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DA UN LAGO UN TESORO A chi si affaccia sulla piana del Fucino si presenta la vista di grandi campi coltivati, di case, di edifici industriali, in paesaggio fortemente antropizzato e caratterizzato da colture che danno prodotti d'alta qualità; le patate, le carote, le barbabietole del Fucino sono famose fra i buongustai. Eppure solo centocinquanta anni fa la grande valle era occupata da un lago. Era un vero mare interno, il terzo lago d'Italia per estensione, circa 150 km2 con una profondità di oltre venti metri, alimentato da nove torrenti e da acque di infiltrazione provenienti da un ampio bacino; essendo privo di un emissario era soggetto ad un regime di forti piene che inondavano i terreni e gli abitati vicini venendo considerato con terrore "il mostro acquattato tra i monti". Per secoli i riarsi che abitavano selle rive convissero con il lago traendo da esso parte del loro sostentamento ma in epoca romana si tentò di porre rimedio alle periodiche inondazioni; l'intervento più sostanziale fu quello di Claudio intorno al 50 d.C. che con l'impegno di migliaia di schiavi iniziò a far scavare un emissario che convogliasse parte delle acque nel fiume Liri. Narra Svetonio che all'inaugurazione dei lavori si tenne nel lago una battaglia navale con due piccole flotte con gladiatori che si batterono a morte per il diletto dell'imperatore e della grande folla che gremiva le rive. Nel medio evo l'emissario si interrò e il lago tornò a creare problemi finché alla metà del XIX secolo una società francese né progettò il prosciugamento; subentrò poi Alessandro Torlonia che profuse impegno e denaro nell'impresa al motto "o Torlonia prosciuga il Fucino o il Fucino prosciuga Torlonia". Nel 1875 fu scavato un emissario di sei chilometri e collettori e canali terminati nel secondo dopo guerra dall'Ente Fuicino. Per ricordare la storia del lago, la grande bonifica è stata organizzata a Villa Torlonia ad Avezzano una grande mostra che ripercorre le vicende storiche dall'iniziale civiltà dei Marsi, all'epoca romana, al periodo medievale, che ha lasciato numerosi edifici nei paesi già rivieraschi, al periodo borbonico, ai Torlonia. Nel corso dei lavori è venuta alla luce una grande quantità di reperti archeologici che costituirono la collezione dei principi Torlonia e che nel 1994 è stata acquistata dal Ministero per i Beni Culturali venendo esposta in mostra unitamente a reperti provenienti da località vivine tra cui è celebre la colonia romana di Alba Fucens ricca di edifici pubblici costruiti con i redditi delle tasse sulla pastorizia e la transumanza molto diffusa in zona. Sono esposti oggetti provenienti dal tempio di Angiza i cui sacerdoti curavano con le erbe e le sacerdotesse erano maestre di divinazione; di loro sono in mostra i resti di due letti in osso decorati a cesello con amorini e figure fantastiche. Particolarmente interessanti i "Rilievi Torlonia", grandi lastre scolpite con prospetti di templi, edifici, macchine idrauliche, facenti parti della decorazione di un monumento posto da Claudio all'imboccatura dell'Incile, l'emissario costruito dall'imperatore. E poi frammenti di statue, monete, armi, mosaici, materiali vari tra i quali grandi secchi usati per i lavori. Roberto Filippi
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