Roma,
MAXXI
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I NUOVI CONTENITORI DELLARTE: TRA BUNKER E
PADIGLIONI Alla
fine di maggio Roma ha visto completarsi due importanti
strutture per larte contemporanea, due spazi
concepiti, soprattutto architettonicamente, per una
diversificata proposta espositiva.
Il MAXXI dovrebbe avere una
valenza nazionale per essere vetrina internazionale,
mentre per il MACRO sarebbe utile unintrospezione
sulla presenza artistica romana e laziale, per spostare
il baricentro della contemporaneità dal nord padano allItalia
centrale.
Due augurabili diverse vocazioni per far conoscere la
contemporaneità dellarte, sottolineati da due
interpretazioni architettoniche degli spazi espositivi
nellesterno e nellinterno.
Langlo-irachena Zaha Hadid ha pensato al MAXXI come
un bunker per larte, un blocco sinuoso
di cemento che frattura la linearità del quartiere
Flaminio, imponendosi ben visibile al posto delle caserme
obsolete. Un contenitore per proteggere larte dagli
sguardi indiscreti, sebbene nei mesi precedenti allapertura
ufficiale siano stati visibili dalla strada alcune
proposte installative.
Un bunker come rifugio da possibili conflitti
che echeggia lidea di spazio della cultura così
bellicosamente espresso nellarchitettura del
National Film Theatre londinese. È comprensibile
trasformare un bunker in spazio espositivo, mentre manca
di logica progettare un spazio per la cultura come
bunker.
Un museo-scultura fine a se stesso che fluttua sul
piazzale che potrebbe collegare viale Guido Reni con via
Masaccio. Un volume fluttuante in equilibrio tra una
creazione di Moebius o di Piranesi, magari riecheggiando
latmosfera della nave Arcadia del cartoon dedicato
a Capitan Harlock. Uno spazio che non dovrebbe limitare
la sua apertura alla città a due vetrate, una molto
simile ad un periscopio, evitando di trovarsi chiuso su
se stesso.
Il lato positivo di una visione architettonica così
interiorizzata è la propensione allautosufficienza
che si esprime con la prevista installazione di celle
fotovoltaiche per abbracciare la green economy e offrire
un punto di rifornimento per mezzi di trasporto
elettrici.
Lontano dallinfluenza piranesiana, senza gli
ambienti disorientanti alla Escher, è stato offerto, in
maggio, un assaggio di pochi giorni di come sarà la
nuova solare ala del Macro
allargato, progettato dalla
cinquantenne francese Odile Decq che gioca alla
capricciosa adolescente dark, con padiglioni e giardini
zen abbozzati, oltre ad una terrazza di cristallo
sdrucciolevole, al quale sarebbe consigliabile dare
almeno una parziale copertura per un utilizzo anche nei
momenti uggiosi. Non solo un ampliamento dello spazio
espositivo, ma anche per le attività culturali e
ricreative, con la realizzazione di un auditorium, oltre
al trasferimento della libreria e del bar ristorante.
Il MAXXI è così differente nel suo essere una piastra
sormontata da una stecca che rimane legato a
questa Terra sono dagli irreali colonnine, mentre il
Macro è tutta una vetrata che aspetta lautunno per
la sua apertura definitiva, ma inizialmente entrambi
promettevano un maggior rispetto per gli edifici
preesistenti che siano caserme o ex-fabbriche della
birra. Non è accaduto se non con simboliche presenze. La
presenza al Flaminio di uno spazio espositivo così alla
moda rende scontenti i residenti per il rumore e la
liscia di bottiglia abbandonate dai frequentatori. Mentre
il Macro disturba per il rumore dei sfiatatoi.
Due architetture per larte contemporanea, due
enormi carrozzoni, uno più imponente dellaltro,
depositari di ambizioni che potrebbero svanire,
schiacciate da costi troppo onerosi per dei giocattoli,
come potrebbe succedere con le aspirazioni del nuovo
Centre Pompidou di Metz.
Una vera e propria cattedrale nei sobborghi della città
francese della Lorena, tra l'Alsazia e la terra dello
champagne, adiacente alla stazione dell'alta velocità,
con una vetrata a periscopio che ricorda
quella del MAXXI, ma gli architetti Shigeru Ban e Jean de
Gastines che lhanno progettata, non hanno
realizzato un edificio cupo, ma un volume fluido e
luminoso, con una naturale climatizzazione, per una
migliore conservazione le opere esposte.
Gianleonardo
Latini
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