SATIRO
DANZANTE
Dall'1
aprile al 2 giugno 2003
Roma
Palazzo Montecitorio
Sala della Regina Satiro Danzante
Orari:
Tutti i giorni dalle 10,00 alle 19,00
(ingresso consentito fino alle 18,30)
Chiuso il lunedì
ad eccezione del 21 aprile e 2 giugno
Ingresso:
Ingresso gratuito
I biglietti di accesso si ritirano:
Presso il Centro Informativo di Piazza Montecitorio
(Via degli Uffici del Vicario, ang. Via della Missione)
Prenotazioni:
obbligatorio per i gruppi
tel. 06/70319901
facoltativo per i singoli
presso le ricevitorie SISAL o Centro Informativo di
Piazza Montecitorio
Il costo del servizio è di 2 Euro a persona
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RITROVAMENTI
MOSTRATI
"Un Satiro a Montecitorio", "Una Maschera
al Collegio Romano", sembrano titoli sensazionali
forse con qualche risvolto osé, in realtà sono gli
esatti annunci di due eventi ben precisi riguardanti due
beni culturali recuperati in questi ultimi tempi. Le loro
storie sono affascinanti e dense di interrogativi. Il
Satiro, che sarà esposto in una sala della Camera dei
Deputati dal 1 aprile al 2 giugno prossimo, è una
bellissima statua in bronzo, alta circa 2 metri e pesante
oltre cento chili, priva delle braccia e di una gamba che
è stata ritrovata in mare, davanti a Mazara del Vallo,
da un peschereccio siciliano pare in due tempi diversi,
prima la gamba poi il resto. La storia si fa un po'
oscura, per la comprensibile riservatezza della locale
Sovrintendenza Regionale e dei Carabinieri, sulle
modalità con le quali il reperto è stato recuperato e
poi avviato all'Istituto Centrale del Restauro di Roma
dove, dopo un restauro di quattro anni, quello che in un
primo tempo era stato identificato come un Eolo, Dio dei
Venti iconograficamente riconoscibile per i capelli
scomposti e le guance un po' gonfie, apparve essere un
Satiro dalle orecchie a punta ripreso in un momento di
danza orgiastica a seguito di Dioniso, Dio del vino e del
divertimento sfrenato; gli occhi in pasta vitrea bianca,
eccezionalmente conservati, danno un tono inquietante al
Satiro ripreso nel momento della danza più violenta
mentre con le braccia, mancanti, agitava una coppa di
vino e un tirso, secondo l'abituale iconografia: gli
studiosi stanno già questionando sulle caratteristiche
della statua, c'è chi, come Paolo Moreno, addirittura lo
identifica con un'opera di Fidia, nota dalle fonti,
mentre altri pensano trattarsi di una copia ellenistica
databile tra il III° e il I° secolo a.C.; completamente
ignoto, e destinato a rimanere tale, è il luogo dove la
statua fu fusa, dove era situata e quando sicuramente
naufragò davanti alle coste siciliane. Potrebbe essere
stata una probabile preda o un acquisto, come i bronzi di
Riace, o un rottame, come altri frammenti di statue
bronzee ritrovate in mare già a pezzi e destinate alla
fonderia. In ogni caso è pur sempre un rilevante e
piacevole acquisto per il patrimonio nazionale. Ancora
più oscura la storia dell'altro reperto che è stato
presentato alla stampa nei locali del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali presso il Collegio Romano;
definirlo maschera è improprio perché ancora non si sa
bene di cosa si tratti: sono alcuni elementi in avorio
lavorato, la parte anteriore di un viso, un po' più
grande del naturale, un avambraccio, un pezzo di piede,
numerosi frammenti più piccoli. La loro storia è molto
oscura anche perché i Carabinieri del Comando per la
Tutela del Patrimonio Culturale stanno ancora
investigando per cui danno notizie molto vaghe ed
imprecise; più ciarliero è il tombarolo che dichiara di
aver trovato i reperti, tal Casasanta, il quale scavando
in un sito, finora imprecisato, in vicinanza di
Anguillara avrebbe rinvenuto, fra l'altro, i numerosi
elementi in avorio; questi sarebbero finiti prima in
Svizzera, poi in Germania ed infine in Inghilterra sempre
braccati dai Carabinieri messi sulle loro tracce,
nell'ultima nazione, con l'intervento delle locali
autorità, sono stati confiscati e restituiti allo Stato
italiano. In attesa di conoscere, se mai sarà possibile,
la completa vicenda della "maschera" studiosi e
restauratori sono alle prese con molti problemi. Oggetti
antichi d'avorio esistono in vari musei ma si tratta
sempre di piccoli reperti o dittici tardo antichi,
elementi delle dimensioni dei nostri sono rarissimi, è
stato sinora accertato che trattasi di avorio proveniente
da animale vivente e che i restauri saranno lunghi e
difficili per la fragilità del materiale e per la
mancanza di esperienza in questo particolare settore del
restauro. Cosa rappresentino i frammenti d'avorio è un
altro mistero su cui gli studiosi stanno iniziando a
discutere; date le diverse dimensioni dei vari pezzi pare
accertato che provengano da più statue: Il Casasanta
addirittura dichiara che sono elementi della statua, un
tempo d'avorio e d'oro, dell'Atena del Partenone di
Fidia, pervenuta chissà come e chissà quando, in una
villa imperiale vicino ad Anguillara, gli archeologi
prospettano l'ipotesi di una statua di Apollo, alta
almeno due metri, più un'altra di dimensioni minori,
potrebbero anche essere statue già rotte, accantonate in
età tardo antica o alto medioevale per una
rilavorazione; in ogni caso al Ministero hanno assicurato
che si tenterà di identificare il sito dove i reperti
vennero trovati per effettuare campagne di scavo atte a
chiarire il mistero della"maschera". Pur
apprezzando, anche in questo caso, l'acquisizione di
pezzi archeologici così importanti, non si può non
dispiacersi per il fatto che casi fortuiti o scavi
clandestini non permettano di identificare il contesto
dei ritrovamenti chiarendone per quanto possibile origine
e storia: L'attuale archeologia cerca di conoscere la
storia delle antiche civiltà ricostruendole per quanto
possibile attraverso i reperti di scavo e valutandoli
tutti nel loro insieme; fino al tardo ottocento si andava
invece alla ricerca del bell'oggetto sottraendolo al suo
contesto che spesso veniva addirittura distrutto in
quanto ritenuto inutile o fastidioso. Abbiamo così i
musei di antica costituzione pieni di reperti
interessanti, spesso parzialmente ricostruiti, di
piacevole aspetto ma desolatamente muti; ecco anche la
ragione dell'impegno di Forze dell'Ordine e
Sovrintendenze nel contrastare gli scavatori clandestini
non tanto per difendere i singoli oggetti quanto per
tutelare gli interi siti facendoli poi parlare con uno
scavo scientifico effettuato da personale qualificato con
l'ausilio dei migliori mezzi tecnici.
Roberto
Filippi
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