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ETIC-HE-TTAN(D)O
I nostri politici sono di difficile
lettura, se non si vuol essere maliziosi, al pari dei semafori storti di
piazza Sonnino (Roma – Trastevere), con il loro funzionamento strabico.
Dei semafori che invitano ad attraversare le persone che dovrebbero
stare fermi e fermi chi potrebbe attraversare senza pericolo. Dei
segnali visti da persone collocate in luoghi inopportuni.
Così non tutti possono godere dell'attenzione mediatica fornita ai
Grillo o ai Berlusconi, come ai Veltroni e ai Mastella, ma ognuno,
riflettendo, può scoprire che tra i tre punti dell'eleggibilità incisa
sulla pietra del “V-Day”, quello dedicato ai politici con una fedina
penale immacolata è il più importante, mentre quello del non svolgere un
“doppio lavoro” è stato dimenticato.
Scegliere lo stesso candidato per non più di due legislature è un punto
su cui riflettere, ma non c'è nulla su cui riflettere nel voler
scegliere il proprio rappresentante e richiedergli una dedizione alla
res pubblica e godere di un periodo sabbatico dai suoi personali
interessi.
Come può un'onorevole o un senatore ascoltare le istanze dei suoi
elettori se continua ad insegnare all'università, italiana o straniera
poco importa, a seguire come avvocato i vari processi dei suoi
assistiti, continuare a scrivere sui giornali, procacciare contratti
alla sua azienda, intraprendere tour teatrali o realizzare film.
Poi troviamo deputati e senatori che sono sindaci, segretari di partito,
presidenti di commissioni e, magari, ministri. Un cumulo di cariche che
si aggiunge al “doppio lavoro”. Sembrano i mille consigli
d’amministrazione formati sempre da i soliti noti, anche non retribuiti.
Professione: consigliere d’amministrazione.
Così l'essere eletto è un'occasione per fare business e non un servizio
all'elettorato.
Ma c’è anche chi fa politica per fare politica, senza servire la
politica, ma solo il suo bisogno di essere al centro. Queste persone non
hanno progetti, ma solo l’ambizione di poter farsi chiamare onorevoli.
Tra chi fa della propria elezione un business e quelli che si
pavoneggiano troviamo anche i politici e i non politici che perseguono
un progetto per una società migliore. Saranno sempre appartenenti alla
“casta”, ma cercheranno di accogliere le istanze degli elettori,
mediandole con le necessità dello stato con la esse minuscola, quello
stato che è al servizio del cittadino che può essere un padre e non un
patrigno. È quella che è, questa classe politica, ma bisogna darle atto
del suo impegno nel combattere la disoccupazione, “arruolando”, perlopiù
per comodità, numerosi consulenti esterni. Il curioso lo si trova nella
scelta di gratificare i meno conosciuti con un riconoscimento
pecuniario, mentre i preziosi servigi di personalità di risonanza
internazionale possono venire offerti gratuitamente.
Un libro di grande successo come quello di Antonio G. Stella e Sergio
Rizzo, “La Casta”, elenca privilegi dei politici, mentre Cesare Salvi e
Massimo Villone, con il loro “Il costo della democrazia, entrano nel
merito degli sprechi e delle clientele.
Ma ci sono tante “caste” e non bisogna dimenticare tutti i quotidiani e
periodici editi da cooperative di giornalisti o da società la cui
maggioranza del capitale sociale sia detenuta da cooperative che
usufruiscono del finanziamento pubblico all'editoria pari a circa 667
milioni di euro (www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/contributi_editoria_2006
- www.petizione.info - www.costozero.org/wai/a11.html). A riguardo è
illuminante il recente libro “La casta dei giornali” di Lopez Beppe,
edito da Stampa Alternativa, che spiega come l'editoria è stata
sovvenzionata e assimilata alla casta dei politici. In questa
elargizione rientrano i giornali considerati organi di movimenti
politici, ma anche imprese radiofoniche e magazine online. Ai contributi
attingono anche giornali che, non uscendo in edicola, vengono
distribuiti per corrispondenza.
Possiamo, se la liberalizzazione è il credo dell’attuale società,
applicarla anche, e non solo per schiacciare i più deboli, alla libera
concorrenza degli organi d’informazione, senza per questo mettere in
crisi la libertà d’opinione. L’utilizzo del denaro risparmiato può
essere investito per abbassare i costi d’Internet, quello italiano è tra
i più alti, nell’incrementare la diffusione e facilitare l’accesso.
Anche il finanziare le attività senza scopo di lucro, quella degli
organi d’informazione che non hanno pubblicità e che offrono il servizio
gratuitamente, potrebbe essere un’apprezzabile scelta.
Anna Politkovskaja affermò che un giornalista che ha una tessera di
partito non è un giornalista, ma un portavoce.
Gianleonardo Latini
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