terrore e morte poi il 4
giugno 1944 i Tedeschi sgombrarono Roma portando con se alcuni
prigionieri lasciandone altri che furono immediatamente liberati dalla
popolazione, i due edifici furono devastati e saccheggiati e subito dopo
vi si istallarono gli sfollati cancellando le tracce del triste passato.
Con il ritorno della normalità gran parte delle due palazzine fu
restaurata ma i Ruspoli donarono allo Stato quattro appartamenti in cui
il 4 giugno 1955 fu inaugurato il Museo Storico della Liberazione. Tre
di questi appartamenti sono stati allestiti cercando di recuperare in
parte lo stato dei locali quando erano prigione ed esponendo cimeli di
alcuni di coloro che vi erano transitati nonché numerose immagini dei
Caduti. Appaiono i volti di Montezemolo, dei Carabinieri Aversa,
Frignani, De Carolis, il Generale dell’Aeronautica Mantelli Castaldi, il
diplomatico De Grenet, il tenore Stame, l’ufficiale di P.S. Maurizio
Giglio, il professore Pilo Alberelli, i civili Romualdo Chiesa e Manlio
Gelsomini, il sacerdote Piero Pappagallo. Alcune stanze rievocano il
martirio dei 335 fucilati alle Fosse Ardeatine, di quelli di Forte
Bravetta e dei caduti de La Storta uccisi dalla scorta mentre venivano
portati via da Roma lo stesso 4 giugno. Due piccoli sgabuzzini senza
finestre sono coperti di graffiti incisi dai prigionieri che esprimevano
così il loro dolore e la loro fede, in un appartamento è esposta
numerosa documentazione relativa alle dolorose vicende degli Ebrei
romani con foto e documenti, altri documenti rivelano la pedante
burocrazia tedesca che registrava i prigionieri, i loro interrogatori e
la sorte a cui erano destinati, in alcune bacheche esemplari di giornali
e di volantini stampati in clandestinità. E un Museo molto visitato
dalle scuole con la speranza che i giovani possano capire quanto sia
grande l’amore per la libertà e il proprio paese; certo i locali, dopo
le tante traversie subite, danno una pallida idea di quale dovesse
essere l’atmosfera dei tempi cupi dell’occupazione tedesca. Stanze buie,
finestre murate, comandi secchi, battiti di tacchi, luce fioca, urla di
torturatori, gemiti dei torturati.
Roberto Filippi
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