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IL MONDO IN POCHE STANZE "Stefano Borgia...imitando Ottaviano Augusto, suo concittadino, con cose preziosissime per antichità e rarità ornò le sue dimore.. " (dall'iscrizione del Casino Borgia di Velletri, 1795 ca.) Convinto di poter racchiudere il mondo in una casa, di raccogliere in un palazzo le tracce delle civiltà disperse dal tempo, il cardinale Stefano Borgia (1731 - 1804) trasformò la sua dimora in una casa-museo, l'unica del Settecento che conservava le antichità egizie (la più importante raccolta europea prima delle spedizioni che Champollion, nel 1798, intraprese al seguito di Napoleone, dando inizio al nucleo centrale della collezione del Louvre), greche, volsche, etrusche, romane, arabe, indiane, dipinti medievali e oggetti liturgici, curiosità geografiche e, insieme, eccezionali testimonianze del Nuovo Mondo, oggetti dell'Oceania e delle Americhe, inviati al Borgia dalle missioni cattoliche. Una casa-museo che ampliava il concetto seicentesco delle Wunderkammer: non una stanza delle meraviglie, ma un'intera dimora per raccogliere e conservare gli strabilianti oggetti del mondo. La collezione, testimonianza di una cultura universalistica ed ammirata da Goethe nel suo "Viaggio in Italia" nel 1787, ha pochi precedenti per l'Europa dell'epoca, per unicità e organicità dei reperti (i musei seicenteschi di Ferdinando Cospi a Bologna e del gesuita Athanasius Kircher a Roma). Ma il sogno "enciclopedico" muore con il cardinale; la collezione venne dispersa ai primi dell'Ottocento, in un periodo storico estremamente agitato, dal nipote Camillo (1773 - 1817), di idee giacobine e militare al servizio di diverse bandiere, nel 1814. Un nucleo venne acquistato da Ferdinando di Borbone ed ora riemerso da una campagna sistematica di ricognizione al Museo Archeologico Nazionale; altri oggetti sono confluiti nel lascito Borgia alla Congregazione De Propaganda Fide, oggi per l'Evangelizzazione dei Popoli, nel Museo Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini e nel Museo Missionario Etnologico del Vaticano. Nella mostra viene ricomposta per la prima volta, con circa 400 pezzi, una piccola parte della collezione originaria del Museum Borgianum. L'itinerario si snoda dal Mondo Antico al Mondo Nuovo attraverso l'Oriente, le curiosità geografiche ed autentiche rarità per il collezionismo dell'epoca (codice azteco-mixteco, charta borgiana, tamburo lappone, altare indiano, rotolo cinese della Grande Muraglia). Vero crogiolo dei "saperi" e delle culture è lo Studio, con la rara serie dei codici nelle diverse lingue (le 'quattro voci del mondo'), una sintesi della raccolta geografica, il ricco medagliere, i segni delle passioni erudite del Cardinale (codici medievali e sigilli). Seguono le sale dedicate alle antichità greche, volsche, etrusche e romane, comprendenti un ricco nucleo di materiali inediti. La lungimiranza collezionistica di Stefano Borgia non era finalizzata alla raccolta di oggetti che esaltavano il "bello" - come il Winckelmann aveva iniziato a teorizzare qualche anno prima - ma ad avere pezzi rappresentativi delle diverse culture, documenti per sapere tutto di tutto, e contribuendo al recupero settecentesco di epoche come il Medioevo. L'interesse che il cardinal Borgia dimostrò verso le antichità gli valse l'elezione a Lucumone dell'Accademia Etrusca di Cortona. Sull'esempio di tale istituzione, il Borgia promosse lo studio dei Volsci e lo sviluppo dell'Accademia Volsca di Velletri, promuovendo, nel 1784, una serie di scavi, portando alla luce nell'area del cosiddetto "Tempio Volsco" di Velletri, numerose lastre architettoniche policrome ben conservate e una lamina bronzea con iscrizioni in una lingua misteriosa, descritta dal Lanzi nel suo "Saggio di Lingua Etrusca" (1783). Le "terrecotte", che rappresentano anche uno dei primi esempi di lastre policrome ben conservate rinvenute nel '700, "...svelano ai dilettanti... i costumi dei Volsci, antichissima nazione" e danno origine alla celebrazione di un'identità autoctona della città. Con lo stesso entusiasmo si dedicò alle antichità greche, arricchendo la collezione di reperti provenienti dalle isole elleniche, grazie ai contatti internazionali del cardinale. Il collezionismo del Borgia si dimostra aggiornato sulle ricerche più avanzate del tempo, in cui le opere sono accompagnate per la prima volta nella storia dell'antiquaria dalle indicazioni dei luoghi di provenienza. Altrettanto impegno e interesse lo dedicò al collezionare reperti di epoca romana, provenienti dal territorio. I materiali archeologici vengono raccolti dal cardinale non tanto in base a criteri estetici, ma privilegiando il loro apporto a una conoscenza più approfondita del mondo antico. Interessanti a tal proposito i carteggi che Stefano Borgia intrattiene con i maggiori antiquari dell'epoca (L. Lanzi, E.Q. Visconti, G. Marini, M. Venuti) sull'iconografia e l'interpretazione dei singoli pezzi. La sezione dedicata alle iscrizioni, sempre provenienti dal territorio veliterno e rinvenute nei depositi del Museo Nazionale Archeologico di Napoli, raccoglie un numero significativo del nucleo originario della collezione Borgia. Un documento del 1748 attesta che le epigrafi sono raccolte in quest'epoca nella badia della Trinità, attigua al palazzo Borgia, e suddivise tematicamente, come nelle esperienze museografiche più avanzate del periodo (lapidario di Scipione Maffei a Verona). Studiate da Luigi e Clemente Cardinali, archeologi ed eruditi ottocenteschi, vengono copiate prima della dispersione in due repertori manoscritti ancora oggi conservati nella Biblioteca Comunale di Velletri. Gianleonardo Latini |