A PASSO DI MARCIA
L’infanzia a Roma tra le due guerre
Dal 5 marzo al 25 aprile 2004
Roma
Museo di Roma in Trastevere
Piazza Sant’Egidio 1/b
Orario:
dal martedì alla domenica
dalle 10 alle 20
(ultimo ingresso ore 19.00)
chiuso il lunedì
Ingresso al Museo:
intero € 2,60
ridotto € 1,60
Informazioni:
Tel. 06/5816563 - 5813717
www.comune.roma.it/museodiroma.trastevere
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LA GRANDE AVVENTURA DEL BALILLA VITTORIO
Durante il “Ventennio” gli italiani marciavano; pancia in dentro e petto
in fuori balilla e auto- ferrotranvieri, massaie rurali e avanguardisti,
moschettieri e dipendenti del Governatorato, studenti del GUF e gruppi
rionali, battevano il passo sognando, e illudendosi, di essere simili
alle “quadrate legioni” di Cesare. Poi le cose finirono come è noto e
quasi nessuno ricordò di aver marciato e inneggiato e soltanto ora, dopo
parecchi decenni, sbolliti, parzialmente, gli odi e le passioni si sta
esaminando con l’occhio distaccato dello storico cosa furono e cosa
rappresentarono per gli italiani i venti anni dell’”Era Fascista”.
Un interessante contributo agli studi è fornito dalla mostra “A passo di
marcia. L’infanzia a Roma tra le due guerre” che si tiene al Museo di
Roma in Trastevere organizzata dal Comune e dall’Università di Roma Tre,
Museo Storico della Didattica.
Viene esaminato accuratamente il mondo giovanile dagli anni Venti ai
Quaranta del Novecento esponendo giornali, libri, manifesti, foto,
filmati, pubblicazioni per ragazzi, giocattoli, forniti dal Museo e da
privati; attraverso dodici sezioni si percorrono venti anni di storia,
vita e costume dell’Italia, si segue un itinerario che accompagna un
giovane nato all’epoca della Marcia su Roma e finito, sempre marciando,
in Grecia, in Africa, in Russia.
Il Regime, desideroso di ampliare sempre più il consenso dedicò molte
energie all’educazione dei giovani nel tentativo di forgiare il “nuovo
italiano” secondo i suoi presupposti etici e politici; avviò una decisa
politica di assistenza sociale e per la prima volta moltissimi ragazzi
conobbero il mare e le montagne, soggiornarono nelle colonie, fecero
ginnastica e in tanti casi con la divisa di balilla ebbero il primo vero
paio di scarpe.
Scorrono velocemente i vari temi della mostra, ripresi efficacemente in
un interessante catalogo edito da Palombi, la propaganda attraverso
radio e cinema, la grande espansione dell’edilizia scolastica che ha
disseminato la città di pregevoli edifici, l’istruzione con l’antologia
di “Balilla Vittorio”, l’assistenza igenico-sanitaria con le grandi
campagne antitubercolari, la gestione del tempo libero, il peso
rilevante dato alla ginnastica e allo sport, con i campi Dux,
nell’intento di formare futuri guerrieri, le varie organizzazioni
giovanili quali l’Opera Nazionale Balilla, divenuta poi Gioventù
Italiana del Littorio che intendeva essere una cinghia di trasmissione
tra il regime e la popolazione, il trionfo del consenso con la conquista
dell’Impero, la pagina buia e tragica delle leggi razziali che
decretarono l’espulsione degli studenti di religione ebraica dalle
scuole e la loro ghettizzazione in sezioni speciali.
La mostra è ricca di documenti di vario genere tali da attirare
sicuramente la curiosità dei visitatori meno anziani e da risvegliare in
quelli dai capelli bianchi una acuta nostalgia per il ricordo degli anni
lontani in cui marciavano impettiti sognando la grande avventura del
“Balilla Vittorio”. L’edificio che ospita la mostra è un antico convento
delle Carmelitane Scalze fondato agli inizi del ‘600 e confiscato dopo
il 1870; la chiesa intitolata a Sant’Egidio è sede dell’omonima
Comunità, il convento, dopo essere stato sanatorio, dagli anni Settanta
del Novecento è divenuto sede di un Museo che espone documenti, oggetti,
opere d’arte, legati alla storia e al costume di Roma.
Spesso ospita mostre di carattere romanistico, ultime quelle su Claudio
Villa e su Alberto Moravia.
Roberto Filippi
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