ex-@rt magazine 
oltre l'arte n. 5
maggio - luglio 2002

Beni Culturali - Libri d'Arte
bordline contemporanea beni culturali




Villino Folchi
via Marche 3
Roma

a cura di
Roberto Di Paola

Edizioni Edindustria

 

UN ESEMPIO DI ECLETTISMO

Roma è famosa per i suoi monumenti: grandi ruderi romani, fastose chiese barocche, palazzi principeschi di varie epoche e in campo più moderno i complessi del Vittoriano, di Palazzo di Giustizia, della Cassa Depositi e Prestiti a piazza Dante, ed in ultimo le grandi realizzazioni del Ventennio: il Foro Italico, la Sapienza, l’EUR. Si tratta generalmente di importanti edifici mentre ben poca attenzione si è prestata all’edilizia minore, soprattutto dopo l’Unità d’Italia; ci sono ad esempio gli interventi di edilizia pubblica a Testaccio, a San Saba, a San Lorenzo, alla Garbatella, e, nel campo dell’edilizia di lusso, un certo numero di villini concentrati per lo più nelle lottizzazioni nate dalla distruzione della celebratissima Villa Ludovisi. Alle spalle di via Veneto sorgono parecchi eleganti villini costruiti tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 ad opera di architetti all’epoca molto noti. In via Abruzzi 2 c’è il Villino Basile, in via Piemonte 27 la sede dell’ambasciata d’Indonesia, a via Romagna un bel villino sede della Cassa di Risparmio di Macerata, a via Piemonte 127 una palazzina liberty, e poi i villini Di Rudinì e Boncompagni, quest’ultimo divenuto museo e aperto al pubblico e il villino Folchi in via Marche. Sono edifici eleganti e lussuosi che formano un gradevole tessuto urbano purtroppo qua e la interrotto da costruzioni più moderne degli anni ’60 e ’70 del novecento. Molti villini sono sedi di rappresentanza di grandi aziende, di ambasciate, di istituti bancari non romani che generalmente, pur avendoli adattati ai loro scopi, li mantengono in maniera eccellente. In via Marche 3 c’è il villino Folchi, opera dell’architetto G.B. Giovenale (1849-1934), è una struttura costituita da due corpi di fabbrica uniti da un basso edificio che racchiudono una corte sistemata a giardino. I due palazzotti, simili ma non eguali, hanno un avancorpo munito di grandi serliane ed una decorazione baroccheggiante con ovuli contenenti busti romani in stile, come nei palazzi del ‘600, un alto muro separa la corte dalla strada facendone un’oasi di pace; nel giardino una fontana e un’altissima palma. Il Gruppo Tosinvest, che ha sede nell’edificio, attraverso i proprietari Angelucci, ha curato un eccellente restauro dell’immobile e ha predisposto un volume sull’argomento coordinato dal Soprintendente ai Beni Artistici e Architettonici di Roma, arch. Di Paola, coadiuvato da Paolo Portoghesi, Franco Astolfi, Maria Richiello, Claudia Viggiani, Giovanna Paciucci, Olivia Muratore. I vari autori hanno svolto un ottimo lavoro esaminando l’edificio, il suo stile, la figura e le opere dell’architetto costruttore, lo stato dei luoghi prima, durante e dopo la costruzione, il periodo storico politico, il restauro. Il tutto con grande serietà scientifica unita ad un linguaggio piano e avvincente che desta grande interesse nel comune lettore sovente spaventato da testi troppo tecnici e difficili.

Roberto Filippi