SANTA CECILIA E ALTRE OPERE RESTAURATE
di Antonio Gherardi
Dal 23 dicembre 2005 al 5 febbraio 2006
Roma
Palazzo Venezia
via del Plebiscito 118
Orario:
dal martedì alla domenica
dalle ore 8.30 alle 19.00
lunedì chiuso
Ingresso:
Euro 4,00
Catalogo:
Artemide
Informazioni:
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LA SANTA CECILIA
DI ANTONIO GHERARDI
Antonio Gherardi fu un poliedrico artista della seconda metà del ‘600,
si dedicò alla pittura, all’architettura e alla creazione di apparati
effimeri ottenendo grande successo in ogni campo Nel 2003 la sua città
natale, Rieti, ha ospitato una mostra monografica che ripercorreva
l’intera attività del Gherardi esponendo numerose sue opere mettendole
al confronto con quelle di altri pittori come il Cortona, il Maratti, il
Ghezzi, il Sacchi. Nato nella città sabina nel 1638 l’artista lavorò
inizialmente a Roma effettuando poi un viaggio di studio a Venezia dal
quale riceverà molti spunti, specie dal Veronese, che riappariranno
nella sua arte; tornato a Roma con l’appoggio di un cardinale fu
introdotto nella cerchia del Mola e nel 1662 decorò con il Bonetti una
sala del palazzo di Cristina di Svezia alla Lungara, ora Palazzo Riario;
affrescò anche una sala di Palazzo Naro e dipinse una tela con “Ester e
Assuero”per il Cardinale di Savoia. Gli influssi veneti e la
frequentazione con Pietro da Cortona appaiono in due incisioni con
imprese di Ercole, in tre cartoni per arazzi, del 1664/66, illustranti
la vita di Urbano VIII e nel “Mosè consegnato alla balia” commissionato
dal Connestabile Lorenzo Onofrio Colonna. Fu anche architetto-scenografo
segnalandosi nella costruzione di apparati effimeri in occasione di
particolari eventi e in due cappelle che sono considerate gioielli del
tardo barocco. Nel 1680 progettò la Cappella Avila in Santa Maria in
Trastevere con architettura bizzarra ed estremamente movimentata
arricchita da sapienti giochi di luce.
Nel 1685 la Congregazione dei Musici ottenne dai Barnabiti di San Carlo
ai Catinari la concessione di una cappella che sarà dedicata a Santa
Cecilia protettrice della Congregazione, al Gherardi venne commissionata
la pala d’altare e al Rainaldi la parte architettonica, alla morte di
questi il pittore reatino sostenuto dal Cardinale Ottoboni subentrò
anche nell’architettura creando un altro interessante esempio di
decorazione barocca. Per la grande pala di Santa Cecilia, ispirata
all’omonimo dipinto di Raffaello, pare abbia usato come modelli moglie e
figli. Continuò a dipingere per anni arricchendo la sua arte con tratto
raffinato, eleganti effetti di luce, ricchezza di cromia. Morì a Roma
nel 1702. Cogliendo l’occasione del restauro della pala di Santa Cecilia
la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano ha organizzato a
Palazzo Venezia, Sala Altoviti, una piccola esposizione di quattro opere
del Gherardi unendo al dipinto sopra citato due quadri provenienti dalla
Galleria Colonna ed uno da Museo Civico di Rieti.
La mostra, sponsorizzata dalla Federazione Maestri del Lavoro d’Italia,
che ha finanziato il restauro, e dalla Regione Lazio si propone di dare
con pochi esempi uno sguardo all’intera opera dell’artista. Imponente la
pala di Santa Cecila (cm.3,40x2,00) che il restauro ha restituito alla
sua bellezza cancellando numerose e pesanti ridipinture posteriori.
Datato 1675 è il “Mosé consegnato alla balia” con influssi del Mola e di
Pietro da Cortona mentre del 1698 è il “San Leonardo libera un
carcerato”con lumeggiature di stampo caravaggesco. Degli ultimi mesi di
vita, e citato nel testamento, è il “Cimone e Pero”, detto anche la
“Carità Romana” con una splendida figura di vecchio resa con estrema
vivezza e precisione. Sono solo quattro opere ma di grande qualità e
degne testimoni di oltre quaranta anni di attività pittorica del
Gherardi.
Roberto Filippi
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