Georges de La Tour
Il Sogno di San Giuseppe
IL DIO NASCOSTO
Roma
Accademia di Francia
viale di Trinità dei Monti, 1 (Villa Medici)
dal 19 ottobre 2000 al 28 gennaio 2001
informazioni e prenotazioni 06/67611
Costo del biglietto rid..£. 9.000
Costo del biglietto intero £. 13.000
Catalogo: Edizioni De Luca
Charles Le Brun
La Benedizione
|
SULLE TELE: UN DIO IMMAGINATO
L'anno giubilare rimbalza anche quassù, a villa Medici, nelle esclusive sale
dell'Accademia di Francia, proponendo con Il Dio nascosto un iter
pittorico della spiritualità francese del '600, il secolo di Richelieu e
Mazarino, ma anche del severo ambito cristiano-intellettuale di Port-Royal.
Grande fervore per 60 dipinti provenienti in maggior parte dalla Francia
(musei e chiese), ma anche da Londra, Pietroburgo, Los Angeles. Alla
conferenza introduttiva frecciatina culturale di Olivier Bonfait,
dell'Accademia di Francia, sulla pretesa diversità tra la
"visibilità" dell'immagine divina nei coevi dipinti italiani, e il
Dio "cachè", nascosto, nella pittura francese, mistero intellettuale
probabilmente per spiriti più elevati. Riassumendo la visione espositiva il
preteso "mistero" si manifesta forse solo in due particolari
dipinti: Il Sogno di S. Giuseppe di George de La Tour, dove le ombre
e le penombre della pittura notturna si stemperano in una delicata intimità
che comunque moltissimo deve alla lezione di Caravaggio, e Il Compianto
del Cristo Morto di Nicolas Poussin, dove tenebre drammaticamente
teatrali ammantano il cadavere verdastro del Cristo che rammenta un altro
Cristo tragicamente riverso e un altro notturno, quello di Sebastiano del
Piombo. Per il resto grande profusione di grandiosità scenografiche, di
panneggi, di rosa e di azzurri e di ariosi chiaroscuri (Correggio si sente
dovunque) di una pittura spesso di qualità, spesso solo decorativa, che in
ogni modo ripaga lo spettatore proponendo un'ampia prospettiva del '600
francese. Fra i dipinti più notevoli: La Maddalena penitente di
George de La Tour, un altro spoglio richiamo caravaggesco, Il Desco dei
contadini di Louis le Nain, sinfonia quasi monocroma di polverosi
marroni che determina un severo clima di povertà (lontanissimo dalla vitalità
delle scene popolari e contadinesche fiamminghe), L'Ultima Cena di
Vouet dove nel respiro scenografico e nella dinamicità dei piani teatrali fa
capolino il Veronese (la presenza dei grandi italiani è la maledizione di
questa pittura francese), e infine Il Cenacolo di Philippe de
Champaigne, dove la reazione dinamica degli apostoli (Leonardo) si placa e si
chiude nella serena simmetria delle due "volute" umane in primo
piano. Da notare ancora la dinamicità pur accademica e di maniera nella
Conversione di S. Paolo di la Hyre, i pallori cadaverici del Cristo
morto di Baugin, il tripudio di lini angelici immersi in un delicato chiaroscuro
nelle Marie al Sepolcro di Simon Vouet, il caldo cromatismo dell'Adorazione
dei pastori di Pierre le Tellier (echi di Giorgione) e la dolce
effusione idilliaca del Sonno di Elia di Philippe de Champaigne. La
decorativa monumentalità affettuosamente sfumata in rosa e ori, la barocca
musicalità ariosa ma senza punte di genio, la pomposità di troppe scenografie
e la pronunciata teatralità di troppe figure (non è il secolo del gran teatro
in Francia come altrove?) gioca troppo in superficie l'invocato mistero del
Dio nascosto che, paludato e ammantato da tanta ricchezza pittorica, delude
chi inseguiva climi di abissale spiritualità. Chi si aspettava Bach trova un
bel concerto barocco. Niente di male.
Luigi M. Bruno
Philippe de Champaigne
Il Cenacolo
|