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Libri




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Le otto montagne
di Paolo Cognetti

Editore: Einaudi, 2016, p.180
EAN:9788806226725

Prezzo: € 18,50

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2017: Uno Strega molto mondano

È passato del tempo da quando nel febbraio del 1947 Maria Bellonci insieme a Guido Alberti annunciarono l’istituzione del Premio Strega.
Una necessità questa, nata da quei famosi Amici della domenica che si riunivano per l’appunto nel giorno festivo per parlare, produrre e condividere idee. Tre anni prima, questi amici, si riunirono per divagarsi dalla disperazione di un conflitto da poco concluso in una Roma stonata e da poco liberata. Si incontrarono così, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di tutti i partiti.

Quest’anno, come da tradizione, il 6 luglio il Premio Strega ha avuto la logistica dello splendido ninfeo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Quest’anno, come da tradizione, si è ripetuta la kermesse mondana, fin troppo mondana.

Spinto dalla curiosità, elemento importante per tutti noi del vivere quotidiano, ho voluto vedere di cosa si trattasse il ‘prima’ del voto finale. Le persone dal palato sopraffino, non mi prendano come uno snob, meglio ancora preferirei essere definito un non addetto ai lavori. Ai lavori? Quali lavori, eh si perché c’è da dire che da neofita, dell’importante manifestazione, mi sarei aspettato un ambiente e anche interventi qualitativamente più consoni a una serata del genere.

Mi spiego: quello che mi sarei aspettato e che non avendolo trovato, mi auguro nel futuro che venga attuato, era conoscere meglio gli autori della cinquina (viene definita così l’ultima parte del Premio che per l’appunto deve decidere il vincitore su cinque libri).
È vero, il grande pubblico era formato da quegli amici della domenica che sicuramente avevano letto i libri in concorso, sicuramente ne avevano discusso tra loro, sicuramente avevano elargito commenti di varia natura. Tutto giusto.

Si dà il caso che la serata essendo pubblica era aperta a giornalisti e curiosi, ma anche a chi appassionato di letteratura si sarebbe aspettato qualcosa di più.
E poi c’era la televisione, anche se solo nella parte finale, quella della votazione per intenderci. Nel pubblico ho potuto notare Claudio Strinati, Philippe Daverio e il gentile Marino Sinibaldi. Certamente Daverio ha fatto il suo intervento, ma ho percepito un qualcosa che mancasse. Forse le mie sono solo delle banalità di persona non facente parte degli amici della domenica.

Quello che auspico nel futuro è che anche se si è alla serata finale, ci possa essere la possibilità di conoscere meglio gli autori che concorrono per il premio. Stimolante sarebbe stato che ogni autore parlasse non solo del suo libro ma anche della sua formazione di scrittore. Stimolante sarebbero state piccole condivisioni a tre, quattro, cinque persone che nel ninfeo si scambiavano le loro opinioni.

Riportare quindi, questi pensieri sul palco prima della votazione e vedere se andavano a conciliare con la decisione finale. D’altronde come afferma Marino Sinibaldi sui festival di letteratura, anche se questo non è un festival ma un premio, servono anche a ridurre le distanze che ci sono tra l’autore e il pubblico su specifiche scelte.

Per il resto la serata, essendo mondana, è stata piacevolissima con una perfetta organizzazione. A mio avviso è mancato un dibattito propedeutico alla votazione finale
Anche se questa è stata fatta con cinquecentotrentadue schede su seicentosessanta aventi diritto.

La settantunesima edizione del premio Strega è stata vinta dal trentanovenne Paolo Cognetti con il romanzo ‘Le otto montagne’ dove si parla di come la montagna abbai uniti i genitori di Pietro, un ragazzino di città. Si parla del Monte Rosa e di come Pietro trascorrerà tutte le estati in questo posto incantato. In quelle estati Pietro incontra un suo coetaneo Bruno che pascola delle mucche. Viene poi descritto il rapporto di Pietro con il padre con le considerazioni che la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare.

Dopo Cognetti, a seguire Teresa Ciabatti con ‘La più amata’, una storia che parte dall’infanzia di una ragazzina fino all’età adulta. Wanda Marasco è arrivata terza con ‘La compagnia delle anime finte’, una messinscena corale di varie storie di anime finte, al quarto posto è Alberto Rollo con ‘Un’educazione milanese’, testo autobiografico degli anni cinquanta nei quartieri periferici. Famiglia comunista e cattolica con tutta la storia della città e di una generazione. Infine Matteo Nucci che con ‘È giusto obbedire alla notte’, si viene attratti dalla storia di un uomo ai margini di una Roma che si conosce. E sarà attraverso la sua storia che si verranno a conoscere le sue perdite, il suo coraggio, il suo terrore.

Un augurio per il futuro.

Paolo Cazzella
o della Joie de Vivre