DAL
GHETTO ALLA CITTÀ
Il quartiere ebraico e le sue attività'
commerciali
Dal 13 marzo al 2 aprile 2003
Roma
Complesso del Vittoriano
Orario:
Tutti i giorni
dalle 9,30 alle 19,30
Ingresso gratuito
Informazioni:
Tel. 06/6780664
Catalogo:
Edizioni Oltre il 2000
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FUORI DAI
LUOGHI COMUNI
L'Antico Ghetto non esiste più. Quello che ora così
viene chiamato è in realtà una aggiunta all'antico
autorizzata nel 1824 da Papa Leone XII° per allentare la
pressione demografica della comunità ebraica e
comprendente via della Reginella e via Sant'Ambrogio.
L'antico Ghetto, pittoresco e malsano, fu demolito nel
1885 in una frenesia in cui si mescolarono preoccupazioni
sanitarie ed edilizie con una sorta di desiderio di
distruggere il simbolo di tanti secoli di umiliazioni e
persecuzioni; sotto il piccone sparirono antiche
altissime costruzioni, densamente abitate, percorse da
anguste stradette dai nomi pittoreschi: via Fiumara,
Piazza Tre Cannelle, via Rua, arco delle Azzimelle, via
Capocciuto, le antiche "Cinque Scole" dei vari
riti, un mondo immobile per secoli scomparve nel giro di
pochissimi anni. Ma ne resta un nostalgico ricordo
attraverso quadri, stampe, fotografie, con i quali al
Vittoriano, auspici la Provincia di Roma e la Comunità
Ebraica, è stata organizzata una mostra dal titolo
"Dal Ghetto alla Città.
Il quartiere ebraico e le sue attività
commerciali". La storia del Ghetto comincia molto
prima della sua costituzione, nel II° secolo a.C. quando
i primi Ebrei, in parte profughi dalla loro terra allora
in lotta con i Seleucidi di Siria, si stabilirono a Roma,
soprattutto in Trastevere costituendo nuclei di artigiani
e piccoli commercianti: Vissero abbastanza
tranquillamente durante tutto il periodo imperiale e le
loro prime serie difficoltà iniziarono con l'istaurarsi
del Cristianesimo come religione ufficiale.
La loro condizione fu diversa a seconda dei tempi e dei
vari pontefici e tollerabile sia pure a prezzo di
umiliazioni e vessazioni finché, durante la
Controriforma, Papa Paolo IV° Carafa con la bolla
"Cum nimis absurdum" del 12 luglio 1555 ordinò
il concentramento di tutti gli Ebrei residenti in città
in un piccolo settore del Rione Sant'Angelo, già allora
fittamente abitato dagli israeliti; una zona compresa tra
le attuali vie Portico d'Ottavia, Sant'Angelo in
Pescheria, Monte dei Cenci, appena tre ettari densamente
abitati in cui gli Ebrei erano rinchiusi da un muro, con
varchi presidiati, da dove non potevano uscire dal
tramonto all'alba. Dovevano indossare un indumento
caratteristico chiamato "sciamanno" ed erano
loro interdette moltissime attività ad eccezione del
commercio degli stracci e degli oggetti usati; spinti dal
bisogno con una popolazione variante, a seconda dei
periodi e di carestie e pestilenze, da tremila a
cinquemila persone, si dettero con impegno all'esercizio
delle attività permesse divenendo sarti, ricamatori,
mobilieri, addirittura fornitori della Corte Pontificia e
di famiglie nobili. Il loro lavoro si svolgeva all'aperto
in un brulichio di persone che colpiva la fantasia dei
viaggiatori stranieri che parlavano del febbrile
movimento del Ghetto, dell'operosità degli abitanti,
dell'incredibile sporcizia delle strade. Tra alti e bassi
si arrivò al 1797 quando con l'arrivo dei Francesi i
cancelli furono aperti; lo furono di nuovo,
provvisoriamente nel 1848 e definitivamente nel 1870. Il
Ghetto non era più una specie di prigione ma un normale
quartiere della città ma poi avvenne la distruzione
fisica quasi a cancellare dolorosi ricordi. Nacque un
complesso di quattro blocchi edilizi con un grosso
palazzo di cooperativa, una scuola, un villino liberty
con pitture e ferri battuti, una Sinagoga definita in
stile "assiro-babilonese".
La mostra illustra la vita del Ghetto dall'inizio
dell'ottocento attraverso una serie di fotografie che
mostrano scorci di vie ed esercizi commerciali che
iniziavano ad affermarsi e poi una serie di acquarelli
del Roesler Franz che in maniera nostalgica esibisce
aspetti dei luoghi e della vita degli abitanti. Seguono
parecchie immagini delle attività commerciali nate al
Ghetto e in parte da lì trasferitesi in altri quartieri.
Sono esposti alcuni oggetti liturgici tra i tanti del
Museo Ebraico, situato a fianco della Sinagoga, che
contiene interessanti manufatti quali tessuti ed
oreficerie che sono veri capolavori di abilità
artigiana.
In occasione della mostra è stato presentato un volume
dallo stesso titolo che non è il solito catalogo legato
a quanto esposto ma un'opera a carattere durevole con
capitoli che trattano della storia del Ghetto, delle
attività commerciali, di feste, riti e tradizioni per
finire con la cucina ebraico-romanesca. Un interessante
viaggio nella vita di una comunità così intimamente
legata alla storia di Roma.
Roberto
Filippi
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