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Labirinti del cuore
Giorgione e le stagioni del sentimento
tra Venezia e Roma
Dal 24 giugno al 17 settembre 2017
Roma
Palazzo di Venezia
Castel SantAngelo
Informazioni e prenotazioni:
tel. 06/32810410
(dal lunedì al venerdì ore 9 -18 e il sabato ore 9 -
13)
http://www.mostragiorgione.it
Catalogo:
artem
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Giorgione e i labirinti del
cuore: doppio ritratto, doppia esposizione È un doppio ritratto quello che
apre lesposizione sui Labirinti del cuore. Sto
parlando de I due amici di Giorgio da
Castelfranco detto Giorgione (1478 - 1510).
Doppio è il ritratto, doppia la situazione espositiva:
Palazzo Venezia e Castel SantAngelo.
La chiave daccesso, è quella della
rappresentazione dei sentimenti e degli stati danimo
nellItalia dei primi del sedicesimo secolo, come
spiega Edith Gabrielli, Direttore del Polo museale del
Lazio. La Gabrielli aggiunge che il dipinto viene
identificato come punto di svolta nella rappresentazione
degli stati danimo.
Oltre alla consueta pannellistica in due lingue, lesposizione
è stata pensata con il supporto delle audioguide, una
app con testi del curatore e una selezione filologica di
brani musicali del tempo insieme a installazioni video
con musiche di Franz Rosati.
Lacuto ed erudito professore Enrico Maria Dal
Pozzolo, uno dei massimi specialisti di pittura veneta
fra letà rinascimentale e barocca, curatore della
mostra, ha tenuto a dire alla presentazione, che questa
non è una mostra come le altre costruite sulle opere e
sulla personalità di un artista, ma attraverso le
stagioni del sentimento, che gravitarono ai tempi del
Giorgione tra Venezia e Roma, le due mostre si
arricchiscono di dipinti, sculture, libri a stampa e
manoscritti oltre a oggetti, stampe e disegni.
Il maestro di Castelfranco ci pone di fronte al mistero
che avvolgono i suoi quadri, non a caso il Dal Pozzolo,
considera Giorgione il vero erede di Leonardo, attraverso
un sentimento della natura che conserva tutto il suo
mistero e il piacere per una pittura-enigma, vale a dire
il quadro come testimone muto di una riflessione.
E il dipinto I due amici in un ossimoro
concettuale, pur essendo testimone muto di una
riflessione, è lì che ci parla.
Dietro a un parapetto, in primo piano sta un giovane
vestito elegantemente e pur fissandoci sembra che non ci
veda. La sua espressione assente è vagamente triste,
aria svogliata quasi apatica. Il volto si adagia sulla
mano destra il gomito appoggia sulla parte rialzata quasi
a sorreggerne la melanconia. Questa melanconia è
testimoniata in mostra dalla presenza di quella famosa
stampa del Dürer (1471 - 1528). Daltronde anche il
frutto nella mano sinistra sottolinea vieppiù questo
concetto. Si tratta del melangolo una specie di arancia a
un tempo amara e dolce. Ma questo aspetto di mestizia,
sembra non essere condiviso dal personaggio in secondo
piano. Lui sì che ci guarda intensamente, il suo volto
più carnoso e meno regolare dellaltro dimostra un
carattere diverso, un differente stato danimo.
Gli interrogativi su questi due amici si moltiplicano.
Chi sono? Che rapporto li unisce? Di amicizia, parentela,
amore? A chi si rivolgono nel guardarci? Quale è la
comunicazione che volevano trasmetterci? Sofferenza ed
estasi quindi, provocata dalla malinconia del giovane in
primo piano dallaria trasognata.
Senza dubbio, come afferma il curatore, questo dipinto è
una delle invenzioni più originali del primo
Cinquecento. A Venezia, prima di Giorgione, i committenti
richiedevano ai pittori immagini che attestassero il
proprio status socio-culturale e la verosimiglianza
psicofisica. Si possono notare, infatti, nella produzione
di Antonello da Messina o Giovanni Bellini, ritratti a
mezzo busto e con il viso orientato di tre quarti.
Tutto questo avvenne in un particolare periodo, dove a
Venezia si era da poco risvegliato quellinteresse
petrarchesco, fino ad interrgorsi sulla natura dellamore
attraverso la filosofia e la letteratura, la pittura e larte
musicale.
La presenza, poi, di Domenico Grimani, può aver aperto
le porte di palazzo Venezia, visti i rapporti che aveva
con Roma quando venne nominato, da Innocenzo VIII,
segretario apostolico. Il Grimani soddisfò la sua
passione antiquaria e per i libri. Libri che sono ora
presenti in questa ricca mostra; dalle memorie di
Giorgione ai testi fiamminghi, olandesi e tedeschi. È
presente quel meraviglioso manufatto di Jacopo de
Barbari (1460/70 - 1516), la famosissima veduta di
Venezia datata 1500, una xilografia stampata su sei
fogli, alta cm. 139 e lunga cm. 282, conservata al Museo
Correr. Intagliata su sei matrici in legno di pero,
famosa anche in tre stati di esecuzione. Si
contraddistingue per la straordinaria precisione ottica,
anche se non rispetta alla perfezione la topografia della
città. Cè il breviario Grimani, il cartone
Raffaello per larazzo con la conversione di San
Paolo.
In mostra ci sono anche tre ritratti che meritano una
certa attenzione per i tanti simboli che riportano. Il
primo è di Bartolomeo Veneto (
- 1555), Ritratto
di gentiluomo del 1510 1515 circa. Di
probabile origine cremonese, Bartolomeo Veneto si formò
a Venezia pur essendo attivo in Lombardia. Il dipinto
rappresenta un gentiluomo raffigurato frontalmente. Lo
sguardo è lievemente strabico, alle spalle un tendaggio
rosso amaranto. La sontuosa pelliccia è guarnita dalla
raffigurazione di un labirinto posto in corrispondenza
del cuore, fulcro della scena. Di chiara impostazione
nordica, lidentità del giovane sembra sconosciuta.
Vari sono gli emblemi e i simboli. Dal labirinto, forma
archetipa per eccellenza, che si riferisce al tema del
viaggio, del percorso difficile e tortuoso inteso come
dissidio interiore non risolto, dinquietudine, di
angoscia e la pigna verde che allude alla virtù e alla
resurrezione.
La pittura va collocata nel contesto di uniconografia
amorosa, dove il tema del labirinto ebbe numerose
declinazioni letterarie dal Corbaccio di Boccaccio: il
Labirinto damore, in mostra è ledizione
veneziana del 1516.
Gli altri due dipinti sono quelli di Domenico Robusti
detto il Tintoretto (1560 1635), Ritratto di
donna che mostra il petto e Ritratto di donna
che apre la veste 1590 circa.
I due dipinti custoditi al Prado rappresentano la figura,
di tre quarti, emergente da un fondo bruno con abiti
molto scollati, orlati di merletto, sostenuti sotto il
seno da una cintura di raso.
Furono eseguiti probabilmente con la stessa modella, uno
più erotico, laltro più sobrio. Rappresentano i
due diversi momenti dellatto di scoprire il seno,
quello iniziale e quello finale. Considerate cortigiane,
le famose professioniste del sesso, divennero nella
Venezia dellepoca quasi un prodotto commerciale.
Alcune di esse avevano una buona preparazione culturale,
intrattenendo relazioni con artisti e letterati in
animati salotti intellettuali come è il caso di Tullia dAragona,
di Louise Labè di Lione, di Gaspara Stampa di Padova, di
Caterina Sardella e della veneziana Veronica Franco,
figlia di una meretrice e lei stessa poetessa. Va da sé,
comunque, che i due dipinti vanno letti in termini
opposti. Nella tradizione medioevale e rinascimentale,
infatti, latto di esibire il seno come del resto la
nudità intera alludeva metaforicamente ai concetti
positivi di sincerità e di verità. Il seno veniva
considerato come porta dellanima e del cuore,
segnale di fecondità e offerta damore.
Felice visione a voi tutti.
Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre
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