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2016

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IPPOLITO CAFFI 1809-1866
Tra Venezia e l’Oriente
Dal 28 maggio al 20 novembre 2016


Museo Correr
San Marco 52
Venezia

Orari:
tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00

Ingresso:
€10 intero, €8 ridotto

Catalogo:
Marsilio

Informazioni:
Call center: 848082000

Sito web

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Ippolito Caffi ovvero un’autentica novità

È così che Théophile Gautier, scrittore e poeta francese, (1811 – 1872) nel 1855 definì le opere di Ippolito Caffi (1814 – 1866), il mezzo per dipingere Venezia… con un lenzuolo di neve sulle cupole.

L’esposizione, ora al Correr che sarà aperta fino al 20 novembre 2016, ha per titolo: ‘Ippolito Caffi tra Venezia e l’Oriente, 1809 – 1866’. Una mostra che prende spunto da quel secolo e mezzo dalla sua morte e che rimane un’occasione, per ammirare il più innovativo vedutista dell’Ottocento, un po’ visionario e un po’ patriota. Viene esposto per intero il fondo di oltre centocinquanta dipinti.

Questo suo essere patriota lo pagherà con la Vita, morì infatti durante la battaglia di Lisa in seguito all’affondamento della Re d’Italia, sulla quale si era imbarcato per testimoniare, attraverso i suoi disegni, le vicende belliche.
Nato a Belluno viene considerato il pittore reporter. Un reporter ante litteram e proprio quando termina la sua esistenza, quasi fosse un segno del destino, il Veneto e Venezia (per l’appunto centocinquanta anni fa) vennero annessi all’Italia.

Annalisa Scarpa, una delle massime studiose del pittore, avvalendosi dell’imponente fondo di dipinti che appartengono alla Fondazione Musei Civici di Venezia, ne è la curatrice.
Mostra promossa dalla Fondazione Muve insieme a Civita tre Venezie e a Villagio Globale International. Il grosso corpus di dipinti e disegni furono donati dalla vedova del Caffi, Virginia Missana, alla città di Venezia nel lontano 1889.

Ho ritenuto doveroso iniziare questo mio scritto con il nominare la curatela, i responsabili di tutta questa operazione. L’importanza delle donazioni è tutta qui, senza le quali molte testimonianze, molte memorie andrebbero perse.
Abitualmente conservati nei depositi di Ca’ Pesaro, i dipinti del Caffi, testimoniano il suo essere viaggiatore instancabile attraverso le città e le regioni visitate. Viene fuori così quel volto di gran parte dell’Ottocento per mezzo del suo esplorare da città in città con le immagini di monumenti, architetture, spazi urbani.
Annalisa Scarpa ci ricorda le parole scritte dal pittore che assomigliano moltissimo alle vite di tanti altri artisti. Il Caffi scriverà che essere fuori dal seno della società e dei pregiudizi, lo porterà a dedicarsi unicamente all’arte, facendone una unica testimonianza di vita. Trova, giustamente nella solitudine, il respirare dell’anima e sentirsi libero porta a gustare istanti di felicità. Libertà che pagò con la vita per essersi, come scrivevo prima, imbarcato nella flotta destinata alla difesa delle coste Adriatiche, in linea con i suoi desideri, testimonierà le vicende belliche con i suoi schizzi appuntati nei taccuini.

La vita di Ippolito Caffi, pittore patriota, è interessante. Finito, per omonimia, nelle liste di proscrizione, lascia Venezia per passare di città in città: Genova, Novara, Torino, Nizza, Ginevra, Losanna dove lascerà le sue visioni urbane.
Nel tornare a Roma, dove era già stato, nonostante la creazione di dipinti famosi come l’Interno del Colosseo e riammesso alla città lagunare, il suo animo rimane inquieto. Inquietudine che nasce non solo per assistere alla decadenza fisica di Venezia, per via del dominio Austriaco, ma anche perché accusato di alto tradimento sulla base di false prove per il quale sarà arrestato. Scontato il breve periodo di prigione (tre mesi), raggiungerà Napoli e dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, Ippolito ottiene il permesso d’imbarcarsi.

Ippolito Caffi è considerato il più moderno e originale vedutista del tempo, per la sua abilità prospettica, è chiaramente l’ultimo erede del famoso veneziano Antonio Canal detto il Canaletto (1697 – 1768). Anzi per alcuni versi lo supererà, per via di quegli effetti di luce considerata una luce ‘emotiva’.
Annalisa Scarpa ci comunica come il Caffi costruisce una sua ‘maniera’. Per farlo, attraverso la rappresentazione della città, utilizzerà ora una luce artificiale, ora quella dei fenomeni naturali come la neve e la nebbia. Un pittore dalla cultura e dalla vita sociale a tutto tondo. Quando sarà a Roma frequenterà il Caffè Greco e l’Accademia di Francia.
Le sue vedute spaziano dalle città italiane all’Oriente da Santa Sofia a Costantinopoli, dalla Siria all’Armenia, fino alla Palestina e l’Egitto: il Cairo, Alessandria, Luxor. Questa lunga esperienza in Oriente cambierà il modo di rappresentare la luce che appare ora più calda.

Debbo confessare che non sono mai stato particolarmente attratto dagli artisti vedutisti.
Pur riconoscendo l’importanza del friulano Luca Carlevarijs (1663 – 1730), Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto (1721 – 1780), Francesco Guardi (1712 – 1793). Vedutisti eccelsi indubbiamente che sul finire del Seicento, attraverso l’opera di pittori stranieri come Gaspard van Wittel, si innamorano della pittura di veduta.

Ippolito Caffi, vedutista colto dell’Ottocento, va oltre. C’è un suo dipinto che è contemporaneo. ‘Colosseo illuminato a bengala’, eseguito nel 1856, un olio su cartoncino intelato dalle piccole misure: trentuno centimetri per cinquantuno. Il tripudio di luci, colori, di improvvisi balenii tra fluidità cromatica e materia pittorica, superano le regole ottocentesche per andare verso stagioni della contemporaneità. I bianchi, i verdi e i rossi rosati ricordano i colori del nostro Tricolore tanto caro all’artista patriota.
Trovo questo dipinto assolutamente contemporaneo dei nostri giorni. Quelle luci sembrano le ultime illuminazioni dei monumenti fatti in questi ultimi anni a Roma, chissà se la visione di questo o altri dipinti non abbiano suggerito, agli operatori della Soprintendenza di Roma, la sistemazione e la scelta delle luci.

Un pittore, quindi, che va visto con l’occhio moderno e contemporaneo, sapendo però che è vissuto nell’Ottocento. Una mostra, una collezione tutta da vedere anche e soprattutto per chi come me, accecato dalla grandezza del Canaletto, non è riuscito a vedere fino ad ora, la contemporaneità di un pittore travagliato scomparso prematuramente.

Coloristica visione a voi tutti.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre


 

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