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“IL CAVALIER BERNINO FU ANCO PICTORE EGREGIO MA PRIVATO” In effetti noi conosciamo il massimo Maestro del Barocco nelle sue multiformi attività di architetto, scultore, arredatore, scenografo, regista ed anche come esperto disegnatore ma la sua opera nel campo della pittura viene considerata un hobby e tale evidentemente la riteneva anche il Bernini che mai volle dipingere su commissione, si dilettò di piccoli ritratti generalmente di persone oggi sconosciute, si produsse in una serie di autoritratti e tenne per se quasi tutto quel che aveva dipinto facendone soltanto rara occasione di dono. Comunque il Bernini pur non volendo essere considerato un pittore professionista tenne scuola di pittura per una dozzina d’anni in Palazzo della Cancelleria in locali messigli a disposizione dal Cardinal Barberini ed educando in tal modo una schiera di giovani artisti che si dettero ad imitarne i modi. Poi nel corso degli anni la famiglia ha ceduto gran parte delle opere al punto che i dipinti berniniani sono prolificati giungendo superare i cento esemplari. Per far chiarezza e ricondurre al Maestro quanto sicuramente può essergli attribuito il Professor Tommaso Montanari dell’Università di Tor Vergata con l’appoggio della Soprintendenza Speciale al Polo Museale Romano e la sponsorizzazione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena ha organizzato presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini la mostra “Bernini Pittore” che mette un punto fermo sia sull’attività dell’artista che sull’attribuzione delle sue opere. La mostra viene ospitata in tre sale del secondo piano appena ripristinate nel corso dei grandi restauri che stanno interessando il Palazzo dopo che nel 2005 il Circolo Ufficiali delle Forze Armate si è trasferito nella Palazzina Savorgnan lasciando liberi i numerosi locali che occupava sin dal 1934. Il curatore ha voluto procedere quasi con l’ascia per mettere il luce quanto da lui ritenuto opera originale del Maestro e ad attribuire a seguaci o ad imitatori il restante; su un corpus espositivo di poco più di trenta esemplari solo venticinque sono le opere ritenute autografe,: sedici dipinti, otto disegni, una scultura, il resto pur godendo da anni, o da secoli, di fama berniniana è stato ricondotto all’attività di allievi o ammiratori peraltro di grande capacità. Tra le opere esposte sembra incongruo un piccolo busto femminile, autentico, ma poi si chiarirà il motivo della sua sistemazione. L’esposizione è aperta con una sala di autoritratti quattro autentici e tre di scuola estremamente simili e tutti caratterizzati da un volto fiero dallo sguardo vivo con baffi e pizzo alla moda del primo ‘600, la seconda parte si interessa del ritratto, una sorta di gioco in cui il Bernini si divertiva a riprendere dal vero personaggi sconosciuti sovente di modesta origine, con l’eccezione di un quadro di Urbano VIII, che rivela la sua maestria nel bloccare il momento dell’azione ed il suo colpo d’occhio. Tra i ritratti spicca il busto in marmo di Costanza Bonarelli grande amore del Bernini che la volle immortalare in un marmo vivissimo. In un’altra sala sono riuniti i rari interventi del Maestro nel campo della pittura sacra dove egli forniva degli accenni che faceva poi sviluppare ad altri artisti per mantenendo le sue caratteristiche di blocco dell’espressione e di mancanza di azione; un esempio è il Cristo Deriso dalla posa scultorea con carni rosate contornato da drappi rossi, immobile, senza azione né patimento ma solo ostensione di se stesso. Completano la mostra pochissime opere di altri artisti in cui è significativo l’influsso del disegno berniniano come il Martirio di San Maurizio di Carlo Pellegrini e l’enorme cartone di San Bernardo sempre del Pellegrini o la bellissima forse incompiuta testa di vecchio ora all’Accademia di San Luca. Non è una delle mostre cariche di nomi illustri e folta di decine di opere celebri ma uno studio molto serio in un settore poco noto della multiforme attività del Gran Signore del Barocco e un accostarsi silenziosamente ad una sua passione nascosta che cercava di celare agli altri e forse anche a se stesso. Roberto Filippi |
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