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oltre l'arte
2018

Beni Culturali - Mostre
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Fondazione Querini Stampalia
Campo Santa Maria Formosa
,Castello 5252
Venezia

Informazioni:
tel. 041/2711411
www.querini.stampalia.org


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Una Fondazione, un Palazzo, una Cultura

È una delle fondazioni di Venezia, la Querini Stampalia, che vanta tre situazioni nello stesso luogo: la Biblioteca, il Museo e un’area per esposizioni temporanee.
Nasce nel 1868 per volere del conte Giovanni, un anno prima della fine della sua esistenza.
Nasce all’interno del Palazzo cinquecentesco che porta il suo nome e che ebbe la fortuna, nel 1963, di veder restaurato il piano terra, grazie all’impegno, alla meticolosità, alla creatività di Carlo Scarpa che ebbe la collaborazione dell’architetto Mario Botta.
La volontà del conte Giovanni Querini Stampalia, è stata quella di donare alla città di Venezia l’intero patrimonio formato da beni mobili e immobili, collezioni artistiche e librarie con il solo scopo di utilizzo pubblico. È così che il Palazzo diviene sede della Fondazione.

Ogni volta che vengo a Venezia, non posso fare a meno di visitare questo luogo che ormai conosco abbastanza. Scivo ‘abbastanza’ e non totalmente, perché un luogo così variegato, ricco, multiforme, non si finisce mai di conoscerlo appieno. Ecco la necessità, più che il desiderio, di ritornare su luoghi già conosciuti per assimilare meglio quello che già si è visto tempo addietro.

La Biblioteca ha un patrimonio di trecentosettantacinquemila volumi: carte di famiglia, manoscritti, incunaboli, cinquecentine, carte geografiche e mappali oltre a un fondo moderno sempre più aggiornato. Riconosciuta, dal Comune di Venezia, come Biblioteca Civica del centro storico.
I mobili settecenteschi e neoclassici, le porcellane, i bisquit, le sculture, i globi, oltre a quattrocento dipinti dal XIV al XX secolo, soprattutto di scuola veneta, sono il contenuto del Museo che tramanda l’atmosfera della Casa patrizia. Mobili in legno dorato e laccato, che assumono un particolare significato insieme al mosaico dei pavimenti ‘alla veneziana’ e si inseriscono perfettamente tra stucchi e affreschi, dipinti e sculture, tappezzerie in seta damascata, lampadari di Murano, porcellane e specchiere.

Il Museo conserva pitture di Giovanni Bellini, Jacopo Palma il Vecchio e il Giovane, Luca Giordano, Marco e Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo solo per citare alcuni autori.
Le Sale sono nominate anche in base a quello che contengono. C’è quindi quella di Giovanni Bellini con il famoso dipinto ‘Presentazione di Gesù al tempio’ indicata come opera di Andrea Mantegna e successivamente attribuita, al Bellini nel 1916 da Berenson; quella delle Tavole, della Maniera, della Musica, dei Ritratti, del Salotto, dell’Ottocento, del XX secolo, delle scene di vita veneziana.
Nelle sale vi sono le opere di Michele Giambono, grande esponente del Gotico Internazionale, di Donato e Catarino di tradizione neobizantina, Jacopo Negretti, conosciuto meglio con il nome di Palma il vecchio, è presente con le opere che dipinse per ‘messer Francesco Querini’, di Vincenzo Catena, ci sono anche pittori come Polidoro di Mastro Renzo da Lanciano, Bernardo Strozzi, Marco Vecellio, dello Schiavone ovvero Andrea Medulich, di Jacopo Guarana, di Pietro Longhi, di Luca Giordano, di Giuseppe Jappelli, di Antonio Canova, di Camillo Innocenti, Alessandro Milesi, Medardo Rosso, Guglielmo Ciardi, di Gabriel Bella, Marco Ricci, di Pietro Della Vecchia, di Alessandro Longhi.
Si passa poi nella Sala Ottocento con la manifattura di Meissen di Sèvres e di Cozzi, ma anche altre porcellane di manifatture parigine.

È stata definita come l’architettura più colta e aristocratica del Novecento, mi sto riferendo all’area restaurata nel 1963 da Carlo Scarpa. La complessità dei disegni, da lui realizzati, per il progetto della Fondazione, stanno a indicare il lungo processo di creatività della proposta definitiva.
D’altronde nella mente e nella volontà di Scarpa, il giardino non è un episodio da considerarsi slegato all’architettura che lo circonda. Nel realizzarlo, ripercorre tutta la storia del giardino veneziano, con recinti forati in più punti con una serie di aperture. La presenza dell’acqua è fondamentale. E con l’acqua anche i profumi nella mutevolezza della vegetazione. Progetta, infatti, una serie di vasche sui bordi delle quali sono collocati letti di piante fiorite con violette e ortensie, pervinche e gelsomini.
Lo spazio dedicato al verde e ai profumi si conclude con la serie di elementi vetrati che catturano la luce. I disegni dimostrano essere disegni di lavoro, raramente eseguiti sul posto per gli artigiani.

La Fondazione si propone come campo di produzione culturale attraverso lo studio e la valorizzazione del proprio patrimonio storico e museale. Il programma di arte contemporanea nasce dalle premesse, come sapientemente scrive Chiara Bertola, che un’istituzione culturale deve avere. Premesse che si evidenziano in un luogo dinamico, capace di produrre un lavoro per le esigenze del presente. È la stessa Bertola che suggerisce l’opportunità di mettere un po’ tutto sottosopra attraverso la funzione didattica che suggerisca nuove vie nell’arco di diverse prospettive visuali. Se il museo deve proporsi in maniera sorprendente, nella Querini Stampalia ha avuto la sua concretizzazione. Il suo statuto ha l’obiettivo essenziale della conservazione. Principalmente una biblioteca e una ‘casa museo’ con gli oggetti di famiglia. Un atto dovuto, che la Fondazione realizza proiettando nel futuro, quel lascito del conte Giovanni, mantenendo viva la sua memoria soddisfacendo il suo desiderio perché rimanesse aperta alla città. Nella pletora di questi concetti non è da meno l’attività di studio, lo scambio bibliografico, la catalogazione, il restauro conservativo del fondo antico e delle collezioni museali.
Intensa attività quella della Fondazione che spazia nella collaborazione con le scuole, nell’organizzazione di corsi di formazione, a stretto contatto con realtà private e pubbliche come l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Palazzo Grassi, Punta della Dogana. La strategia che negli ultimi anni si è dimostrata vincente è il fare rete. Importanti si sono rivelate le adesioni alle iniziative come il Carnevale, Art night e altro. Così come altrettanto importante è la presenza, della Fondazione, ai vari profili sui principali social network come Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, Linkedin.
Entrare in questo luogo è come entrare in una placenta contornata di storia, di opere d’arte, di magnificenza del sito, di aura magica. Si viene attirati come in un vortice dove l’unico dispiacere avviene quando si vuole andare via.

Istruttissima e felicissima visita per tutti voi.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre


 

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