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2018

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John Ruskin
Le pietre di Venezia
Sino al 10 giugno 2018

Venezia
Palazzo Ducale

Orario:
8.30 – 19.00

Biglietti
Intero: 13,00 euro Ridotto: 10,00 euro

Informazioni:

Sito ufficiale


 

John Ruskin: Le pietre di Venezia

E’ proprio così che Gabriella Belli, Direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, definisce John Ruskin (1819 – 1900), presentandolo per la mostra ‘John Ruskin. Le pietre di Venezia’ al Palazzo Ducale.
Una Venezia, quella di Ruskin, antica con quel poco di integro che trovò. Il gran numero delle opere esposte focalizzano la sua personale vicenda artistica. Acquarellista dal raffinatissimo tocco, Ruskin annovera una serie di tematiche dai paesaggi ai cieli, alle nuvole e alle architetture. Testimone, attraverso gli undici soggiorni in Laguna, di un degrado della città, volle riportare su carta, su tela e per mezzo della scrittura, quanto andava osservando.

Importanti, infatti, sono le opere letterarie che gli sono annoverate. Da ‘Modern Painters’ un trattato di norme per il buon pittore, al diario personale ‘Praeterita’, al buon costruire ‘The Seven Lamps of Architecture’ fino ai principi di uguaglianza tra uomo e donna in ‘Sesame and Lilies’, solo per citare alcune sue opere.
E’ proprio in questi testi che viene svelata la sua ossessione per Venezia: ‘perché Venezia racchiude nell’estensione di sette/otto miglia il campo di lotta delle tre forme architettoniche più importanti…’. Un’ossessione però che non lo porterà a lesinare critiche alla città lagunare, pur apprezzandone di tanto in tanto la sua magnificenza. ‘Qualche volta quando ammiriamo il languido riflesso nella laguna, ci chiediamo, quasi fosse un miraggio, quale sia la città, quale l’ombra’, scrive Ruskin nel suo ‘The Stories of Venice’ del 1851.
In una critica così ragionata e severa, ceratmente è difficile dargli torto. Gran parte dei suoi testi nacquero come conferenze, principali intrattenimenti popolari dell’Ottocento. I suoi incontri, nonostante la voce fosse acuta e stridula, come ebbe a scrivere un ammiratore, riuscirono sempre a ispirare, coinvolgere, toccare profondamente e le sale erano gremite di persone desiderose di apprendere le idee dell’artista inglese.

Per la mostra è stato necessario fare un’enorme selezione perché migliaia sono le sue opere tra disegni, acquarelli, quaderni, taccuini che documentano gli interessi che Ruskin aveva sulla natura e sull’architettura. Il dettaglio sarà il suo pensiero ossessivo che ricorda lo stile moderno dei preraffaelliti. Lo si veda quando dipinge una foglia attraverso i blu di Prussia, il ruggine della foglia e lo stesso Ruskin scriverà che: ‘Se sai dipingere una foglia, sai dipingere il mondo’. Della gran parte dell’universo della natura rappresentato da Ruskin, sono da ricordare i suoi cieli. Nuvole e cieli sopra Venezia, Londra, Lucerna, il Lago Maggiore, Ginevra. Non sono nuvole e cieli qualsiasi, lo sciame di nuvole da lui rappresentato è di una bellezza fluttuante e ventosa insieme all’estetica del frammento. L’interesse per Venezia è testimoniato dall’artista per gli studi fatti su Carpaccio, Tintoretto e Veronese.

In giovane età Ruskin conosce Joseph Mallord William Turner (1775 – 1851), che frequentava la casa paterna. Nacque una lunga amicizia che si manifestò nella difesa da parte di Ruskin per Turner contro un gruppo che lo criticava, nel suo primo scritto ‘Modern Painters’.
John Ruskin ebbe modo di viaggiare molto, grazie a una famiglia ben agiata. E tra i suoi viaggi ci fu naturalmente Venezia che visitò più volte soggiornandoci anche per lunghi periodi. Tra i delicatissimi acquarelli, da notare è: ‘Canal Grande, Ca’ Sagredo e Ca’ d’Oro, 1876 – 1877 e ‘Pilastri acritani, lato meridionale della Basilica di San Marco, 1879 solo per citarne alcuni.
Nel suo ‘The Stones of Venice’, Ruskin è ossessionato da una Venezia in decadimento, dopo il periodo di trionfo Bizantino e Gotico, la sua denuncia parte dal Rinascimento in poi, dove lo stato di completo abbandono risulta essere frutto delle opere di Palladio e Giulio Romano per quella razionalità umanistica che è conseguenza di un’arte priva di vita, virtù, spregevole, innaturale, sterile, sgradevole, paralitica nella vecchiaia. Nonostante questo, quando ritornerà a Venezia in avanzata età, la riconosce come ‘il paradiso delle città’.

Affascinato dagli artisti veneti produrrà dei significativi lavori come lo ‘Studio da Tintoretto’, ‘Miracolo di San Marco del 1845 o l’Adorazione dei Magi’ del 1852. Particolarmente interessanti alcuni particolari che trae dai dipinti come lo studio da Carpaccio, che considerò il più grande colorista in una scuola di grandi coloristi, ‘Due dame veneziane’ del 1877 dove dal dipinto che definiva il quadro più bello del mondo, seziona un frammento, ne evidenzia i vuoti, gli scarti, come giustamente ha sottolineato Anna Ottani Cavina, mancando un perno narrativo o spaziale, l’effetto è surreale, straziante.

Felice visita per chi lo vorrà.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre


 

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