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oltre l'arte
2016

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SCRIGNI DI FIORI E PROFUMI
le ceramiche di Nove
Capolavori tra natura e finzione
Dal 14 maggio al 16 ottobre 2016

Museo storico del Castello di Miramare
Trieste

Biglietto:
Intero € 8, ridotto € 5
l’accesso al parco è gratuito

Informazioni:
tel. 040/224143

Sito ufficiale

Catalogo:
Marsilio editori


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Scrigni profumati

Ci sono Anemone, Aquilegia, Asteracee, Campanula, Cattleya, Centonchio, Cotogno, Fienarola, Giaggiolo, Ibisco, Lonchite, Tarassaco oltre a tante altre e famose piante.
Non mi trovo in un particolare orto botanico. Le piante che ho citato fanno parte delle decorazioni di una particolarissima ceramica, quella di Nove, comune del Vicentino, attraversato dal Brenta ai confini con Bassano del Grappa e Marostica.
Questi deliziosi oggetti sono ora in mostra in un altrettanto delizioso luogo o come afferma il Direttore del Museo storico, Rossella Fabiani, in quella residenza di sogno che è il Castello di Miramare a Trieste. Mai luogo poteva essere scelto per un’esposizione sublime quale questa delle trentadue ceramiche di Nove.
La particolarità di certa manifattura, è stata troppe volte offuscata dalle Arti così dette maggiori. Non è retorico affermare che il bello, quando è tale, lo è per un dipinto come per un braccialetto da polso, lo è per la cornice di uno specchio o come in questo caso per la ceramica. Una ceramica rifinita, ben colorata, studiata e non incline alla casualità come invece si è visto troppe volte, negli ultimi trenta anni, nella produzione delle arti maggiori.
È dal 1859 che le ceramiche di Nove vengono maggiormente prese in considerazione. Alberi di notevole interesse botanico e svariate essenze, che provenivano dal Messico, dall’America settentrionale, dall’Africa e dall’estremo oriente vennero collocati, nel Parco del Castello di Miramare, voluti da Massimiliano d’Asburgo appassionato botanico, per trasformare un’area, a dire il vero inospitale e brulla, in un giardino delizioso in cui arte e natura si incontrano.
È proprio da questo ambiente trasformato, che prende piede una particolare attenzione per l’identità botanica di fiori ed essenze, producendo quel decoro floreale nelle ceramiche.
La loro raffinatezza ed eleganza conquisteranno il posto all’interno dell’arredo, impegnativo e sontuoso, del castello.
Le ceramiche esposte, abbracciano un’asse temporale che va dal 1910 al 1940, con influenze Liberty e Déco. Nel panorama artistico dell’arte veneta, le prime rappresentazioni floreali si troveranno, all’inizio del XV secolo, in contemporanea con l’estensione del dominio della Serenissima Repubblica. È sufficiente osservare i dipinti del veronese Girolamo dai Libri (1474 – 1555) miniaturista e poi pittore, la sua cultura si orienterà principalmente nell’ambito della botanica come attestano diversi suoi lavori.
Katia Brugnolo, curatrice della mostra, continua così nel suo eruditissimo studio nominandoci il mirto, presente nel dipinto ‘Il sogno di Sant’Orsola’, associato nel Rinascimento alla fedeltà e all’amore eterno, il garofano simbolo di promessa di matrimonio; il genio di Leonardo che studiò i movimenti delle linfe negli organismi vegetali; Prospero Alpini, che con precisione botanica, nel raffigurare la pianta del caffè la renderà nota in Occidente.
Tra il XVII e il XVIII secolo, la rappresentazione dei fiori raggiunge il massimo splendore attraverso la decorazione delle maioliche, delle porcellane e delle terraglie varie.
Numerose manifatture furono prodotte, grazie anche alla richiesta dell’aristocrazia veneziana, maggior committente della ceramica di Nove.
La Brugnolo, ci tiene a comunicarci, che la rosa fu senza dubbio il fiore più emblematico. Anche il decoro dei fiori recisi della ditta Antonibon viene approfondito e significativo è l’interessante studio di Marco Squizzato: ‘I soggetti vegetali nei decori delle ceramiche di Nove’.
L’importanza di queste esposizioni, che alla lontana possono apparire per soli appassionati del settore, se viste, lette con attenzione e curiosità, come dovrebbe essere per ogni esposizione di qualsiasi natura, possono suscitare interessi improvvisi e addirittura ‘innamoramenti’. Innamoramenti che sono sempre volti al bello come le opere di questa mostra. Ne sono valido esempio la coppia di vasi o la grande vasca, il centrotavola, il portaorologio, le cestine, i meravigliosi putti reggimensola e poi ancora vasi modellati secondo la tradizione del ‘vaso melone’, i piatti, gli orcioli, una interessantissima specchiera maiolica. Particolare il vaso della manifattura Antibon con le anse a forma di angelo, apodo con ali sinuose. Il prezioso Vaso con Venere e Cupido della manifattura di Antonio Zen (1871 – 1944), che si formò nei Regi Istituti di Belle Arti di Venezia e Roma.
Il principale ‘attore’ di queste opere, è la decorazione in punta di pennello dal decoro ‘a occhio di bue’ al ‘grande fiore blu’, dal ‘bordo cinese’ ai ‘fiori recisi’, dal decoro ‘persiano o a ponticello’, a quello ‘a blanser’ detto ‘tacchiolo’. Altri elementi di decoro come quello a ‘fiori gettati o a fioretti sparsi’, a ‘bacche e fiori stilizzati’, a ‘paesetto’, alla ‘frutta barocca’, alla ‘rosa’, a ‘bersò’.
Una mostra che più che essere raccontata, va vista. In assoluto tutte le esposizioni debbono essere osservate da vicino, ma questa in particolar modo per la multiforme unione di particolari deliziosi come delizioso è il luogo che ospita queste opere.

Sublime visione a voi tutti.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre


 

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