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ARTE DELLA SCIENZA E SCIENZA
DELLARTE Da sempre il rapporto delle arti con luniverso scientifico è stato prolifico di risultati, di esiti allegorici che nella loro imperscrutabilità lasciavano intravedere argomentazioni esistenziali, disagi e critiche più o meno velate nei confronti di una società proclive alla celebrazione della poetica apparenza. Se gli artisti, nella loro progettazione estetica muovono dallinterno, dalle profondità incommensurabili della psiche, per dare un volto apparente alla realtà cangiante, sempre diversa ed eterogenea; è pur vero che gli scienziati, paradossalmente, rivestono a volte il ruolo di profanatori, censori dellovvio, sacerdoti sacrileghi dellevidenza tradita. Aspirazioni irrisolte e certezze metafisiche indossano, di volta in volta, i panni dellarte o quelli della scienza: e questo con una continuità impressionante che collega idealmente luomo delle caverne ai sacerdoti ieratici della odierna biotecnologia; tema questultimo che ha dato lo spunto per la mostra allestita alla galleria Giulia, promossa e organizzata dal Museo Laboratorio di arte contemporanea dellUniversità. Artisti, fra i più diversi, portavoci di gusti e tendenze che riflettono in parte leredità delle grandi avanguardie del Novecento, si sono messi a confronto rispetto a tematiche e problemi di attualità quotidiana: dallinvadente globalizzazione al processo eugenetico di addomesticamento della natura senza peraltro voler dare delle risposte conclusive, o emettere delle sentenze. Viceversa, semplici sottolineature, in molti casi corrosive e grottesche, che favoriscono la riflessione ed abituano locchio e la sensazione e alliperbole; nelleterno giuoco dei rimandi e delle associazioni simboliche, tipico dellodierno homo ludens. Segnalo con piacere le trame alchemiche e intimistiche di Elisabetta Diamanti, lironia dissacrante e caricaturale di Elisabetta Catamo, la demiurgica creatività fantascientifica di Tito e le fitte trame intimistiche ed esacerbate di Lidia Predominato: novella Penelope in chiave espressionista. Per concludere, segnalo volentieri il lavoro e la ricerca assidua di Gianleonardo Latini, in merito alla musicalità del colore, alle sue atmosfere velate che sembrano emettere dei suoni, declinare parole pregne di musicalità ipnotica e affabulante: memore di un passato che è già presente nel momento della percezione. Al contrario, Cosetta Mastragostino, nella sua monumentalità minimale, sembra voler racchiudere gli universi della memoria, vestigia di un progresso fatalmente deperito, ma eroico, lontana eco del presente. Roberto Cristini |