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QUANTO FUTURISMO NEL NOSTRO
PASSATO Il Futurismo, uno dei più grandi fenomeni culturali del '900 e che ha avuto in Italia la sua culla, ha goduto di grande celebrità nel primo ventennio del XX secolo, si è evoluto in forme sempre più esauste nel secondo ventennio e si è praticamente estinto nei primi anni quaranta con la morte del suo creatore e più famoso diffusore, Marinetti, nel 1944. Poi è sceso l'oblio motivato da alcune posizioni ideologiche del movimento considerato terreno di coltura e poi fiancheggiatore del Nazionalismo e del Fascismo; la frase di Boccioni " che gli italiani abbiano finalmente la gioia inebriante di sentirsi soli, armati, modernissimi, in lotta con tutti e non pronipoti assopiti di una grandezza che non è più nostra", non poteva avere eco nell'Italia del dopoguerra e degli anni successivi dominati dalle culture marxista e cattolica. Soltanto nel 1980 a Torino la mostra "Ricostruzione futurista dell'universo" e poi nell'86 a Palazzo Grassi, a Venezia "Futurismo e Futurismi" hanno riacceso l'interesse su questo movimento ormai visto e studiato con occhio pacato e libero da condizionamenti ideologici. La grande mostra di Roma, a Palazzo delle Esposizioni, con il titolo "Futurismo 1909-1944" ripropone attraverso 400 opere, dipinti, sculture, disegni, oggetti, documenti, le vicende del movimento dalla sua nascita nel 1909 alla morte del Marinetti esaminandone i vari aspetti, le contraddizioni, le implicazioni ideologiche, la proposta culturale, il suo affermarsi nella produzione artistica, nelle arti figurative, in quelle applicate, design, grafica, poesia, cinema, teatro. Il Futurismo nacque il 20 febbraio 1909 allorchè a Parigi, sul "Figaro" fu pubblicato un manifesto firmato da Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini nel quale venivano enunciate le tesi alla base del movimento: rottura con il passato, polemica contro l'accademismo, celebrazione della civiltà meccanica e del suo dinamismo, ammirazione per ogni sorta di energia ed aggressività, distruzione della sintassi tradizionale per una ricerca di immediatezza e di sincerità di espressione. Successivi manifesti a cui aderirono Balla, Depero, Soffici, Sironi, Prampolini ampliarono il campo d'azione del movimento; nel 1910 il "Manifesto teorico della letteratura futurista" in cui venne enunciato il principio delle "parole in libertà" con parole, suoni, rumori, colori fusi in sintesi nuove; nello stesso anno il "Manifesto della pittura futurista" in cui era espressa una nuova idea dell'arte esaltante il dinamismo e la continuità del moto. E poi il "Manifesto della musica futurista" con il principio:" la simultaneità degli stati d'animo nell'opera d'arte; ecco la meta inebriante della nostra arte" fino al 1915 con il "Manifesto della Ricostruzione Futurista dell'Universo". I nazionalisti e interventisti, innamorati dell'azione e del potere purificatrice della violenza, i futuristi appoggiarono l'entrata in guerra dell'Italia e si arruolarono in massa; nel 1916 morirono Boccioni e Sant'Elia. Da questa data, secondo molti storici dell'arte, sarebbe iniziata la fine del movimento ed in effetti molti degli aderenti, pur non rinnegando la loro esperienza giovanile, passarono attraverso il futurismo come per un sistema per liberarsi dell'accademismo trovando poi una successiva e più personale vita artistica. Molti artisti, Carrà, Sironi, Soffici, Funi, superarono il Futurismo riallacciando un dialogo con la tradizione postrinascimentale. Ma l'esperienza del movimento non era limitata alla pittura ma si era estesa al campo teatrale, dello spettacolo, cinematografico, delle arti applicate e l'influenza futurista durò fino ai primi anni '40 sviluppandosi in quello che, forse semplicisticamente, è stato definito "Secondo Futurismo". I più di trenta anni di vita e di esperienza futurista sono esaminati nelle varie sezioni della mostra: la prima, che riguarda i primi anni '10 del novecento è definita dai critici "analitica" e corrisponde a ricerche di origine cubista e privilegia situazioni di " simultaneità" e di "compenetrazioni dinamiche"; la seconda sezione, immediatamente anteriore alla Grande Guerra, riguarda il periodo "sintetico" e presenta "forme sintetiche, soggettive, astratte, dinamiche", con opere di Balla, Depero, Prampolini, Sironi. Ai tardi anni venti è dedicata la terza sezione nella quale il futurismo si evolve in "arte meccanica" con sintesi plastiche e cromatiche attraverso opere di Russolo, Evola, Spazzapan. La quarta infine riguarda l'areopittura, l'areoscultura, l'areoarchitettra e quello che Prampolini definì "idealismo cosmico" ispirato al mondo del volo che per le sue caratteristiche dinamiche affascinò i tardi futuristi. Un'ultima sezione ricrea la "Ricostruzione Futurista dell'Universo" attraverso l'esame dell'espressione nel campo dell'architettura, dell'arredo, dell'oggettistica, del cabaret, della moda, della grafica. Una mostra interessante che rivisita un fenomeno culturale che fu un apporto italiano alla cultura del XX secolo di grandissimo spessore, forse l'unico di tale rilievo in tutto il secolo. Il visitatore resterà sicuramente affascinato da quello che vedrà e ricorderà sempre questi strani artisti che credettero, operarono e vissero all'insegna della velocità, del dinamismo, dell'anticonformismo, del moto perpetuo. Roberto Filippi |