SEICENTO INQUIETO
Arte e cultura a Rimini fra Cagnacci e Guercino
Dal 27 marzo al 27 giugno 2004
Rimini
Castel Sismondo
Orario:
da martedì a giovedì
dalle 9 alle 19
da venerdì a domenica
dalle 10 alle 22
lunedì chiuso
Ingresso:
intero euro 8
ridotti euro 6
Informazioni:
Tel. 0541/29192
www.fondacarim.it
Catalogo:
Motta Editore
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“AMARCORD” DELLA RIMINI DEL SEICENTO
Il titolo è intrigante e misterioso “Seicento inquieto” ma la seconda
parte “Arte e cultura a Rimini” ci riporta ad una dimensione provinciale
con sullo sfondo piadine, tortellini e liscio. In realtà si tratta di
una mostra che si tiene nella città romagnola nel Castel Sismondo,
l’imponente palazzo fortezza che costruirono i Malatesta, signori della
contrada dalla fine del Duecento agli inizi del Cinquecento quando ne
furono scacciati da Cesare Borgia; successivamente Rimini entrò a far
parte dello Stato della Chiesa iniziando un periodo di decadenza mentre
precedentemente la città, posta al confine con i domini della Repubblica
di Venezia, era un importante nodo di traffico e centro di commerci. La
mostra in corso è stata promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio in
collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Artistici, Comune,
Provincia e Regione Emilia-Romagna. Le duecentocinquanta opere esposte
permettono di ripercorrere il XVII secolo, sovente ritenuto un’età di
decadenza politica, economica e culturale, accertando che se è vero che
tutti questi aspetti sono sicuramente presenti tuttavia la situazione
non è così drammatica e fermenti culturali fiorivano a Rimini, come in
tante altre città italiane. La mostra esamina gli itinerari di pittura
dell’intero secolo partendo dagli influssi di fine ‘500 dell’arte veneta
con il suo acceso colorismo, passa al grande intervento della pittura
bolognese classicista della scuola dei Carracci e dei loro seguaci per
arrivare a due pittori quasi locali, Guido Cagnacci e Giovan Francesco
Nagli detto il Centino che, a fine ‘600, effettuarono una eccezionale
sintesi di tutte le tendenze sopra citate. I dipinti in mostra sono
numerosi e di buona mano, segno che nella decaduta Rimini c’era ancora
tanto amore per l’arte, tanto buon gusto e sufficienti mezzi per poter
pagare ottimi artisti; si parla del Barocci e di manieristi dell’ultimo
scorcio del ‘500, dei bolognesi Mastelletta, Sirani, Cantarini per
giungere a numerose tele del Guercino. Alcuni settori espongono
oreficerie liturgiche, medaglie e numerose ceramiche invetriate da mensa
e da “parata” provenienti in molti casi da scavi effettuati in antichi
scarichi. La seconda parte della mostra prende in esame la cultura
letteraria e scientifica della città esaminando, attraverso libri,
codici, manoscritti, gli istituti di istruzione cittadini, generalmente
legati ad ordini religiosi, le accademie tanto di moda all’epoca, la
stampa dei libri, la storiografia, molto coltivata da eruditi locali, la
musica, il teatro. Particolare importanza riveste la storia della
Gambilunghiana, la prima biblioteca pubblica italiana “laica” fondata da
Alessandro Gambilunga che la volle per testamento all’inizio del ‘600.
Esaminando le pagine del bel catalogo, Motta Editore, si notano, con
dispiacere, molte foto in bianco e nero, sono state scattate prima del
1940 e riguardano opere purtroppo scomparse durante la guerra e che
avrebbero ben figurato in mostra. Nell’immaginario collettivo Rimini è
una città moderna, vivace, centro di divertimento e di vacanze, ma
visitando la mostra si ha il piacere di scoprire che ha un cuore antico
e una nobile storia anche se il primitivo aspetto cittadino è stato
molto sconvolto da distruttivi bombardamenti e da disinvolte
ricostruzioni successive.
Roberto Filippi
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