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oltre l'arte
2004

Beni Culturali - Mostre
Beni Culturali - Mostre
Sommario




Retrospettiva del pittore Endre Rozsda
Dal 23 febbraio al 13 marzo 2004

Roma
Accademia d’Ungheria in Roma
Galleria dell’Accademia
(Palazzo Falconieri)

Via Giulia 1

Tel. 06/6889671 - 68805292

a cura di Arthuro Schwartz


  

IMPRESSIONI DI VITA

Credo che una certa importanza, nella pittura come in tutte le altre forme d’arte, sia da attribuire all’effetto della prima impressione, ovvero alla definizione, che utilizziamo per esprimere ciò che vediamo e sentiamo.
Nel caso dell’esposizione di Endre Rozsda, -pittore Ungherese della prima metà del ‘900, che nelle sue opere riassume stilisticamente le maggiori correnti artistiche del secolo- è il rumore e il movimento della pioggia, che ho visto e sentito, osservando per la prima volta le sue opere; una pioggia fatta di schegge, di segni, di sprazzi di colore, di paillette, di gocce di vita.
Pioggia, dunque, intesa sìa in senso metaforico, ma che coglie all’improvviso, recando stupore e turbamento, proprio come un temporale nel bel mezzo dell’estate.
Nella maggior parte dei suoi dipinti, sia che si tratti della prima o della tarda attività, pur cambiando i toni dei colori, si assiste ad una sorta di ambivalenza tra caos ed ordine, tra buio e colore, tra inquietudine e gioia, tra il linearismo più minuzioso al disordine più spregiudicato: insomma, una perfetta convivenza di forze opposte, proprio come gli alti e i bassi, che caratterizzano la vita di tutti i giorni .
Rozsda, non giunge mai ad un liguaggio estremo, definitivo, ed è questa libertà di espressione, questo continuo riproporre se stesso con tutte le sfumature del proprio essere, a catturare il pubblico, che si immedesima col suo continuo scontrarsi con la vita.
Anche le opere eseguite in mina di piombo, – ossia in bianco e in nero, tecnica insolita - sono caratterizzate da una precisione, che non definirei sterile, nel senso di semplice riproduzione del reale, bensì come una ricerca di dettagli che vuole captare movimenti, palpiti, respiri, per poi trasformare il tutto in un rincorrersi di linee e colori.
“Incessante e multiforme”, così è stata definita la sua attività, ma, oltre che come pittore e disegnatore, aggiungerei anche come narratore, essendo i suoi dipinti traduzioni di racconti di vita, catturati nella sua mente, per poi essere liberati e resi immortali sulla tela.
Un nuovo linguaggio, dunque, che usa mezzi più sinceri delle parole, più espliciti di qualunque gesto, fatto di forme che si scindono e ricompongono, come in un grosso e indecifrabile puzzle.
L’infantilità, che a volte può essere letta in alcuni dei suoi dipinti, è frutto di una grande sensibilità, che ricorda il modo di esprimersi dei bambini, proprio perché dotati di sentimenti veri, sinceri, vergini, come dovrebbero essere gli occhi di ogni suo spettatore.
Non giudicate, dunque, l’arte di Endre Rozsda: ma osservatela solamente. E apprezzatela.

Benedetta Mazzanobile