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oltre l'arte
2005

Beni Culturali - Mostre
Beni Culturali - Mostre
Sommario




Oro dei Sarmati.
I capolavori della steppa di Astrakhan

Dal 16 marzo al 29 maggio 2005

Roma
Palazzo Venezia

Orario:
tutti i giorni
dalle 10 alle 19
lunedì chiuso

Ingresso:

Informazioni:
Tel. 06/6830932

Catalogo Electa

 

I CAVALIERI DELLA STEPPA

Il Poeta Ovidio esiliato per intrighi di corte nella remota Tomi sulle rive del Mar Nero nelle sue elegie “Tristia” lamenta la sua sorte sventurata: parla del clima gelido, del paesaggio desolato, degli abitanti selvaggi a cavallo e armati d’arco. Chi erano questi cavalieri che costringevano l’ultracinquantenne Ovidio a correre con elmo e corazza sulle mura di Tomi? Della storia di questi popoli nomadi che va dall’età del Bronzo, XIV secolo a.C., all’invasione Unna del V secolo d.C., si sa solo quanto di loro raccontano i popoli loro vicini, sedentari e loro vittime, e quindi molto poco benevoli verso le popolazioni di quel mondo di steppe che si stendeva dal Mar Nero all’Asia Centrale e che vivevano di pastorizia e razzie.Erano popoli di stirpe iranica commista con elementi mongolici e appaiono citati per la prima volta da Omero con il nome di Cimmeri “che vivono in un paese cupo e immerso nella nebbia” , Erodono nel V secolo a.C. li conosce con il nome di Sciti e dice che “non hanno ne città ne fortificazioni ma portano con se le loro case e sono tutti arcieri a cavallo”, le sue notizie sono confermate da contemporanee fonti cinesi e persiane, popoli anch’essi a contatto con i nomadi. Con il nome di Sarmati attaccarono più volte le frontiere dell’Impero Romano con fulminee incursioni apportatrici di devastazioni e morte; tra il IV e il V secolo d.C. le orde degli Unni e dei Bulgari provenienti dal Deserto di Gobi sconvolsero il mondo delle steppe, nell’VIII secolo l’espansione araba islamizzò velocemente le popolazioni resistendo anche all’ultima grande invasione dei Mongoli di Gengis Khan. Non conoscevano la scrittura ne avevano centri abitati e tutto ciò che resta di loro sono i corredi tombali di molte sepolture principesche trovate in tempi abbastanza recenti. Fino al ‘700 nessuno aveva immaginato che i monticelli che punteggiavano l’immensa steppa dal Caucaso alla Siberia fossero in realtà tombe di capi tribù chiamate Kurgan; sono grandi fosse coperte di cumuli di terra e sassi per un’altezza di 20/25 metri, dentro, generalmente in buono stato di conservazione, i corpi dei principi circondati, in sacrificio rituale da servi, concubine, cavalli ed inoltre moltissimi oggetti di lusso, armi, finimenti per cavalli tempestati d’oro, fibbie, foderi di armi, oggetti di preda, il tutto dimostrante la notevole ricchezza dei grandi capi delle steppe. Molti di questi reperti sono esposti nella mostra “Oro dei Sarmati. Capolavori della steppa di Astrakan” che si tiene a Roma a Palazzo Venezia quasi in simbolica vicinanza con le Colonne Traiana ed Antonina che illustrano episodi di guerra tra i Romani e i popoli delle steppe. Sono oltre mille gli oggetti esposti, quasi tutti di arredo funerario e coprono un periodo che va dal VII secolo a.C. al IV d.C., sono quasi tutti d’oro lavorati in uno stile che gli archeologi chiamano “ animalistico delle steppe”, sono immagini di animali fantastici, oppure veri ma resi in maniera particolare con membra deformi e strane contorsioni, sono foderi per spade e pugnali, coppe, fibbie per abiti, piccole placche d’oro da cucire sui vestiti e mostrano la grande sapienza dei fabbri che le fusero, le incisero, le decorarono a sbalzo e la dovizia d’oro forse risultato dei saccheggi e delle conquiste. I reperti, comuni in una vasta area ora divisa fra vari stati già appartenenti all’Asia Centrale ex Sovietica, nel nostro caso provengono da musei della regione di Astrakan e sono accompagnati da materiale illustrativo relativo agli ultimi scavi archeologici. Alla mostra sono uniti eventi collaterali quali conferenze, rappresentazioni cinematografiche, didattica per ragazzi e dalla lavorazione in pubblico, da parte di un orafo romano, di manufatti secondo lo stile delle steppe.

Roberto Filippi