EDOUARD MANET
Roma
Complesso del Vittoriano
Via di San Pietro in Carcere
Dal 7 ottobre 2005 al 5 febbraio 2006
Ingresso:
Euro 9,00 intero
Euro 7,00 ridotto
Orario:
dal lunedì al giovedì
dalle 9.30 alle 19.30
venerdì e sabato
dalle 9.30 alle 23.30
domenica
dalle 9.30 alle 20.30
Informazioni:
Tel. 06/6780664
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TESTIMONE
DEL SUO TEMPO
Per la prima volta in Italia una grande mostra monografica dedicata al
leggendario pittore francese Edouard Manet (1832 - 1883).
Manet ironicamente amava ripetere: “mi piacerebbe molto leggere da vivo
le cose meravigliose che scriveranno di me quando sarò morto…”. Da
allora, non c’è dubbio, su di lui sono stati versati fiumi di
inchiostro. Ma sono state scritte anche delle inesattezze. Manet viene
definito dai più come il caposcuola dell’impressionismo. E questa
definizione pare accostarsi al suo nome automaticamente. E’ così che si
definisce sommariamente la sua pittura.
Invero Manet non fu affatto un vero impressionista.
Vero è che si distaccò dall’arte classica, dalla raffigurazione di
soggetti mitologici, per riprodurre scene di vita contemporanea, ma la
sua tavolozza non si riempirà mai dei colori tenui pastello di Claude
Monet, e la sua pennellata non avrà mai il carattere ed il contorno
sfumato degli impressionisti.
Manet amava la precisione del disegno. Il colore nero lucido e brillante
era il suo preferito.
Con un occhio sempre ai grandi modelli dell’arte classica che tanto
amava, prediligendo Raffaello, Tiziano e Giorgione, romperà con la
tradizione pittorica del suo tempo, ancorata al passato, e riprodurrà la
realtà quotidiana: la sua adorata Parigi mondana, con i luoghi del
divertimento, con i café e i salotti dove si discuteva di letteratura e
costume.
Le sue spavalde innovazioni tematiche suscitarono l’indignazione dei
critici d’arte del suo tempo. Molti suoi quadri furono rifiutati dal
“Salon” di Parigi, dove gli artisti in cerca di notorietà esponevano.
Nella sua breve vita, e in un clima di malevolenza, realizzò poco più di
400 opere.
Oggi in mostra al Vittoriano ne possiamo ammirare circa 150, fra dipinti
ad olio, acqueforti, litografie e disegni.
Un allestimento che ripercorre la sua evoluzione, dall’inizio, quando si
ispirava ai grandi maestri spagnoli, Velàzquez e soprattutto Goya, alla
conversione alla pittura “en plein air”, alle scene di interni borghesi
e alla ritrattistica.
Mancano alcuni suoi capolavori. Proverbiale è la difficoltà di prestito
delle opere di Manet, al punto che allestire una mostra esaustiva su
Manet è pura utopia.
Mancano i quadri scandalosi, quelli espulsi dal Salon, ovvero “Le
déjeuner sur l’herbe” e “Olympia”, gelosamente custoditi dal Museo D’Orsay;
non c’è “Il battello”, né lo storico “La fucilazione di Massimiliano”.
Assente anche la sua ultima opera importante, l’unica che per la sua
illusione prospettica pare aderire all’impressionismo, “Il bar alle
Folies-Bergère”.
Ma la mostra è ugualmente da non perdere. Fosse anche solo per ammirare
la splendida “La ninfa sorpresa” del 1861, dove la modella è la stessa
compagna dell’artista, Suzanne Lenhoff; un’opera che arriva direttamente
dal Museo di Buenos Aires. C’è “La giovane donna col cappello tondo”,
del 1879, e “Le rondini” del 1873, dove troviamo raffigurate nientemeno
che la madre e la moglie.
E ancora si potranno ammirare la serie delle marine, che testimoniano la
sua antica passione per il mare; le composizioni spagnoleggianti,
riflesso del suo amore per Velàzquez, e le nature morte, con le
deliziose pesche e le candide peonie.
Il tutto in mostra in un allestimento dalla lucida tappezzeria
damascata, che tanto ricorda il mitico Salon di Parigi dove gli
impressionisti esponevano, e dove, più volte espulso, alla fine si
rifiutò di esporre.
Manet, grande borghese e spirito ribelle, pare fosse infastidito quando
il suo nome veniva confuso con quello di Monet; la beffa di una vocale
lo distingueva da quel Monet impressionista.
Lui che impressionista non era. Lui che era un testimone del suo tempo.
Simona Rasulo
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