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oltre l'arte
2009

Beni Culturali - Mostre
Beni Culturali - Mostre
Sommario




DA PETRA A SHAWBAK
Archeologia di una Frontiera
Dal 13 luglio all’11 ottobre 2009

Firenze
Palazzo Pitti
Limonaia del Giardino di Boboli

Orario:
tutti i giorni
dalle 8.15 alle 19.30

Chiusura primo e ultimo lunedì del mese


Informazioni:
tel. 055/2654321

 


 


 

ARCHEOLOGIA NEL DESERTO

Nel 106 d.C. Traiano occupò Petra inserendola nella Provincia romana d’Arabia, sino ad allora la città era stata il centro più importante dei Nabatei popolazione semitica che era da secoli istallata in una regione montuosa naturalmente fortificata e dove sono state trovate tracce di attività umana risalenti all’Età del Ferro. I Nabatei trasformarono il sito in un fiorente centro commerciale a cui facevano capo le vie carovaniere per il Mar Rosso la più importante delle quali era la via dell’incenso; la città mantenne la sua prosperità sino ad epoca Bizantina, decadde con la conquista Araba, fu abbandonata e completamente dimenticata finché fu riscoperta nel 1812 dal famoso viaggiatore Burckhartdt. Dai primi anni del XX secolo i resti di Petra sono meta di intenso turismo culturale, la città è celebre per le facciate scolpite nella roccia rossa e dietro le quali si trovano tombe e talora templi in marcato stile ellenistico con influssi locali; di epoca romana rimangono un arco monumentale, un teatro ed un grande tempio a pianta quadrata: scavi archeologici ancora in corso mettono continuamente alla luce nuovi siti. In località Shawbak, a circa 25 km. da Petra, opera da oltre venti anni una missione archeologica dell’Università di Firenze in collaborazione con il Departement of Antiquities of Jordan e i risultati della ricerca sono esposti in una mostra che si terrà a Firenze. Teatro dell’attività della missione è un’erta collina dove si trovano i grandiosi resti di un imponente castello crociato; il sito fu occupato in epoca Tardo Imperiale e fece parte delle fortificazioni del Limes Arabicus fatto costruire da Diocleziano, fu poi sede di una guarnigione bizantina, con annessa chiesa, che fu spazzata via dall’invasione islamica. Per oltre mezzo millennio la località rimase disabitata finché, dopo la I Crociata, il Re Baldovino I di Gerusalemme fece erigere un imponente castello, il Crac di Montreal, a controllo delle carovaniere del deserto e a difesa dello stato cristiano. Dopo circa ottanta anni la fortezza cadde in mano alla dinastia degli Ayyubidi, fondata dal Saladino, che la ingrandì facendola sede amministrativa della località, di questa epoca rimangono grandi rovine di locali di rappresentanza e resti di un vasto laboratorio tessile. Nel XIV secolo si insediò la dinastia Mamelucca che dominò sull’Egitto e parte dell’attuale Giordania ma ai primi del ‘500 i Sultani Turchi estesero il loro dominio su tutto il Mediterraneo orientale e cessò la funzione militare di difesa della frontiera del castello di Shawbak ed il sito rimase deserto anche per le peggiorate condizioni climatiche. La mostra unisce in una sorta di percorso ideale attraverso spazio e tempo i due luoghi: nello spazio ripercorrendo la vita della frontiera che era nel contempo una chiusura ed una osmosi fra due mondi, nel tempo seguendo lo sviluppo delle varie occupazioni delle località: I reperti esposti, un centinaio, non sono molti ma estremamente significativi e funzionali al tema della mostra, tra loro spiccano steli Nabateee e resti marmorei Ayyubidi, grandi incisioni Mamelucche, un bellissimo cantaro in marmo, d’epoca romana, con i manici a forma di pantera, riutilizzato come fonte battesimale nella chiesa bizantina, capitelli Crociati in stile occidentale; assolutamente inedita una grande lapide, ritrovata pochi mesi fa, con la dedica di fondazione di Augustopoli, centro militare della Legio VI Ferrata posta da Diocleziano a difesa del limes. Sono presenti ricostruzioni in scala e plastici statici e dinamici nonché sussidi audiovisivi di vario genere. Per tutta la mostra si avverte la suggestione di Petra nascosta nel suo uadi e di Shawbak con il suo Crac erto sul colle nella luce abbagliante e nello sconfinato paesaggio del deserto.

Roberto Filippi

 

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