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2019

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Claudia Bellocchi e la Resistencia nel Museo Cittadino di Casa Haas di Mazatlàn (Messico)

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“Ci sono momenti in cui la porta è ben chiusa, altri in cui è aperta.
Ed anche momenti in cui tutte le porte sono aperte.”

Claudia Bellocchi

Bisogno di ritornare sui temi, necessità di raccontare, di esorcizzare, capacità di creare quell’onda di flusso, piena e potente che trasforma il discorso sulle cose in discorso delle cose.

Le situazioni che Claudia Bellocchi presenta, in questa night gallery dell’essere, ed in questo caso dell’essere violato, parlano, si fanno leggere, con quella qualità di autenticità e brutalità che solo il disegno sa dare.

Ma il coro è assolutamente polifonico, non solo nella declinazione dei media: è un dialogo a più voci.

Nella sua possibilità di aprirsi ad uscire dall’imbalsamatura in canone, di poter rischiare di essere esattamente come la vita: una corrente che può decidere dove dirigersi e in che punto concentrare la sua azione, quali nuovi corpi visitare e contro quali manifestazioni e suoi parafernali peculiari lottare

Si cerca e si trova una liberazione infantile proprio dove quella possibilità è stata a suo tempo negata, ritornando sui luoghi di delitti imperfetti e grossolani.

Rosso e nero su quel bianco che si fa schermo per la memoria, per sopravvivere e sfuggire all’inganno delle finte risoluzioni e dei ricordi agghindati e messi in posa o in prosa.

È anche e proprio nell’omologazione ultima della violenza che il linguaggio dell’espressione trova sempre, come un alleato ed una guida, l’autenticità, la persona dietro la stilizzazione della personalità

Un gomitolo ed un intreccio accompagnano nel gioco del doppio e svelano l’altro intreccio che è il labirinto della vita lontano dai canovacci.

Claudia ci suggerisce e ci strattona durante il percorso, agghinda e poi distrugge le case di bambola e di marzapane grottesche in cui la dispercezione e compressione propria e soprattutto la mistificazione altrui possono trasformare il vissuto e la sua rappresentazione.

La trasforma in briciole disseminate sul cammino di un ritorno, sempre possibile, nella direzione già percorsa, ma che in divenire porta verso un luogo ed un vissuto necessariamente risolto, necessariamente altro, diverso nel suo essere per sempre, inevitabilmente accaduto.

De Noche non è un commentario, così come tutte le notti che si attraversano nel viaggio in sé stessi non sono solo ottime metafore, scenari evocativi e suggestivi.

Ecco quindi, in momenti differenti: l’atto performativo e la scena che resta come installazione, il materiale fissato in sequenza di immagini e suoni in differenti medium, l’assenza di attori, “di agenti in assenza o in sostituzione di…”, il teatro di oggetti documentali e quello destrutturato, che invita non tanto a recitare, quanto ad ascoltarsi come l’eco del racconto ancora risuonante nella mente, a viverlo ancora sul corpo, nel movimento di chi performa.

Ecco le scorie ed il diamante, il racconto serrato e descrittivo, gli echi e le pause, dense di ciò che resterà in assenza di altre descrizioni, senza necessità di altre azioni.

È significato.

Affascina, nella declinazione del lavoro, la capacità di non rappresentare il numero attraverso un numero, uno stereotipo moltiplicato o condensato in feticcio, di non consentire né sopportare una massificazione e compressione in partitura che sarebbe un ulteriore sordido abuso.

La vittima è unica e sola, proprio perché è esattamente come tutte le altre.

Incomprensibile e quindi incompresa, ma assolutamente disposta a comprendersi.

Il dolore famigliare e quello familiare frantumano il flusso del linguaggio e la falsa unità dell’io e lo rendono allo stesso tempo più acuminato e più impreciso.

Lo sdoppiamento è l’attesa, continua, di una soluzione che agli altri che siamo può apparire incongrua o ancora solo temporanea rispetto all’evoluzione continua.

Si fa densa e puntuale nella decompressione e compressione dell’io declamante, dell’altro e dei molti altri possibili rappresentati attraverso il disegno o recitanti, impersonanti o performanti.

Sembra cristallizzarsi nella visione più risolta ed iconica del passato già rappresentato, presentato ed esposto, in una memoria video personale ma impersonata, quindi ancora ri-presentata qui ed ora.

La realtà del pensiero e della scoperta, la realtà ripercorsa nel disegno come nella narrazione riesce a farsi più vera e più cruda, il percorso rintracciato è già più preciso e quindi ancora diverso, ancora in mutazione.

Il campionario esplica ed illustra ma non è amplificazione, è suono.

Come nelle tavole di un cantastorie girovago o di un ex voto la vicenda, il fattaccio è narrato ed esposto a vivo, ma si consegna al pubblico ed all’irripetibilità, all' enormità dell' atto, proprio mentre lo si trasforma in evento.

Vita vissuta, in continua formazione.

Questo è il viaggio in sé stessi e la sua peculiarità: il viaggio alla scoperta di tutte le altre e gli altri che siamo e che possiamo rappresentare ed allo stesso tempo dell’unicità irripetibile che possiamo essere.

Per questo si muove in bilico tra il disegno e il teatro, tra la danza e la semplice presenza dell’essere umano come attrezzo scenico empatico e senziente.

Tra l’azione e la parola, tra il verbo e il rumore, tra il segno e la rappresentazione, c’è sempre l’essere umano.

La vita che vuole farsi esperienza nelle manifestazioni dell’arte ha bisogno quindi di sperimentare per cogliere questa intima contraddizione.

Così questo trattato su alcune notti dell’anima, che è scritto in cerca di un’anima propria pacificata, è un movimento in avanti rispetto alla rappresentazione.

Così si accumulano i fogli, gli appunti, i frames, le maschere in carne, e le carni violate, gli spiriti evocati e quelli rappresentati, le Giuliette felliniane sognanti, curiose, bambine ed ironiche, le Fride dolenti, le Medee urlanti, le tante Claudie, tutte le donne possibili, e quindi tutto l’umanesimo e l’umanità, tutta la possibilità e necessità di una espressione femminina piena e risolvente solo se sfaccettata, non omologata.

Non arte di genere, rappresentativa di una peculiare o ristretta verità.

In questo lavoro di Claudia ci sono tutte e tutti.

Tutte le donne e tutte le notti, per essere sensibilmente tutti gli altri che si è.

Perché ciascuno ascolti, si ascolti e si racconti, e viva pienamente, e risolva autogenamente e con unicità, insieme al dolore dell’abuso subito, l’enigma irripetibile e folle che rappresenta.

Testo di Cristiano Gabrielli





 

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