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2017

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DA CARAVAGGIO A BERNINI
Capolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna


Dal 14 aprile al 30 luglio 2017

Roma
Scuderie del Quirinale
via XXIV Maggio, 16

Orari:
da domenica a giovedì
10/20
venerdì e sabato
10/22,30

Informazioni:
tel. 06/39967500

Catalogo:
SKIRA

a cura di Gonzalo Redín Michaus

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Dalla Spagna il Seicento italiano

Come spesso succede, i rapporti strettissimi di due Paesi, politici e culturali, generano una congèrie di avvenimenti destinati a fare Storia e a rimanerne vita natural durante.
È quanto accaduto tra l’Italia e la Spagna nel XVII secolo quando il collezionismo spagnolo rilanciò la tradizione che fu del Cinquecento con Carlo V. Patrimonio questo avvenuto grazie all’amore per la pittura che nella Spagna degli Asburgo, i re ebbero sia attraverso Filippo II e i suoi successori Filippo III e Filippo IV.

Per Filippo II, Tiziano era il pittore preferito come testimoniano le numerose tele raccolte tra il Prado, l’Escorial e il Real Alcàzar di Madrid.
Filippo III continuò, mantenendo l’eredità paterna, ad avere l’interesse per l’Arte anche se è con Filippo IV che l’amore per la pittura assume un vero valore collezionistico.
Vennero acquisite opere di Peter Paul Rubens (1577 – 1640), Guido Reni (1575 – 1642) arrivando ad avere più di duemila dipinti aggiunti alla pinacoteca già esistente.
La passione per la pittura dei tre monarchi, proveniva soprattutto dalla giovinezza dove ebbero modo di praticare le arti figurative, inclini al disegno.

Questo collezionismo avvenuto per mano di Ambasciatori e Viceré, la successiva importazione di opere italiane in Spagna, utilizzata in gran parte per arricchire le Collezioni Reali, provocherà la nascita di quel gusto di scuola nazionale arrivando per mezzo di Diego Velàzquez (1599 - 1660) a scalare le più alte sfere della Storia dell’Arte europea.

Tutto questo è stato possibile grazie alla presenza di Caravaggio e di Bernini tra Naturalismo, Classicismo e Barocco. Fin qui quello che recitano i documenti storici, ma per testimoniare ancor di più la veridicità dei fatti e per donare la gioia visiva all’intera umanità, ci sono le opere d’arte che lo testimoniano.
Questa meravigliosa gioia visiva è ora in mostra alle Scuderie del Quirinale, attraverso opere conosciute e non proprio perché appartenenti alle Collezioni Reali di Spagna.

Parlando delle due opere di richiamo al titolo ecco la prima, quella del Caravaggio (1571 – 1610), è una tela poco nota. La celebre scena con Salomè che reca su di un piatto la testa del Battista. Già con la Decollazione, a Malta, Caravaggio aveva affrontato questo episodio, in questa tela appare più discreto, quasi malinconico, Salomè pare contrita della sua scelta come lo può essere il Davide alla Galleria Borghese che tiene la testa di Golia-Caravaggio.
È probabile che l’artista già si immedesimasse nel personaggio dopo l’omicidio da lui commesso a Roma.

L’altro riferimento della mostra è il Bernini (1598 – 1680) che rappresenta un crocefisso in bronzo, commissionatogli da Filippo IV e per questo molto pagato, allocato nel Monastero di San Lorenzo dell’Escorial è raramente accessibile al pubblico. C’è da dire che nonostante la fattura sia impeccabile, forse solo le proporzioni delle gambe risultano un po’ piccole rispetto al busto, ma prevedendo una collocazione in alto, la scelta sembrerebbe giustamente voluta per la riduzione prospettica della veduta dal sotto in su, stette comunque pochissimo sull’altare nella cripta reale. A dire il vero la ragione appare più liturgica. I due piedi forati, del Cristo, da un solo chiodo non erano dignitosi anziché forati piede per piede.

Queste opere furono anche commissionate e comprate dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia, costituirono doni diplomatici da parte di principi e governatori della Penisola come ‘Lot e le figlie’ di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (1591 – 1666) o la ‘Conversione di Saulo’ di Guido Reni, già nominata in precedenza e donate a Filippo IV dal principe Ludovisi che gli garantì protezione spagnola sullo Stato di Piombino.

All’inizio dell’esposizione è in bella mostra un elegante Tabernacolo a pietre di Domenico Montini (1600 – 1654), splendidi i piccoli paesaggi ad intarsio.
Andando oltre nel percorso della mostra fa bella presenza quel Guido Reni che con la sua ‘Conversione di San Paolo’ si pone in polemica con Caravaggio anche se quest’ultimo era morto da qualche decennio.
Il quadro di Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino (1591 – 1666) pone alla nostra attenzione quel tipo di pittura propriamente ‘emiliana’: realista, naturale, gentile.
E poi c’è la ‘Tunica di Giuseppe’ del Velazquez a testimonianza che su di lui ebbero l’arte veneta e bolognese appena vista dopo un lungo viaggio in Italia.

In questa pregiata esposizione c’è anche quell’artista che divenne il maggiore pittore barocco francese, mi riferisco a Charles Le Brun (1619 – 1690) con l’opera giovanile: un Cristo deposto, è presente in mostra quel nostalgico di Raffaello che risponde al nome di Giovan Francesco Romanelli (1610 – 1662), con una versione più pacata del barocco nella Deposizione.
Opera insolita è quella di Andrea Vaccaro (1600 – 1670), importante artista napoletano, nel dipinto ‘La logica’ appare una bellissima figura femminile con elmo e attributi che in forma simbolica richiamano le virtù intellettuali.
Infine quel Luca Giordano (1634 – 1705), considerato un artista di sintesi per tutto il barocco con un bel dipinto ‘la vicenda di Balaan’ con la sua mula parlante.

Quindi commissioni, donazioni e invito a lavorare a corte come viene rivolto a Luca Giordano che rimase in Spagna ben dieci anni, mentre lo spagnolo Jusepe de Ribera (1591 – 1652) giunse a Roma nel 1606 trascorrendo gran parte della sua vita a Napoli.

Tra il 1819 e il 1865 avvengono due avvenimenti importanti. Il primo attraverso il re Ferdinado VII (1784 – 1833) viene istituito il Museo Real, denominato in seguito Museo del Prado accogliendo tutte le opere che non erano nelle residenze dei monarchi, il secondo fu la rinuncia da parte della regina Isabella II (1830 – 1904), della proprietà personale dei beni ereditati dai suoi antenati facendoli gestire dallo Stato creando il Patrimonio Nacional.
È proprio da questo fondo collezionistico che sono state selezionate le opere in mostra.

Ricchissima visita per tutti voi.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre


 

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