JEAN-MICHEL
BASQUIAT, DIPINTI
Dal 20 gennaio al 7 aprile 2002
Roma
Chiostro del Bramante
Via della Pace
Orari:
tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00
venerdì dalle 10.00 alle 24.00
lunedì chiuso
Biglietto:
Intero Euro 8.00 £. 15.000
Ridotto Euro 6.00 £. 12.000
Scuole Euro 4.50 £. 8.000
Informazioni:
06/68809098
Biglietteria:
06/68809035
www.chiostrodelbramante.it
Catalogo:
Electa
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BASQUIAT PITTORE
Jean-Michel Basquiat (1960-1988), portoricano - haitiano
ma sostanzialmente newyorchese fino al midollo, arcangelo
bello ed effimero della new-wave americana o, se si vuole
fare un po' di romanticismo, poeta "maudit"
della disperazione metropolitana, genio e sregolatezza,
nato dai graffiti irriverenti e dispersivi (seppur in lui
colti e raffinati), ma presto, prestissimo osannato ed
esaltato nei circuiti importanti ed esclusivi della dolce
matrigna New York, fino a farne (qualcuno l'ha citato) il
James Dean della pittura, "enfant prodige"
della cui ardua scontrosità si beavano nei loro fasti i
semidei, alla corte di Andy Warhol, della consacrata
pop-art o post-pop-art. Ma tutto questo è letteratura da
salotto, mito metropolitano, fino all'epilogo
necessariamente tragico della fatale overdose. Pur
partendo dalla precaria pittura murale dei graffiti,
Basquiat, esprime chiaramente una provenienza più
complessa e lirica che deriva da una visione
espressionista della realtà; l'uso intenso e calibrato
dei neri, i rapidi e struggenti grigi, l'uso del segno
nudo e tagliente, sottintende, nel frastuono che vorrebbe
essere "naif" e "fumettaro" lo
spessore nobilmente pittorico di un artista che pur
rifiutando il dipingere in sé e rigirandosi nei confusi
deliri di un desiderato, epico infantilismo, guardò e
ritrasse con spietata e poetica verità i sogni e gli
incubi di un'umanità che nella sua precoce dissipazione
urla e bestemmia la sua voglia di vivere. Un pittore
vero, insomma; ma niente eleganti "ribellismi"
o finte ironie di strada: un uomo con tutta la sua
angoscia, un artista che vive nel segno e nel colore. E
nella parola. Perché, scrittore e poeta, Basquiat
"scrive" i suoi dipinti; nell'ardua
complessità delle sue "sciarade" la parola è
racconto, trama, mappa che dipana ermetiche storie ora
con gli esclamativi da "affiche" pubblicitaria,
ora con le minute e minutissime stesure di segrete e
impenetrabili confidenze. L'anima generosa di Basquiat
naturalmente vive nel dissiparsi, nel dilagare verbale e
formale di un far pittura che non può più essere
circoscritto da una cornice, un "salon", colto
arredo di pareti sofisticate. In questo egli non è e non
può più essere un pittore come "prima" si era
pittori, in questo egli spazia sulle sue tavole col
respiro dei laceranti graffiti che tatuano su corridoi,
tunnel, strade e case, l'effimera disperazione di una
città, di tutte le città del mondo lungo le cui strade
ogni giorno ci si perde nell'alluvione di un infinito
umano che ci assimila e ci uccide. Di tutti i
"graffitari" del mondo, degli ingenui, dei
solitari grafomani, dei bambini e dei pazzi che scrivono
in libertà, di tutti i pittori che sarebbero potuti
essere e non saranno mai, scomparsi nei bassifondi
dell'eterno anonimato, Basquiat è l'angelo dolente che
ne affiora e li racconta tutti, pittore vero e poeta,
malgrado tutto.
Luigi M.
Bruno
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