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2015

Beni Culturali - Mostre
Mostre - Sommario




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DUILIO CAMBELLOTTI
Le grazie e le virtù dell’acqua
dal 27 febbraio al 14 giugno 2015

Bari
Palazzo dell’Acquedotto Pugliese
via Salvatore Cognetti, 36

Orario:
da martedì a domenica e festivi
dalle 10.00 alle 18.00
Chiuso lunedì non festivo

Ingresso:
intero 6,00 euro ridotto A 4,00 euro (gruppi di almeno 15 unità, soci TCI, soci Banca Popolare di Bari) ridotto B 3,00 euro (6-18 anni, soci TCI e soci Banca Popolare di Bari in gruppi maggiori di 15 unità, soci CRAL AQP, ex-dipendenti Acquedotto Pugliese
omaggio fino a 5 anni, disabili e accompagnatore, giornalisti accreditati, dipendenti Acquedotto Pugliese e dipendenti Aseco

Informazioni:
telefono Sistema Museo 199 151 123

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Acqua ovvero l’Arte di Cambellotti a Bari

Sono convinto che tutti voi che mi leggete, avete in memoria un famosissimo dipinto di Vermeer (1632 – 1675): La lattaia. Diversi sono i motivi per cui questo dipinto è pura e altissima Arte. La piccola immagine raffigura una figura femminile intenta a versare da una brocca, del latte. E questo latte, dalla tonalità del bianco, non è rappresentato solo come una macchia di colore. Il latte versato è un liquido in movimento perché così il Pittore di Delft lo ha dipinto.

Liquido in movimento lo stesso, questa volta, però non latte bensì acqua. Ecco, tutto quello che è riuscito a fare Duilio Cambellotti (1876 – 1960) per il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese di Bari, è stato rappresentare l’acqua in movimento, attraverso disegni, dipinti, sculture, oggetti. L’occasione per venire a conoscenza di tale grande lavoro la offre ora una mostra che si è inaugurata a Bari il 27 febbraio del 2015, per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua potabile nelle terre pugliesi. Il titolo racchiude come in un abstract la concezione che è alla base di tutta l’Arte del grande artista romano.

L’esposizione comprende oltre centoventi opere attraverso dipinti, disegni, illustrazioni, sculture, ceramiche, terrecotte, vetrate e mobili. Quando nel 1931 Cambellotti accetta l’incarico di realizzare l’intera decorazione interna del Palazzo dell’Acquedotto Pugliese, lo fa con qualche riserva. Pur temendo di essere fagocitato dalla straripante propaganda del regime fascista, individuerà il tema centrale, senza per questo scendere a compromessi, grazie alla sua abilità e competenza.

L’occasione gli viene data per interpretare il tema dell’acqua attraverso la sua geniale creatività. Un tema questo, molto caro ai baresi, perché ebbero la possibilità di avere acqua potabile, prima nelle fontane poi nelle case private fin dal 1915. Ma al di là della normale erogazione dell’acqua, l’opera di ingegneria fu considerata, all’epoca, il più grande acquedotto del mondo. I riferimenti all’acqua il Cambellotti li realizza non solo sulle pareti, ma anche nei pavimenti con inserti di marmo policromo e in metallo come appaiono nelle sculture. È una congerie di dettagli, dai corsi d’acqua dipinti o in pietra e madreperla, agli ulivi e spighe stilizzati, alle anfore sulle porte e nelle vetrate fino alle maniglie a forma di viadotto romano. Nicola Costantino in catalogo fa notare che l’opera di Cambellotti ci insegna la preziosità dell’acqua viva ricordando un verso di Emily Dickinson (1830 – 1886): l’acqua è insegnata dalla sete.

All’interno del Palazzo si passa dallo stile romanico pugliese delle facciate, al tardo liberty con accenni di razionalismo e di futurismo. Evidenti riferimenti all’acqua limpida sono sottolineati dalla presenza dei cavalli che si abbeverano. E l’immagine femminile giuoca un ruolo tutto suo di donna-ninfa che da un’anfora tenuta in alto, versa un flusso d’acqua che sembra in movimento come la similitudine fatta con la Lattaia di Vermeer. E quest’acqua in movimento ha le stesse bianche linee della morbida tunica che riveste la donna. È praticamente la rappresentazione dell’acqua ‘buona’ fonte di vita. Ricordate Reinhold Messner negli spot pubblicitari per una marca dell’acqua?

L’invettiva di Cambellotti, però, prende più corpo nella realizzazione degli arredi, come le sedie-troni, le poltroncine girevoli e i tavoli per gli ingegneri.

Nel cortile del Palazzo si trova un tronco d’albero che regge nella chioma gli stemmi di città pugliesi bagnate dall’acquedotto, attraverso una trama di simboli disegnati che si ritrovano sia dentro che fuori il Palazzo: ciuffi di spighe, rami d’ulivo, vitigni, frasche carichi di frutti. Duilio Cambellotti, ricevuto l’incarico da parte di Gaetano Postiglione, Presidente dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese in Bari, scriverà di assumere il compito al fine di concepire immagini, soggetti ed espressioni ornamentali riferiti all’impresa dell’acquedotto. Scriverà inoltre che: «L’opera mia quindi consiste in una parte concettiva, in una esecutiva e in una direttiva per quelle esecuzioni…» che verranno affidate, per ragioni pratiche a maestri locali: lavori in pietra, in legno, metallici, tinteggiature di pareti, tappezzerie. L’artista interverrà anche nel disegno architettonico di alcune sale, nella decorazione pittorica, nelle figurazioni dei pavimenti, negli arredi, nei corpi illuminanti, nei tappeti.

L’impegno di Cambellotti a Bari tra il 1931 e il 1934 avviene nel pieno della sua maturità artistica, nel lungo percorso che lo aveva visto protagonista nelle arti plastiche, nella scultura, nella pittura, nella scenografia teatrale e cinematografica, nella ceramica, nell’illustrazione editoriale, nell’architettura, nel design. La sua carriera artistica nata nell’ambito modernista, piena di ideali umanitari di quel socialismo tardo ottocentesco, quello per intenderci del socialismo della bellezza, trova in queste espressioni pugliesi il contenitore di nuove e varie mitologie. Sulla scia di William Morris (1834 – 1896), Cambellotti rimane convinto e orgoglioso della manualità della sua arte. Imparerà a conoscere le materie e gli strumenti ‘rubando’ con gli occhi, imitando l’attività del padre Antonio, decoratore e intagliatore in legno. E la sua missione sociale e morale il Cambellotti la espleta attraverso le iniziative per l’alfabetizzazione dei figli dei contadini della campagna romana e delle paludi pontine.

Scoprendo l’Agro Romano, attraverso escursioni a piedi, inizierà la conoscenza di artisti come Giacomo Balla (1871 – 1958), di Antonio Mancini (1852 – 1930) e altri ancora. Fotograferà gli alberi, gli animali, gli uomini della vanga e del solco. E attraverso le foto trasformerà le immagini creando visioni, sentimenti, emozioni. Pur tenendo sempre presente la cultura simbolista in cui si è formato, tenderà all’essenzialità della linea. La linea prenderà il primo posto per Cambellotti, sia nella grafica che nell’illustrazione, nei lavori plastici, negli arredi e nelle vetrate. Raggiungerà così quell’equilibrio tra astrazione grafica e naturalezza dell’immagine. E tutto questo grazie anche alla sua cultura fatta di letture su Pascoli, Tolstoj e Gor’kij, Bakunin, Engels, Hegel, Proudhon. Ma l’intervento che Duilio Cambellotti fece al Palazzo Pugliese, progettato dall’ingegnere ravennate Cesare Brunetti (1894 – 1962) non fu il primo lavoro dell’artista romano su un edificio pubblico. Nel 1926, infatti, interviene nella decorazione delle Sale delle bandiere di Castel Sant’Angelo in Roma, nel 1933 nella Sala del Consiglio dell’Istituto Eastman e dello stesso anno per il Palazzo della Prefettura di Ragusa e la Sala consiliare della Prefettura e l’Aula del Palazzo di Giustizia a Latina (1934-1936).

Ultimi interventi in palazzi pubblici sono il Palazzo dell’Anagrafe di Roma nel 1938 e il Palazzo Grande di Livorno nel 1952 dove eseguirà una grande chimera di ceramica smaltata.
Interessante visione a voi tutti.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre

 

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