GLI
ARTISTI DEL FARAONE
Deir El Medina e le Valli dei Re e delle Regine
Dal 14 febbraio al 18 maggio 2003
Torino
Palazzo Bricherasio e Museo Egizio
Palazzo Bricherasio
Orario:
lunedì
dalle 14.00 alle 20.00
martedì e mercoledì
dalle 9.00 alle 20.00
da giovedì a domenica
dalle 9.00 alle 23.00
Museo Egizio
Orario:
da martedì a domenica
dalle 8.30 alle 19.30
Lunedì chiuso
Informazioni:
Tel. 011/5617776
Tel. 011/5711811
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L'ARTE
DEL QUOTIDIANO
Tutti conoscono la pittura degli antichi egizi, le strane
figure dalle forme stilizzate, di profilo nel viso e
nelle gambe, di fronte nel torso, i colori sgargianti,
l'aspetto ieratico delle divinità, le lunghe scritte
geroglifiche. Le grandi tombe reali sono ricoperte di
dipinti come quella celebre di Nefertari, moglie del
Faraone Ramesse II, ma anche le sepolture di persone più
modeste esibiscono un notevole campionario di affreschi.
Questa mostra, dopo essere stata a Parigi e a Bruxelles,
ora è a Torino, coinvolgendo in uno straordinario
percorso in due prestigiose sedi per un esposizione di
circa 300 pezzi suddivisi in quattro sezioni a carattere
tematico.
Si parte dalla località dall'esotico nome di Deir El
Medina, che in arabo significa "Convento della
Città" dai ruderi di un edificio sacro di epoca
cristiana copta, che si trova sulla riva occidentale del
Nilo, di fronte alla città di Tebe, in una zona vicina
alle grandi necropoli, dell'epoca del Nuovo Regno, note
come Valle dei Re e Valle delle Regine. Per le loro
credenze religiose gli Egizi davano una grandissima
importanza alla vita ultraterrena che assumeva aspetti
simili alla vita terrena, ecco perché le tombe dovevano
avere l'aspetto di una casa di lusso, con arredamento,
mobili, oggetti, immagini di servitori, che potessero
assicurare al defunto nell'aldilà lo stesso tenore di
vita precedentemente tenuto.
Pertanto cura del Faraone, appena divenuto tale, era di
cominciare a prepararsi una tomba degna di lui ed i
lavori erano affidati a squadre di lavoratori
specializzati; questi abitavano in un villaggio fondato
all'epoca di Thutmosi I, 1.500 circa a.C., nella
località poi chiamata Deir El Medina.
Si trattava di un grande recinto in muratura comprendente
parecchie case ognuna di alcuni vani per una superficie
media di 70 mq, che ospitavano i lavoratori e le loro
famiglie; mentre le donne si occupavano della vita
famigliare gli uomini, circa 60, lavoravano divisi in due
squadre, dette di destra e di sinistra, che operavano
simultaneamente ognuna su una metà della tomba. Si
lavorava per otto ore al giorno per otto giorni
consecutivi, dopodiché c'erano due giorni di riposo che
gli operati utilizzavano per la vita in famiglia, per
costruire le proprie tombe, per le numerose pratiche
religiose.
Iniziavano gli scavatori che aprivano i vari vani
sotterranei, poi venivano lisciate le pareti e i
disegnatori preparavano il programma iconografico, gli
scultori abbozzavano il contorno delle figure, i pittori
infine applicavano i colori dando alle tomba l'aspetto
che mantengono tutt'ora.
La comunità visse per quasi mezzo millennio sia pure tra
crescenti difficoltà, è testimoniato sotto Ramesse
III° una sorta di sciopero per mancata fornitura di
viveri e oggetti, all'epoca unica forma di pagamento dei
salari; l'ultima tomba della Valle è di Ramesse XI°,
intorno al 1050 a.C., dopodiché il villaggio fu
abbandonato al deserto con saltuarie tracce di
rioccupazioni in età tolemaica e copta.
Nei primi del '900 Ernesto Schiaparelli, direttore del
Museo Egizio di Torino, effettuò una serie di scavi che
portarono alla scoperta delle tombe dei lavoratori delle
necropoli rinvenendo quella intatta dell'architetto
Sennedjem, quella del pittore Maia, e quelle
dell'architetto Kha e della moglie Merit; altre scoperte
si sono avute successivamente a cura dell'Istituto
Francese di Archeologia Orientale.
La mostra ripercorre la vita dei lavoratori attraverso
quattro sezioni: "La vita quotidiana", "Il
lavoro", "Le credenze religiose", 'I riti
funerari'; si potrà entrare in una casa tipo del
villaggio, seguire lo svolgersi delle attività
attraverso strumenti e attrezzature lavorative, conoscere
i culti popolari degli antenati e delle divinità locali
con immagini del Faraone Amenofi I°, delle Dee
Mersenger, dalla testa di serpente, e Hathor; gli usi
funerari sono rappresentati da sarcofagi, da usciabti,
statuette di servitori per il servizio del defunto,
oggetti di culto, fino a giungere ad una cripta con una
ricostruzione a grandezza naturale della tomba di
Sennedjem.
Altri reperti, di maggiori dimensioni sono visibili al
Museo Egizio quali gli affreschi della tomba del pittore
Maia e di quella di Kha e di Merit con un ricco corredo
funerario di oggetti lussuosi e pregevoli segno dell'alto
livello sociale dell'architetto e del suo favore presso
il Faraone.
Un 'interessante viaggio nella vita dei lavoratori del
Nuovo Regno e nella loro attività di creatori delle
grandi necropoli, un aspetto della società egizia ben
lontano da quello aulico dei Faraoni che siamo abituati a
vedere nei musei.
Per i ragazzi è prevista una sezione didattica con
visite e incontri per far accostare i giovanissimi alla
vita dell'Antico Egitto.
La mostra è stata sponsorizzata dalla Compagnia di San
Paolo e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Torino.
Roberto
Filippi
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