NOTTURNO SUBLIME
Sebastiano e Michelangelo nella Pietà di Viterbo
Dal 29 maggio al 25 luglio 2004
Viterbo
Museo Civico
Orario:
tutti i giorni
dalle 9 alle 19
lunedì chiuso
ingresso gratuito
Informazioni:
Tel. 06/69994241
Catalogo
Viviani
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UNA
STUDIO PER ESALTARE UN CAPOLAVORO
Sebastiano Luciani è meglio noto come Sebastiano del Piombo per il fatto
che deteneva la carica di Piombatore Apostolico, funzionario incaricato
di apporre sigilli plumbei sui documenti ufficiali pontifici;
sembrerebbe trattarsi di un oscuro burocrate invece abbiamo di fronte
uno dei più importanti pittori del primo cinquecento. Nato a Venezia nel
1485 fu allievo di Giovanni Bellini e subì forti influssi del Giorgione
da cui apprese il trattamento del tonalismo. Giunse a Roma nel 1511
entrando a far parte dall’ambiente intellettuale che gravitava intorno
alla Corte Pontificia e ai Papi Giulio II e Leone X, si trovò subito
coinvolto nello scontro culturale tra Michelangelo e Raffaello e le loro
scuole; il primo era considerato il miglior maestro nel campo del
disegno il secondo superiore a tutti nella resa del colore. Il Luciani
all’inizio si barcamenò tra i due prendendo poi posizione a favore di
Michelangelo, anche perché soppiantato da Raffaello nella decorazione
della Villa Chigi ora Farnesina, divenendone un devoto seguace. Lavorò
per il Chigi, affrescò la Cappella Borgherini in San Pietro in Montorio,
gareggiò con la sua Resurrezione con la Trasfigurazione di Raffaello,
eseguì numerosi ritratti, tra cui quelli di Andrea Doria e di Papa
Clemente VII, divenendo un maestro nel ramo. Nel 1527, al momento del
Sacco di Roma, rimase a fianco del Papa e con lui fu assediato in Castel
Sant’Angelo e questa esperienza lo segnò profondamente; rallentò la sua
attività, sollecitò l’inusuale incarico di piombatore, si abbandonò ad
una crisi mistica che influì sulla sua ultima produzione con dipinti
come vari “Cristo Portacroce”, “Natività della Vergine”nella Cappella
Chigi in Santa Maria del Popolo, la “Visitazione della Vergine a Santa
Elisabetta” in Santa Maria della Pace, tutte opere interpretate in senso
drammaticamente devozionale con il colore steso a larghe pennellate e
violenti contrasti di luce. Morì a Roma nel 1547. Un suo dipinto è da
secoli a Viterbo e intorno ad esso Comune e Soprintendenza con
l’appoggio di Carivit hanno organizzato un evento culturale dal titolo
suggestivo “ Notturno Sublime. Sebastiano e Michelangelo nella Pietà di
Viterbo”. Pietà è appunto il soggetto di una grande opera (cm. 187x267)
costituita da sette tavole di pioppo dipinte ad olio, fu ordinata
intorno al 1515 dal curiale Giovanni Botanti, funzionario pontificio e
dotto umanista, per la sua cappella di famiglia a San Francesco della
Rocca. L’effetto visivo del dipinto è stupefacente, su uno sfondo di
paesaggio notturno, uno dei primi nella storia dell’arte, in cui la luna
si affaccia tra le nuvole, una Madonna possente, quasi una scultura,
volge lo sguardo al cielo vestita con una tunica celestina ed una grande
veste azzurro scuro, il tutto ottenuto con l’uso del lapislazzuli
tritato. Non abbraccia il Cristo, come nell’opera di Michelangelo, ma lo
ha ai piedi: su un sudario bianchissimo spicca il corpo supino del
Salvatore molto scuro e interrotto a metà dalla macchia di colore del
perizoma candido, si presenta disteso come una vittima sacrificale
offerta in espiazione dei peccati dell’umanità. Dall’interpretazione di
un passo del Vasari e dagli esami radiografici e riflettografici,
eseguiti nell’ultimo restauro a cura dell’Istituto Nazionale di Ottica
Applicata, si è riscontrata, sotto gli strati di colore, la presenza di
un disegno preparatorio che sarebbe stato fornito da Michelangelo
realizzando così la sintesi tra l’eccellenza del disegno del Buonarroti
e il “colorismo” di origine veneta mediato dalla lezione giorgionesca.
La tavola si erge maestosa in una sala del Museo Civico dove è giunta a
fine ottocento a seguito delle soppressioni dell’asse ecclesiastico; per
la mostra giganteggia isolata circondata da quattro disegni, due di
Michelangelo e due di Sebastiano, che mostrano l’intimo rapporto tra i
due artisti e la loro grande capacità tecnica. Sul retro della tavola
appaiono alcuni disegni a sanguigna e carboncino di pregevole fattura
che secondo alcuni studiosi si richiamano a immagini della Sistina. Una
visita a Viterbo deve sicuramente concludersi, dopo aver ammirato tante
bellezze storico-artistiche, nel museo per un lungo sguardo alla
maestosa bellissima “Pietà”.
Roberto Filippi
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