ex-@rt magazine 
oltre l'arte n. 3
settembre - dicembre 2001
Beni Culturali - Mostre
beni culturali bordline contemporanea





LA CAMPAGNA ROMANA
DA HACKERT A BALLA

Dal 22 novembre 2001 al 24 febbraio 2002

Roma
Museo del Corso
Via del Corso n. 320

Tel. 06/6786209

www.museodelcorso.it



Orari:

tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 20
Chiuso il Lunedì

Ingresso:
intero L.12.000; ridotto L. 8.000






LA CAMPAGNA DIPINTA

La Campagna Romana ha avuto nei secoli grandi detrattori e grandi ammiratori: tra i primi i viaggiatori, gli economisti, gli storici, tra i secondi i pittori. Soprattutto i viaggiatori parlano nei loro diari di un territorio desolato, pressoché deserto, privo di alberi e di coltivazioni, malsano, con qua e là i resti di un’antica e dimenticata grandezza; pochi e selvaggi gli abitanti spesso vestiti di pelli, violenti, scontrosi e con i segni della malaria; su tutto dominavano gli animali, grandi armenti di pecore, bufali neri ed irsuti nelle zone palustri e grandi buoi dalle lunghissime corna sorvegliati da pochi butteri. Lo stesso spettacolo era visto dai pittori e da loro riportato su tela, ma filtrato attraverso i loro occhi e la loro sensibilità; ed ecco apparire le grandi distese, gli acquitrini che rispecchiano il paesaggio circostante, alberi scheletriti in pose drammatiche, resti di acquedotti romani, antiche costruzioni dirute e coperte d’edera, colline aride dietro le quali sorge il sole, piccoli corsi d’acqua dal percorso tortuoso e poi gli abitanti: uomini con le ciocie, il giubbetto di velluto, il cappellaccio, il mantello di pelle di pecora, le donne con il fazzoletto in testa, il corpetto attillato, il vezzo di corallo, i bambini sporchi e seminudi. E su tutto e tutti, come il mitico segno di un’Arcadia perduta, domina il grande bovino di taglia possente, dalle corna enormi, visto isolato, in gruppo, in piedi, accosciato, mentre pascola o tira carri dalle grandi ruote.
Un paradiso o un inferno, a secondo dei punti di vista, che durò fino agli inizi del ‘900, le bonifiche di Ostia, Maccarese e soprattutto delle Paludi Pontine modificarono il volto della Campagna, un processo di antropizzazione sempre più accelerato ha trasformato il deserto di un tempo in un insieme di campi coltivati, di case, depositi, fabbriche, autodemolitori, centri commerciali; solo poche zone si sono salvate e possono dare una relativa immagine di quella che fu la Campagna Romana dei secoli scorsi. Per ricordare quale fu il contributo che la Campagna dette all’ispirazione di molti artisti la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma ha organizzato nei locali del Museo del Corso a Palazzo Cipolla una mostra dal titolo "La Campagna Romana da Hackert a Balla"; in essa, attraverso un centinaio di dipinti esposti, vengono passate in rassegna le opere di molti pittori che tra il primo ‘700 e gli anni venti del ‘900 si ispirarono a scorci e paesaggi agresti dei dintorni di Roma. I primi a trattare questo soggetto furono alla metà del ‘600 i francesi Nicolas Poussin e Claude Gelée che usarono la campagna come sfondo per l’ambientazione di scene mitologiche o storiche. Ma il grande interesse per la pittura di paesaggio cominciò nel ‘700 allorché l’artista non lavorò più su commissione ma iniziò a proiettare i suoi sentimenti e la sua personalità nell’opera che realizzava. Nell’800 il gusto del paesaggio della Campagna Romana toccò il culmine; dopo Corot i più noti artisti furono i Coleman, padre inglese e figlio romano, che ne mostrarono gli aspetti più crudi e possenti: le paludi Pontine con lo sfondo del Circeo, i monti Sublacensi, Rufi, Simbruini con le loro forre profonde e le boscaglie inestricabile, e Nino Costa, l’antico garibaldino, sostenitore della pittura dal vero e dell’impressione immediata ed emozionante. Fu tra i fondatori della società "in Arte Libertas" che aggregava pittori impegnati nella pittura di paesaggio. Da essa nacque l’associazione dei "XXV della Campagna Romana" che raggruppò artisti come Enrico Coleman, Calandi, Sartorio, Cambellotti che si dettero a fissare su tela un mondo che spariva sotto i loro occhi rivisitandolo con uno sguardo nostalgico carico di rimpianto. Per ultimo Balla, prima dell’esperienza futurista, si cimentò come pittore di paesaggi secondo una linea di verismo romantico.
Caratteristica comune in tutti gli artisti è un deciso cromatismo che si accende negli azzurri del cielo, nei bianchi, nei verdi, negli ocra delle colline e dei campi; le tonalità sono vibranti, il colore prezioso, le forme sciolte e la luce scopre intensi riflessi.
Ora la Campagna Romana praticamente non esiste più e neppure i pittori che amavano, e sapevano, dipingerla in modo così dolce e struggente, non resta che visitare la mostra e sognare su un mondo che fu.

Roberto Filippi