MARCO PALMEZZANO
Dal 4 dicembre 2005 al 30 aprile 2006
Forlì
Complesso Monumentale di San Domenico
Orario:
da martedì a domenica
dalle 9.00 alle 19.00
chiuso il lunedì
Ingresso:
Euro 8,00 intero
Euro 6,00 ridotto
Informazioni:
Tel. 199.112.112
per gruppi e scuole
Tel. 02/43353522
www.marcopalmezzano.it
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IL RINASCIMENTO
NELLE ROMAGNE
La città di Forlì ha dato i natali a due pittori illustri del
Rinascimento; uno è addirittura noto non con il suo cognome, Ambrogi, ma
con il nome della città, Melozzo da Forli; l’altro, un po’ meno
conosciuto è Marco Palmezzano. Il primo nato nel 1438 fu allievo di
Piero della Francesca da cui trasse e sviluppò i modi prospettici e
acquisì la luminosità del colore ed il tono monumentale della
composizione, il secondo nacque intorno al 1460 e secondo Luca Pacioli
fu allievo di Melozzo anche se tale notizia è contestata dagli storici
dell’arte; una delle sue prime opere documentate, la Crocefissione nella
Pinacoteca di Forlì datata 1492, rivela un certo orientamento umbro,
successivamente mostra di aver assorbito influssi della pittura
ferrarese e veneta in quanto tra il 1495 e il 1505 soggiornò a Venezia
dove fu a contatto con l’opera di Giovanni Bellini e Cima da Conegliano.
Con Melozzo collaborò forse nella Basilica di Loreto e sicuramente nella
decorazione della cappella Feo nella chiesa di San Biagio a Forlì
purtroppo distrutta nei bombardamenti del 1944. Al suo stile si
ispirarono due pittori di area laziale, Lorenzo da Viterbo e Antoniazzo
Romano. Dopo una vita lunga ed operosa morì nella sua città nel 1539.
Per onorarne la memoria La città di Forlì, con l’apporto della locale
Fondazione Cassa dei Risparmi, della Diocesi, di varie Soprintendenze e
dei Musei Vaticani ha organizzato una mostra sull’artista con un
intrigante sottotitolo “Il Rinascimento nelle Romagne” nella quale sono
esposte una trentina di opere del Palmezzano, provenienti da vari musei
e collezioni, unitamente ad una serie di dipinti di artisti suoi
contemporanei e spesso in rapporto con lui: Melozzo, Giovanni Bellini,
Cima da Conegliano, Antoniazzo Romano per citare i più noti ma anche
altri meno conosciuti almeno dai non addetti ai lavori. I dipinti
coprono un arco di circa trenta anni tra la fine del ‘400 e gli anni
venti del ‘500 e documentano l’intensa attività del pittore e degli
altri artisti del Rinascimento.
Il Palmezzano pur mantenendo una sua sicura identità offre una sintesi
delle varie esperienze artistiche del suo tempo; Melozzo con la sua
grandiosità, Piero della Francesca con il rigore prospettico, Giovanni
Bellini con il colore e la luminosità. La sua è una pittura elegante,
soffusa di un colore chiaro, di aspetto compatto quasi smaltato, con
paesaggi di sfondo dolcissimo, forse retaggio degli influssi della
pittura umbra, con figure, specie le Madonne, dai lineamenti tenui e
delicati. In mostra saranno presenti anche alcuni frammenti di affresco
provenienti dal catino absidale della chiesa dei SS. Apostoli a Roma,
opera di Melozzo distrutta durante i restauri settecenteschi; pochi
frammenti superstiti rappresentanti degli Angeli sono ora ai Musei
Vaticani. E’ un interessante percorso in un Rinascimento a torto
ritenuto minore e provinciale perché lontano da Firenze e Roma ma
validissimo e di grande e suggestivo impatto.
La mostra è ospitata in una nuova sede museale nell’appena restaurato
complesso di San Domenico, convento dei Domenicani costruito tra il XIII
e il XVIII secolo e confiscato dopo l’Unità d’Italia, destinato ad
essere sede della Pinacoteca, del Museo Archeologico e di altre civiche
raccolte mentre la chiesa verrà adibita a sala polivalente. Il restauro
è costato oltre venti milioni di euro ma il risultato è una sede museale
vasta e aggiornata alle nuove tecnologie. La mostra comprende anche siti
in esterno: la Pinacoteca Civica, l’Abbazia di San Mercuriale, la Chiesa
di San Biagio, l’Oratorio di San Sebastiano dove sono presenti opere del
Palmezzano ed anche località fuori Forlì come Bertinoro, Predappio,
Terra del Sole, Meldola, Forlimpopoli dove esistono testimonianze del
“Rinascimento nelle Romagne”.
Roberto Filippi
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