FRANCESCO COZZA
1605-1682
Un calabrese a Roma tra Classicismo e Barocco
Dal 24 novembre 2007 al 13 gennaio 2008
Roma
Palazzo Venezia
Orari:
Tutti i giorni
dalle 10.00 alle 19.00
lunedì chiuso
Ingresso:
intero Euro 7,00
ridotto Euro 4,50
ridotto scolaresche Euro 3,00
Informazioni:
visite guidate e Servizio didattico
Mirabilia Urbis
Tel. 06/45433723
www.francesco-cozza.it
Catalogo:
Rubettino
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UN
PITTORE CALABRESE
Per quasi tutti al nome
di Francesco Cozza si potrebbe applicare la frase manzoniana “ Carneade
chi era costui ? “in quanto solo gli addetti ai lavori conoscono l’opera
del Cozza, insigne pittore calabrese del ‘600. Una mostra che si tiene a
Palazzo Venezia nella Sala Regia e in quella delle Battaglie coglie
l’occasione per esporre ventidue dipinti dell’artista e servirà
sicuramente ad illustrare vita ed opere del pittore. Il Cozza nacque in
Calabria intorno al 1605 ed ebbe la sua prima educazione, non
documentata, in ambito meridionale, nel 1631 risulta presente a Roma
negli Stati delle Anime della Parrocchia di Sant’Andrea delle Fratte
alla quale allora facevano capo i calabresi residenti in città. Nel 1634
risulta iscritto all’Accademia di San Luca e nel 1648 alla Congregazione
dei Virtuosi del Pantheon segno della considerazione in cui era tenuto
nell’ambiente culturale romano; si allontanò raramente dalla città che
fu sede principale della sua attività e dove morì nel 1682. Fu artista
di larga fama all’epoca e ricevette commissioni da chiese e istituzioni
religiose, come il Collegio Innocenziano a Piazza Navona, e da privati
illustri come il Principe Pamphilj, che gli commissionò la decorazione
della “Stanza del Fuoco” nel suo palazzo di Valmontone dove
contemporaneamente lavoravano il Mola, il Tassi, il Borgognone, il
Dughet, ed il Principe Altieri che gli affidò la decorazione della volta
di una sala del suo palazzo di città.
La mostra, sponsorizzata dalla Regione Calabria giustamente orgogliosa
del suo concittadino, ottimo pittore seicentesco al pari del conterraneo
e coetaneo Mattia Preti, ripercorre sia pure attraverso non molti
dipinti l’itinerario artistico del Cozza che subisce l’influsso di vari
artisti del suo tempo pur interpretandoli in chiave assolutamente
personale. La sua giovinezza è ignota anche se chiari appaiono nella sua
opera gli apporti del naturalismo caravaggesco meridionale, dopo
l’arrivo a Roma si accostò al classicismo di matrice emiliana tanto che
alcuni intravedono un alunnato presso il Domenichino; nelle ultime fasi
traspaiono gli apporti dello stile barocco mediato da Pietro da Cortona
e dal Baciccio, infine in opere tarde si riconoscono scorci
paesaggistici con chiaro influsso del Dughet. Si rileva quindi una sorta
di compenetrazione e di evoluzione dal naturalismo al classicismo ed
infine al prorompente barocco. Le opere esposte, provenienti da tutta
Italia, sono in gran parte firmate e datate, o comunque documentate, e
coprono un arco di mezzo secolo a partire dal 1630; apre la serie uno
splendido ritratto di Tommaso Campanella e seguono numerosi quadri di
soggetto religioso tra i quali ben tre versioni della “Fuga in Egitto” e
due della “Madonna del cucito”, interessanti due coppie di bozzetto e
quadro definitivo e la bellissima “Madonna col Bambino e i Santi
Gioacchino ed Anna” da Montalcino con i due Santi che ostentano un
potente effetto scultoreo; molto apprezzabili le riproduzioni
fotografiche degli affreschi dei palazzi Altieri e Pamphilj ed il
bozzetto dell’ “Elemento dell’Acqua” che decora la volta di una sala del
Collegio Innocenziano.
La mostra è integrata dalla pubblicazione, che avverrà entro la fine
dell’anno, di un dettagliato catalogo che raccoglie tutte le opere del
Cozza, sia quelle certe che quelle di dubbia attribuzione ma
abitualmente a lui assegnate e da un convegno che si terrà nel mese di
gennaio nel palazzo Pamphilj di Valmontone nella “Sala del Fuoco” con la
volta da lui affrescata. L’esposizione e le iniziative collaterali
avranno il sicuro risultato di far conoscere vita ed opere del Cozza e
di restituire al suo nome la fama di cui godeva e che tempo e avverse
circostanze avevano sbiadito.
Roberto Filippi
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