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Premio Campiello 2017
Venezia
Gran Teatro La Fenice
9 settembre 2017
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Campiello 55: Il Gran Galà della
Letteratura
Il nove settembre del 2017 si è svolta, nello
splendido Gran Teatro La Fenice di Venezia, la cerimonia finale della
55° edizione del Premio Campiello, dove gli abili conduttori Natasha
Stefanenko ed Enrico Bertolino hanno animato e reso ancor piacevole la
cerimonia.
Istituito dagli Industriali del Veneto nel 1962, il Campiello unisce la
partecipazione di una giuria ‘popolare’ con il legame veneziano. Una
duplice giuria assicura trasparenza e autonomia da parte dei giurati: la
Giuria dei Letterati, formata da personalità del mondo culturale
italiano, seleziona i cinque finalisti e alla Giuria dei Trecento
Lettori spetta il compito di decretare il vincitore assoluto dopo aver
avuto il compito di segnalare romanzi di narrativa.
Durante la serata, oltre al Premio Campiello principale, c’è stata la
premiazione della 22° edizione del Campiello giovani che è andato ad
Andrea Zancanaro di anni 21, con il racconto ‘Ognuno ha il suo mostro’.
Inoltre già dal 2004 è stato istituito il Premio Campiello Opera Prima
che viene assegnato ad un autore al suo esordio letterario. Per il 2017
il premio è andato a Francesca Manfredi con la raccolta di racconti ‘Un
buono posto dove stare (La nave di Teseo).
Ed ora la cerimonia vera e propria concentrata sull’assegnazione del
Premio. I cinque finalisti in ordine alfabetico sono: Mauro Covacich,
nato a Trieste nel 1965, si è presentato con ‘La città interiore (La
nave di Teseo)’, una specie di cartografia del cuore di uno scrittore
profondamente triestino; Donatella Di Pietrantonio, vive a Penne in
Abruzzo, con ‘L’arminutà ovvero la ritornata. L’accettazione di un
doppio abbandono possibile solo tornando alla fonte, a se stessi;
Stefano Massini (1975) che con il suo ‘Qualcosa sui Lehman’ ha impostato
una incredibile storia sul ruolo di un immigrato ebreo tedesco, in un
porto americano, che respira l’entusiasmo dello sbarco; Laura Pugno nata
a Roma, con ‘La ragazza selvaggia’ crea una situazione dove tutto è uno
spalancarsi di porte sul buio: sul buio del bosco, su quello del dramma
della famiglia Held, sul buio di una madre alienata e su un padre
generoso ed entusiasta, sul buio della protagonista Tessa e tutto è un
interrogarsi sui confini della ‘natura’, sull’umano, l’animale e sul
senso di legami familiari; Alessandra Sarchi è di Reggio Emilia (1971),
racconta con ‘La notte ha la mia voce’ il dramma di una giovane donna
che, in seguito a un incidente, ha perso l’uso delle gambe, sentendosi
in esilio dal territorio dei sani. Un confine che varia tra la condanna
e la grazia.
La Di Pietrantonio, risultata vincitrice, ha toccato le corde più
profonde, originarie fin dalla prima pagina. E’ la storia di una
ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto: la casa confortevole,
le amiche più care, l’affetto dei genitori o meglio di coloro che
credeva fossero i suoi genitori.
Alla fine della cerimonia c’è stato il Premio Fondazione Il Campiello,
che è presente fin dal 2010; quest’anno è andato a Rosetta Loy (1931)
nata a Roma.
Per chi ha avuto, come il sottoscritto, la fortuna di assistere a questa
erudita manifestazione, si ha l’imbarazzo della scelta per definire
quale momento può essere stato meglio dell’altro. Una perfetta regia e
una altrettanto perfetta organizzazione, ha fatto godere tutti per circa
tre ore di spettacolo all’interno di quella ampolla d’oro che è il
Teatro La Fenice.
Felice lettura.
Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre
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