Il Palazzo
della Consulta e l’Architetto romano Ferdinando Fuga
di Francesco Nevola e Vanessa Palmer
con il contributo di esperti della Soprintendenza ed altri studiosi
Ugo Bozzi editore
500 pagine, 200 foto a colori, 120 b/n
200,00 euro
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Lo costruì il Fuga, ne hanno completato il restauro la Soprintendenza ai
Beni Architettonici e l’Impresa INTECO, lo ha illustrato l’editore Ugo
Bozzi. Parliamo del Palazzo della Consulta che si erge bianco e maestoso
nella piazza del Quirinale.
La sua storia parte da molto lontano: in epoca tardo-imperiale nel luogo
sorgevano le Terme Costantiniane da cui provengono molti capolavori
scultorei, i due Dioscuri della piazza, le statue di Costantino e del
figlio sulla balaustra del Campidoglio, il Costantino a cavallo
nell’atrio di San Giovanni in Laterano, le due divinità fluviali ora
addossate al palazzo capitolino, poi sulla zona calò il buio che si
riaprì a metà ‘400 quando il Quirinale divenne sede di ville di
proprietà di umanisti, letterati e poeti.
Tra loro c’era Pomponio Leto la cui modesta abitazione si trasformò nel
Palazzo Vercelli così chiamato dal nome di un cardinale che lo
possedette, decorato sulla facciata con affreschi di Polidoro da
Caravaggio. Quando i papi si trasferirono nel Palazzo del Quirinale il
Palazzo Vercelli passò alla Camera Apostolica che vi insediò il
Tribunale della Consulta, il Segretariato dei Brevi e due corpi militari
a cavallo della guardia pontificia, i Cavalleggeri e le Corazze.
L’edificio si rivelò poco adatto e poi fatiscente per cui nel 1730 papa
Clemente XIII Corsini decise di riedificarlo, utilizzando i proventi del
Lotto, dandone l’incarico a Ferdinando Fuga, uno dei più celebri
architetti del tempo. Costui utilizzò uno spazio trapezoidale con una
base estremamente ridotta e l’altra costituente la facciata e dovette
studiare la sistemazione di numerosi ed eterogenei occupanti; al piano
nobile gli appartamenti di rappresentanza dei due Cardinali preposti
alla Consulta e ai Brevi, ai piani superiori uffici e residenze dei
servitori, al pianterreno e primo piano Cavalleggeri e Corazze,
all’interrato una scuderia per 140 cavalli. Per evitare confusione e
mescolamento tra i vari occupanti il Fuga ideò uno scalone spettacolare,
quasi una attuale scala antincendio, adiacente alla facciata interna sul
cortile con una doppia rampa in modo da disimpegnare brillantemente gli
ingressi ai vari piani; anche i portoni d’accesso furono differenziati:
il centrale, sormontato dalle statue di Giustizia e Religione del
Benaglia, i laterali, per la truppa, con trofei militari opera del Della
Valle, sull’attico un grande fastigio con lo stemma papale attorniato da
due figure con trombe che rappresentano la Fama scolpite dal Benaglia.
L’interno era estremamente sobrio e solo le sale di rappresentanza
furono affrescate, all’epoca della costruzione dal Bicchierari e verso
la fine del secolo dal Nocchi, ambedue buoni pittori settecenteschi che
dipinsero pareti e soffitti secondo gli stilemi del tardo barocco e del
primo neo-classicismo.
L’edificio ebbe vita turbolenta, fu occupato dai Francesi in epoca
napoleonica, fu sede del Triumvirato durante la Repubblica Romana del
1849 e dopo il 1870 fu residenza di Umberto e Margherita, principi
ereditari, e fu in parte ridecorato per opera di Domenico Bruschi e
Cecrope Barrilli allora pittori notissimi in ambito accademico; è opera
loro anche la decorazione del Ministero delle Finanze a via XX
Settembre. Poi fu sede del Ministero degli Esteri e dal 1922 di quello
delle Colonie, nel 1955 fu assegnato alla neo costituita Corte
Costituzionale e restaurato ed adeguato alle nuove esigenze.
Nei primi anni ottanta del Novecento si manifestarono alcune lesioni
statiche ed iniziarono lenti lavori di restauro protrattisi per anni.
Solo recentemente grazie ai proventi del Lotto, come per la costruzione,
i lavori hanno avuto una accelerazione giungendo alla conclusione anche
grazie all’opera dell’INTECO che ha agito sia sulla parte muraria che su
quella artistica. Oltre ad aver sistemato la staticità dell’edificio si
è intervenuto anche sulla decorazione interna ed in alcuni casi si sono
rinvenuti brani di decorazioni obliterate; in particolare in una
saletta, ora detta “dei Tempietti” sotto sette strati di vernice si è
ritrovata una serie di affreschi del Nocchi costituita da grottesche su
un bellissimo fondo giallo, l’opera era conosciuta dalle fonti ma del
tutto nascosta alla vista. Nella Sala delle Udienze della Corte,
rimuovendo le stoffe di parato sono riemersi affreschi ottocenteschi
monocromi con partizioni architettoniche e zoccolature a finto marmo, in
alcune porte sotto moderne vernici è apparsa l’originale decorazione a
grottesche del Nocchi ed in tre luoghi sono stati trovati schizzi e
disegni di varie epoche. Nell’ultima fase del restauro, dal 2000,
eseguita dall’INTECO, finanziata dal Lotto, e nel caso della stanza “dei
Tempietti” dalla stessa Corte i lavori sono stati fortemente voluti da
Cesare Ruperto allora Presidente e seguiti dagli architetti Paola Degni,
Paola David e Stefano Giacomini della Soprintendenza. Il restauro è
proseguito in parallelo e con l’ispirazione e la guida di un’altra opera
che ha visto la sinergia tra Corte, Soprintendenza e Impresa e si è
giovata dell’esperienza della Ugo Bozzi Editore S.r.l.; il risultato è
stato uno splendido volume scritto dagli storici d’arte Francesco Nevola
e Vanessa Palmer con il contributo di esperti della Soprintendenza ed
altri studiosi.
Il volume si articola in tre parti: Architettura basata soprattutto
sull’esame dell’opera del Fuga, Pittura che visita l’attività degli
artisti che si sono alternati nel Palazzo, Restauro vero e proprio con
una serie di schede tecniche che coprono tutti gli ambienti
dell’edificio compresa la Biblioteca recentemente riallestita ed
informatizzata; una serie di apparati e di indici arricchisce l’opera
facendone un testo di alto valore scientifico ma anche di piacevole
lettura. Il volume non ha seguito il restauro ma lo ha accompagnato e in
qualche caso preceduto e le ricerche storiche ed archivistiche sono
state di suggerimento ed incitamento per i restauratori, un metodo di
lavoro che potrebbe essere di scuola per futuri restauri.
Roberto Filippi
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