ex-@rt magazine |
|
|
PINTORICCHIO: IO
BERNARDINO PIGLIO A DIPIGNERE Così, Bernardino di Betto o Betti (detto anche il Pintoricchio) ebbe a scrivere a Fra Giovanni da Verona per la realizzazione di una Pala per il costo complessivo di cinquanta fiorini. Nell’accordo, c’era pure che il Frate Giovanni avrebbe dovuto pagare anche il legno, dove il Pintoricchio avrebbe dipinto una Vergine in cielo su cherubini e ai suoi piedi San Benedetto e San Bernardo. La Pala venne commissionata per essere inserita sull’altare della collegiata di Santa Maria Assunta di Barbiano a San Gimignano. Tale collegiata fu costruita in seguito a una donazione del 1340, fatta da un nobile signore di San Gimignano sui terreni di loro proprietà nella zona di Barbiano lasciati a Bernardo de’ Tolomei fondatore dell’ordine monastico dei benedettini di Monte Oliveto. E l’opera del Pintoricchio venne commissionata poco più di un secolo e mezzo più tardi. Il soggetto scelto per la Pala era la Vergine Assunta tra i santi Bernardo de’ Tolomei e Benedetto. Ma in corso d’opera, l’Artista dovette apportare un cambiamento all’intesa sottoscritta sostituendo così l’immagine di San Bernardo con quella di San Gregorio Magno con la tiara e il piviale. La scelta, probabilmente, del cambiamento potrebbe trovare una spiegazione in relazione a quel lascito, che Margherita di Guido de’ Barbi vedova di Giovanni di Gualtiero Salucci, fece. Margherita era membro di quella famiglia di mercanti fiorentini che nel Trecento avevano legato il proprio nome a quello di San Gregorio Magno. Ma questo cambiamento, sembrerebbe che non ebbe esiti negativi, visto e considerato che il cellerario fu “cho(n)teto” dell’opera consegnata. Tutto questo che vado scrivendo l’ho estrapolato dalle sapienti parole di Cristina Acidini e di Claudia La Malfa che con Mario Scalini hanno confezionato una pubblicazione ricca di note, avvenimenti, di storia, di critica così preziosa da consigliarne la lettura. Ora questa Pala, è meravigliosamente esposta a San Gimignano e vi rimarrà fino al 6 gennaio 2015. Dipinta tra il 1510 e il 1512 venne commissionata dal monastero olivetano di Santa Maria Assunta a Barbiano a pochi chilometri da San Gimignano, è l’ultima opera dell’Artista che morì nel 1513 a Siena. Altre opere fanno da coronamento a questa stuzzicante esposizione. La fortuna di San Gimignano è stata quella di essere equidistante (geograficamente parlando) tra i due grandi centri dove fiorì la stagione artistica rinascimentale: Firenze e Siena. Considerato, il Pintoricchio, uno degli artisti di maggior successo a Siena intorno al 1510. Questo successo lo portò ad ornare per il Papa Alessandro VI Borgia l’intero appartamento attraverso volte decorate a stucchi e pittura, a cicli d’affreschi impreziositi con applicazioni d’oro e pastiglia. E poi a Roma, leggo nel piccolo ma delizioso catalogo della Giunti, Pintoricchio ricevette nel 1509, direttamente dal Pontefice Giulio II Della Rovere, l’incarico di dipingere la volta quadrangolare del coro progettato dal Bramante, che portò a termine poco prima del contratto per la Pala di San Gimignano. Così visti i successi ottenuti, il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini affidò al nostro Artista la conduzione degli apparati pittorici della Libreria presso il Duomo di Siena che sarebbe servita ad accogliere i codici di Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II). E nell’affidare al Pintoricchio tale incarico, grazie all’attitudine imprenditoriale e accogliente che possedeva l’Artista, sapeva bene che avrebbe formato un’autentica squadra di assistenti. La libreria divenne così un vivace crocevia artistico contribuendo a fare di Siena, un centro protagonista del Rinascimento umanistico. La libreria si rivelò essere uno scrigno d’arte e di antichità con marmi dei Marrina, bronzi di Antonio Ormanni, armadi lignei dei Barili, pavimento di maioliche araldiche e installato su una base di Antonio Federighi, il gruppo antico delle ‘Tre Grazie’; naturalmente, per chi non l’avesse ancora vista, è consigliata la visione della Libreria nel Duomo di Siena. Il Pintoricchio, proprio nella Libreria conferì al suo ciclo pittorico, ricchezza di citazioni erudite, abbondanza narrativa a scopo biografico, esaltazione del Papa e del papato. La volta è dipinta in forma di fitta tessitura di campi geometrici, rielaborata su modelli di soffitti romani di età imperiale, importando a Siena una splendida forma ornamentale più che affermata a Roma, sin dalle prime esplorazioni della Domus Aurea di Nerone, che ad opera di avventurosi si calavano in quelle così dette ‘grotte’ dalle quali deriva il nome per le pitture di ‘grottesche’. In realtà sin dal 1503 il Sodoma (il vercellese Giovanni Antonio Bazzi) si stava già mostrando esperto di questa tessitura ornamentale guizzante e fantasiosa, presa dai taccuini grafici di chi a Roma c’era stato. Nel lunettone e nella volta della Libreria si riesce a comprendere la natura variegata della squadra artistica, dove fra assistenti vari, sembrano spiccare un giovane Amico Aspertini e Raffaello Sanzio poco meno che ventenne, che muovendo da Urbino, si fermò a Siena intorno al 1504. Lavorando intensamente, il Pintoricchio portò a termine l’impresa della Libreria verso il 1507. Dopo la Libreria, l’Artista si troverà tra il 1509 e il 1510 a dipingere il coro di Santa Maria del Popolo in Roma. Ritornato a Siena tre anni prima di morire il Pintoricchio tra il 1510 e il 1512 dipinse come ho già detto la Pala raffigurante ai lati della Madonna, i santi Gregorio Magno e Benedetto, testimonianza dell’ultima opera dell’artista venuto a mancare a questa nostra meravigliosa Vita, l’11 dicembre del 1513 in Siena. Alla ieratica iconografia della mandorla, spazio paradisiaco presidiato da cherubini e da serafini, si antepone la dolcezza della figura femminile, con un paesaggio ricco di dettagli raffigurante ceppaie, cespugli e quinte rocciose, ma la interessante quanto istruttiva esposizione di San Gimignano è arricchita anche da altre opere che provengono dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, dal Museo Diocesano di Città di Castello così da rappresentare l’ambiente umbro nel quale Pintoricchio si è formato prima di recarsi a Roma. Coloratissima quanto interessantissima visione per voi. Paolo Cazzella o della Joie de Vivre |
info@ex-art.it |