APOCALITTICI E INTEGRATI
Utopia nell’arte italiana di oggi
Dal 30 marzo al 1° luglio 2007
Roma
MAXXI
Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo
via Guido Reni 2f
Orario:
dalle 11.00 alle 19.00
chiuso il lunedì
Ingresso libero
Informazioni:
tel. 06/3210181
www.darc.beniculturali.it
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XXI
GENERATION - UNA GENERAZIONE IN BILICO
In che direzione sta
andando l’arte contemporanea?
Cosa pensano della nostra società gli artisti delle ultime generazioni?
A queste domande tenta di dare una risposta il MAXXI, il museo delle
Arti del XXI secolo, con una mostra dal titolo volutamente provocatorio:
“Apocalittici e Integrati”.
Il titolo è preso in prestito dal libro cult di Umberto Eco,
“Apocalittici e Integrati”, appunto, del 1964.
L’autore, in un periodo di trasformazione sociale dovuta al boom
economico, individua due precisi atteggiamenti e due distinte categorie:
gli Apocalittici, ovvero coloro che, con velata tristezza, malinconia e
pessimismo ipocondriaco, guardano al futuro e alle nuove tecnologie; gli
Integrati, coloro che, con ottimismo ed euforia, assistono fiduciosi al
cambiamento sociale.
Ora i 24 artisti presenti al MAXXI sono tutti nati a partire dal 1964, e
sono dunque figli di quella generazione così caratterizzata da Eco.
Ma chi è ora, fra questi giovani artisti, apocalittico e chi è
integrato?
Nessuno prende una posizione netta, ma sono tutti, a differenza dei loro
genitori, un po’ l’uno e un po’ l’altro.
E il titolo della mostra diventa allora solo un pretesto per mettere
insieme questi interessanti artisti trentenni, per osservarne più da
vicino la creatività, per giocare a capire chi, più degli altri, tiene
“il piede in due scarpe”.
Come Francesco De Grandi, che evoca la fantascienza, ma sceglie la
tradizionale pittura ad olio per realizzare il “Bottiglione”, una sorta
di alieno che si aggira in una verde landa desolata.
Come Simone Berti, che affronta il tema della crisalide-farfalla, sia
con le installazioni, sia con la pittura, o come Pierpaolo Campanini, di
chiara matrice surrealista, che dipinge spaventosi grovigli tecnologici
con classica perfezione, restituendo immagini rassicuranti e piacevoli
da vedere.
E mentre tradizionali quadri a parete si alternano a video box
illuminati, come quelli di Sarah Ciracì, che raccontano in chiave
tragicomica lo sbarco degli extraterrestri, sul filo della memoria
corrono le inquietanti foto di Diego Perrone, “I pensatori di buchi”,
animate da un cupo catastrofismo.
E sempre memoria, nella suggestiva installazione di Andrea Mastrovito,
costruita in una cavità al buio, dove una luce al neon fa emergere, dai
tagli di una tela nera, i celebri disegni de’ “I disastri della guerra”,
di Goya. Ma anche quest’artista non si schiera, rimanendo in bilico, tra
rivisitazione del passato e innovazione.
E non convince, neppure, la ludica apertura verso il mondo di Patrick
Tuttofuoco, con le sue “bycircle”, biciclette sculture, simili a dei
risciò, umanizzate dall’artista al punto di avere dei nomi, “Yuko” e “Natasha”,
apparentemente a disposizione del pubblico per una pedalata nel museo
(!), ma che, nella realtà, non si possono adoperare.
Un percorso espositivo di 80 opere, per porsi, alla fine, sempre la
stessa domanda tormentone:
Apocalittico? Integrato? Né l’uno, né l’altro, un po’ tutti e due.
Quella che è certa è soltanto un’instabilità di sentimenti, un’ambiguità
ed uno smarrimento tipici del nostro tempo, che ci porta ad essere un
giorno utopista e il giorno dopo disfattista.
Simona Rasulo
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