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ANDARE OLTRE Dopo i 100 colpi di spazzola, Melissa P. si mette a nudo col nuovo romanzo, stavolta incentrato sui sentimenti. Il corpo frammentato si è ormai ricomposto nella fusione amorosa e le trasgressioni sessuali son solo un ricordo d’iniziazione di un’adolescente. Ormai il legame con Claudio – non più idealizzato - si è sfaldato e ora siamo a Roma, dove la scrittrice vive al Colle Oppio. La pienezza del sentimento viene vissuta con un bonario coetaneo, Thomas, di cui lei è realmente innamorata e con il quale convive. Ma gli equilibri son sempre instabili, soprattutto quelli condizionati dalle nostre emozioni: l’ansia da vuoto è ora sostituita dalla claustrofobia del rapporto esclusivo, intenso. In modo non lineare, quasi allucinato, in mezzo a frammentarie visioni alternate da descrizioni fisiche anche molto crude – la fisicità è parte di Melissa - nel nuovo romanzo si respira un senso di chiuso, di angoscia. Nella paradossale solitudine del legame esclusivo cresce la paura dell’abbandono; appaiono strani segni sul muro; aumenta l’ansia e il delirio amoroso degenera davanti ai primi indizi di tradimento. Una ragazza – Viola – colore dei paramenti funebri, s’insinua come fantasma nell’unione. E qui s’inserisce il mito della “pùddira”, la donna bellissima che di notte viene a rubarti i sogni, in questo caso sotto forma di libellula. Mito che esiste pare anche in Africa. Ma chi ti leva i sogni ti leva anche la vita. Assistiamo così allo svuotamento progressivo dell’anima di Melissa, all’espulsione della violenza interiore e alla rinascita, sino a quando cioè anche le Furie diventeranno Eumenidi. Processo doloroso: anche qui si giunge alla coscienza di sé attraverso la sofferenza, ma tutto passa per il corpo, un corpo trasparente (p.32), un corpo avido ma debole, attore di un drammatico trasferimento di materia dall’esterno verso l’interno o viceversa, capace di introiezione o di espulsione totale, fino all’esaurimento fisico. Farmaco è sia veleno che medicina. In questo, la capacità orfica di Melissa non si smentisce, ma ancora una volta il prezzo pagato per crescere è stato altissimo. E il finale è realmente aperto, senza idealizzazioni. L’adolescente che nei 100 colpi l’adolescente cercava di andare oltre il limite o cercava di capirne i confini, a distanza di due anni sperimenta la profondità del sentimento. E soprattutto, cerca di ricongiungersi con la madre. Come nei 100 colpi, trovo impressionante lo squilibrio fra la debole figura paterna e quella fortissima materna, con la quale Melissa vuole ricongiungersi: pochi sospettavano un legame tanto forte. Il libro infatti rievoca nitidi ricordi familiari, mentre Roma è vissuta in modo più sfuggente: il peso del Colosseo è compensato dalle mobili nuvole di arabeschi tracciati dagli storni, ora è semplicemente una città superficiale e piena di buche. Incombe piuttosto l’immaginario condizionato dal funereo barocco catanese, mentre la vita trabocca nelle struggenti e sofferte pagine indirizzate alla madre, molto forti nel rievocare o sognare un’intimità perduta. C’è molta oralità: Catania inghiotte, la pùddira ti succhia l’anima, la tenia ti affama e ti svuota, Melissa-pipistrello divora la libellula, mentre il seno materno è fonte di vita e persino il paziente Thomas sembra avere ogni tanto tratti femminili. Regressione che non impedisce all’autrice di andare oltre. L’adolescente dei 100 colpi è ormai quasi una donna, ma il processo di maturità lo vedremo a trilogia conclusa. Perché Melissa scriverà ancora. E vorrei che tutti leggessero questo libro per ciò che è: un’opera letteraria, senza preoccuparsi troppo di verificare l’aderenza fra la scrittrice e il suo personaggio. Letteratura è vivere tante vite e Melissa vuol viverle tutte. Ricordate i 100 colpi? “io so che stanotte qualcuno vivrà più di me”. Marco
Pasquali |